Parla poco, lavora tanto e non rilascia interviste il direttore sportivo, bresciano di Orzinuovi come Cesare Prandelli fu Claudio (per lui niente panchina dell’Atalanta: il mister ha infatti preferito la Lazio, ndr) Andrea Berta, addetto ai lavori, o meglio, calciofilo capace, per la cronaca uno dei migliori direttori sportivi italiani sulla piazza, che sabato sera, col suo Atletico Madrid, vale a dire il club per il quale lavora, in quel di San Siro a Milano, proprio come due anni fa, rigiocherà la finale di Champions League oppostoai cugini del Real.
Sì è veramente bravo il giovane, ex bancario Berta, appassionato, preparato, inserito: conosce bene la geografia calcistica internazionale ed è vicino alla Galassia (che il football è rappresentato secondo costellazioni) calciofila di George Mendes (procuratore di Mourinho), professionista capacissimo e, soprattutto, corteggiato da tante società. Non è infatti un mistero che team del calibro di Manchester United (Mourinho lo vorrebbe), Roma, Milan, Inter e lo stesso Real Madrid, Andrea Berta lo assumerebbero a occhi chiusi.
Ma almeno fino alla fine del 2017, Berta non mollerà l’Atletico rimanendo così a vivere con la famiglia nella ridente località di Majadahonda dove, tutto casa e lavoro, si trova da re mangiando,talvolta per rilassarsi, tra un impegno e l’altro,concedendosi il piacere di mangiare gustoso pesce fresco. A proposito, da quando, agli inizi del Duemila, l’addetto ai lavori orceano, opera nel calcio, il suo motto è essenzialmente quello di inseguire e “acciuffare”, per le sue squadre, non il calciatore più forte, ma quello giusto. E seguendo tale manifesto ideologico, in tutti questi anni, Andrea Berta, qualche colpetto l’ha piazzato.
I nomi dei talenti colti dal suo straordinario fiuto? Eccoli: Griezmann (sarà lui l’uomo simbolo della Francia ai prossimi, imminenti campionati Europei?), Jiminez, Correa, Oblak e altri tanti ancora. Così, aspettando l’esito della finalissima di sabato tra Real e Atletico, ecco, in un certo senso, Berta (un’aziendalista del suo calibro alla Juventus farebbe faville), sicuramente già sul pezzo per tesserare l’ennesima scoperta internazionale futura, la sua Champions League l’ha, meritatamente, comunque già vinta.
Stefano Mauri