Pavel Durov, il fondatore di Telegram, com’è noto, è stato arrestato in Francia. Ora è fuori su cauzione. Ma lo accusano di traffico di droga, terrorismo, riciclaggio, pedopornografia e una lunga sfilza di ulteriori reati. Non certo perchè li abbia commessi lui, ma perchè alcuni utenti hanno usato Telegram per compierli. Una cosa demenziale: come se l’amministratore di Tim fosse ritenuto responsabile delle telefonate tra mafiosi o quello di Trenitalia finisse in carcere per una cessione di droga avvenuta in treno.
Si tratta, evidentemente, di una scusa per mettere definitivamente fuori gioco il social network russo. Se avessero davvero voluto punire Telegram, i francesi avrebbero infatti potuto semplicemente oscurarlo, come fece la Spagna a marzo. O come tentò la Russia nel 2018, prima di incappare nell’ira dei manifestanti. Perchè già quattro anni prima, quando Durov era alla guida del social VK, l’uomo si rifiutò di consegnare alle autorità le identità dei dimostranti anti Putin e di bloccare la pagina di Alexei Navalny. Eppure manco Putin, che pure non inneggia a «Liberté, Égalité, Fraternité» come invece fanno i neocolonialisti francesi, lo arrestò.
A Parigi, terra contraddittoria di politically correct e banlieue, cancel culture e sfruttamento dei Paesi africani, sono invece scattate le manette, in nome di una giustizia che si fanno a proprio uso e consumo. Ma tutti sanno che quella in corso è una farsa. Lo sanno i giornali, che adesso scrivono che su Telegram chattano solo i nazisti, i razzisti e gli antisemiti. Ma che sono quegli stessi giornali, francesi e pure italiani, che su Telegram hanno la loro pagina ufficiale. Tutti, nessuno escluso.
Lo sanno le autorità, perchè non è vero che chi commette crimini su Telegram sfugga alle forze dell’ordine: non solo le operazioni di polizia lì sopra, come su altri social, riempiono le cronache. Ma lo stesso Durov bloccò nel tempo 78 profili dell’Isis.
In tempi recentissimi, Telegram ha costituito l’unico spazio di libertà per chi legittimamente criticava le politiche sanitarie anticovid mentre tutti gli altri social siglavano accordi di censura con i governi. Telegram è stata l’unica voce a farci vedere anche la parte russa e non solo quella ucraina di un conflitto in cui i giornalisti non allineati (anche italiani) venivano rispediti al confine da Kiev, mentre gli yes-men spergiuravano che l’economia di Mosca sarebbe crollata in 3 settimane. E Telegram è tuttora l’unico megafono dei dissidenti e delle opposizioni nei regimi totalitari.
Purtroppo, peraltro, in Europa si è invece adattato ai dettami censori del Dsa, come recita il comunicato aziendale: «Telegram rispetta le leggi dell’UE, compreso il Digital Services Act, e la sua moderazione è conforme agli standard del settore e in costante miglioramento. L’amministratore delegato di Telegram, Pavel Durov, non ha nulla da nascondere e viaggia spesso in Europa. È assurdo affermare che una piattaforma o il suo proprietario siano responsabili dell’abuso di tale piattaforma». Nessuno potrebbe controllare quasi un miliardo di utenti. Anche se altre piattaforme hanno assoldato debunker per zittire i dissenzienti su pandemie e guerre, altre ancora hanno demonetizzato i contenuti e cancellato account degli utenti pretendendo allo stesso tempo di non essere considerate editori pur dettando una ferrea linea editoriale.
Elon Musk ora sostiene che «al 100%» il prossimo cui toccherà la cella sarà lui, per via del suo multatissimo e ribelle X, ovvero l’ex allineatissimo Twitter.
Edward Snowden, l’uomo che nel 2013 svelò come l’Nsa statunitense avesse intercettato tutti i capi di governo occidentali almeno fin dal 2002 (si scoprirà poi che ciò avveniva addirittura dal 1982) ha espresso solidarietà a Durov: «L’arresto di Durov è un attacco ai diritti fondamentali di libertà di parola e di associazione. Sono sorpreso e profondamente rattristato che Macron sia sceso al livello della presa di ostaggi come mezzo per ottenere l’accesso alle comunicazioni private. Abbassa non solo la Francia, ma il mondo». Per ciò che scoprì, Snowden è stato costretto a rifugiarsi nella “liberticida” Russia, mentre i paladini della “libertà” tacevano sulla gravità di tali scoperte e oggi i loro scherani attaccano Durov.
Ma il movente di questa bufera è molto semplice: l’Occidente che impone ai cittadini rigidissime, assillanti e spesso dannose norme sulla privacy, esige con la forza per mano francese da Telegram l’esatto contrario, e cioè quello che già ha ottenuto da tutti gli altri: i dati degli utenti. Il modo più concreto e veloce, oggi, per esercitare il potere.