Il criminologo Carmelo Lavorino è consulente della difesa dei Mottola nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone. Vent’anni fa lo fu di Carmine Belli, il primo sospettato, assolto in tutti i gradi di giudizio dopo 17 mesi di carcere preventivo.Su Cronaca Vera e, in esclusiva online su Fronte del Blog, racconta cosa successe allora. E ricostruisce il giallo
Di Carmelo Lavorino
L’omicidio della diciottenne Serena Mollicone, noto come il Giallo di Arce, è uno dei casi più intricati della storia criminale. Sinora ci sono stati due processi dove sono stato il consulente criminologo a difesa dei vari imputati, processi terminati sempre con l’assoluzione degli accusati. A tal proposito ricordo che difendo le persone solo quando sono convinto della loro estraneità ai fatti e/o quando l’impianto accusatorio mi risulta illogico e inadeguato. Nel primo processo fui il consulente di Carmine Belli, nel secondo sono il consulente della famiglia Mottola.
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In questo contributo parlo solo del processo Belli e di come facemmo a dimostrare la sua innocenza. Cominciamo dall’inizio.
Serena uscì di casa, in Arce, la mattina dell’1 giugno per sottoporsi a un’ortopanoramica presso l’ospedale d’Isola Liri. Dopo arrivò al centro del paese e iniziò a fare l’autostop. Scomparve. Due giorni più tardi venne rinvenuta cadavere nel bosco di Fontecupa: aveva il capo, i polsi e le gambe stretti da nastro Ghost, le caviglie strette da filo di ferro, la testa avvolta da una busta di nylon Eurospin. La morte era stata causata da asfissia, però la ragazza presentava una ferita sul sopracciglio che l’aveva fatta svenire. Non vi era stata violenza sessuale.
Il Giallo di Arce – Omicidio Serena Mollicone: La Super-consulenza e la Super-difesa che hanno fatto assolvere la famiglia Mottola e impedito un terribile errore giudiziario.
Prima indagarono i Carabinieri, poi la Polizia di Stato che si avvalse dell’Uacv (Unità Analisi Crimine Violento) della Criminalpol. Alcuni funzionari dell’Uacv puntarono il carrozziere Carmine Belli come assassino e costruirono quello che io chiamo “teoria del crimine”. Belli si fece 18 mesi di ingiusta carcerazione, lo facemmo assolvere in primo grado, appello e cassazione dimostrando che la teoria conteneva diversi errori e contraddizioni. Ecco la nostra opera.
Trovammo per Belli un alibi inattaccabile, dimostrammo che non aveva le possibilità esecutive per andare a impadronirsi di Serena partendo dalla sua officina in Arce, mentre lei faceva l’autostop a Isola Liri, come invece ipotizzavano gli inquirenti.
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Dimostrammo che le impronte digitali che l’assassino aveva lasciato sul nastro adesivo che legava le gambe di Serena e su alcuni oggetti (fra cui un contenitore di metallo) non erano di Belli. Lo stesso per alcune tracce biologiche.
L’accusa riteneva che Belli avesse colpito Serena all’interno della sua macchina per confezionarla col nastro sulla radura boscosa: dimostrammo che all’interno della macchina di Belli non c’era nemmeno una macchia di sangue di Serena e che sul nastro adesivo non vi erano tracce boschive, tipo foglie, sassolini, terriccio e sterpi, materiale che doveva esserci se l’ipotesi fosse stata esatta.
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Durante una perquisizione nell’officina di Belli gli investigatori trovarono un talloncino del dentista di Serena con scritta la data di un appuntamento. Lo usarono come prova contro di lui: dimostrammo che non poteva essere di Serena perché la data (21 novembre 2000) non corrispondeva agli appuntamenti di Serena col dentista.
Belli aveva sempre le mani sporche di vernice e grasso causa la sua attività di carrozziere. E dimostrammo che non vi era traccia alcuna delle sue dita vernice sulla scena del crimine toccata dall’assassino (nastri adesivi, bigliettino del dentista…).
Gli inquirenti sospettavano che Belli fosse l’uomo sconosciuto che accompagnava Serena a scuola e del quale Serena aveva più volte parlato con le amiche senza dire il nome: ebbene, trovammo questa persona che, ovviamente, non era Belli.
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Dimostrammo, altresì, che il profilo logico investigativo criminale dell’assassino/occultatore/compositore di Serena e i motivi strumentali, simbolici e logistici che lo avevano indotto a occultare il corpo in quel posto e in quel modo non erano riferibili a Belli: la firma psicologica-esecutiva dell’assassino non era e non poteva essere quella del carrozziere.
Di fatto contro di lui erano state impostate 21 tesi che confutammo totalmente. E i risultati si sono visti. Chicca finale: dimostrammo che Belli non era quel genio criminale del Male tipo Diabolik che la teoria del crimine voleva. Ma un uomo qualunque caduto nel mirino dell’innamoramento dell’errore investigativo.
Carmelo Lavorino per Cronaca Vera
Serena Mollicone, l’intervista di Rino Casazza a Carmelo Lavorino: