L’intelligenza artificiale è un argomento principe della fantascienza. In realtà è diventato, con lo sviluppo dei computer e l’avvento della robotizzazione industriale, la frontiera più avanzata della scienza stessa. Non so se lo sapete, ma il più forte giocatore di scacchi sulla terra è un programma software, e quanto ai robot, è recente l’annuncio, da parte di una multinazionale inglese, che produrrà un robocuoco capace di imparare a eseguire le ricette più complesse.
Il problema di riuscire a realizzare macchine che abbiano le stesse caratteristiche della mente umana ha, a voler essere precisi, un’origine non propriamente tecnologica. Il primo essere artificiale dotato di intelligenza è un personaggio letterario dei primi dell’800, Frankestein. In realtà la famosa creatura fatta di pezzi di cadaveri e portata alla vita da una potente scossa elettrica non aveva nome, ma la sua popolarità ha finito per oscurare lo scienziato creatore sino a rubargli il nome. La vicenda di Frankestein racchiude in se stessa, in maniera straordinariamente emblematica, il problema alla base dell’intelligenza artificiale: la competizione tra uomo sintetico e uomo biologico, portati a configgere proprio perché alla fin fine uguali. Non a caso Isaac Asimov lo ha affrontato alla radice con le sue famose leggi della robotica.
Il bel film di Garland, elegante ma misurato negli effetti speciali, ha il suo fascino nell’angolatura con cui ripropone il dilemma, fondendo thriller tecnologico e psicologico all’interno della classica situazione claustrofobica con pochi personaggi isolati dal mondo.
Tutto parte dal “test di Touring”, assurto a notorietà per il film “The imitation game”, dedicato al grande matematico inglese da cui prende il nome. Secondo questo test si ha vera intelligenza artificiale, ovvero identica a quella umana, quando un uomo, chiamato a esprimersi, non è in grado di distinguere se la macchina esaminata sia umana o meno.
Nel film si racconta la storia di un “test di Touring” organizzato nella propria supertecnologica residenza di montagna da un genio della cibernetica, fondatore di una ricchissima multinazionale. Costui fa estrarre a sorte tra i propri dipendenti il vincitore di una vacanza premio nella fantastica villa, col compito di relazionarsi con una donna robot per stabilire se sia fornita, o meno, di vera intelligenza. È facile prevedere che il “triangolo”, a cui si aggiunge una donna, domestica e amante del padrone di casa, genererà dinamiche interpersonali tese e complicate, con svariati colpi a sorpresa.
Consigliamo la visione del film quale esempio di cinema che, con mezzi relativamente scarsi, reggendosi quasi esclusivamente su un’ottima sceneggiatura (Garland fino ad oggi, non a caso, si è distinto solo come romanziere) riesce a soddisfare le aspettative dell’appassionato di fantascienza senza ricorrere a scenari grandiosi e immagini sbalorditive.
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