Il celebre criminologo Carmelo Lavorino analizza il giallo di Simonetta Cesaroni su Cronaca Vera, soffermandosi sullo strano caso del sangue nell’ascensore. In esclusiva online anche su Fronte del Blog
Nel caso dell’omicidio di Simonetta Cesaroni in Via Poma arrivano continuamente “depistaggi e falsi scoop”. L’ultimo è stato spacciare il sangue rinvenuto sul vetro interno dell’ascensore come sangue dell’assassino e che se ne conosce la tipizzazione, quindi che abbiamo il codice genetico del killer: falso, non vi è prova alcuna che il sangue sul vetro dell’ascensore sia dell’assassino.
Quello che ancora non sapete del serial killer Donato Bilancia – guarda
Simonetta fu uccisa il 7 agosto del 1990; il 9 agosto venne incarcerato il portiere Pietrino Vanacore perché sospettato del delitto; il 28 agosto uno dei figli del portiere, Mirko (arrivato a Roma il 12 agosto), mentre puliva l’ascensore rinvenne sul vetro accanto alla pulsantiera due macchiette di sangue che vennero analizzate: la numero 1 era gruppo 0 DQAlfa 4/4, quindi della vittima (probabilità di appartenenza al 99,53%, secondo i periti), la numero 2 non era tipizzabile, venne esaminata solo nel 2005 senza risultati apprezzabili per i marcatori genetici e non fu rilevato il gruppo sanguigno.
Simonetta Cesaroni, un nuovo testimone può far scoprire chi l’ha uccisa? – guarda
Il ritrovamento delle due macchiette di sangue ci pone due quesiti: è stato un caso dopo un’inspiegabile e lunga cecità degli investigatori, oppure qualcuno ha depistato? E in quest’ultimo caso: chi le ha inserite, perché lo ha fatto, chi poteva farlo e, soprattutto, come faceva ad avere il sangue di Simonetta?
Abbiamo quattro dati certi: 1) il sangue dell’assassino è gruppo A DQAlfa 4/4 ed è stato rinvenuto sul telefono; 2) il sangue di Simonetta Cesaroni è gruppo 0 DQAlfa 4/4; 3) una delle due macchie di sangue rinvenute sul vetro dell’ascensore è di Simonetta Cesaroni, l’altra non ha alcun collegamento col delitto; 4) il sangue rinvenuto sul sottoscala vano ascensore è di gruppo B e non ha alcuna connessione col delitto.
Ho quindi i seguenti granitici convincimenti basati sulla logica e sulla scienza.
Lo speciale sul delitto di via Poma di Fronte del Blog – SERVIZI E INTERVISTE ESCLUSIVE
Le macchiette di sangue sono state messe ad arte dal “seminatore ematico” per depistare e per salvare il vero assassino: quindi il “seminatore” aveva la disponibilità del sangue di Simonetta, la territorialità, la libertà di movimento e le possibilità esecutive. Tali macchiette sono il frutto di un’azione mirata proprio per farle repertare, in quanto è impossibile che fossero sul vetro dell’ascensore in bella vista da tre settimane e, stranamente, mai notate da nessuno.
Basti pensare che in quei giorni si cercava sangue, che l’ascensore era stato uno dei luoghi topici di passaggio del crimine, che tutte le persone che dal giorno del delitto sino al 27 agosto hanno preso l’ascensore dovevano accorgersene, che la polizia scientifica lo ispezionò già dai primi giorni. Domanda: ma sino al 27 agosto e per tre settimane nessuno del portierato aveva pulito l’ascensore? Né la moglie del portiere, né i figli? Non è strano?
Le macchiette sono state messe dall’assassino perché il sangue di Simonetta poteva essere a disposizione solo di qualche inquirente e dell’assassino: escludo gli inquirenti (nonostante i loro errori e le omissioni), resta l’assassino: tertium non datur!
Le spiegazioni logiche del perché l’assassino abbia inserito sul vetro dell’ascensore le due macchiette di sangue diverso, una della vittima, l’altra di un soggetto ignoto, sono due. La prima è la seguente: poiché l’assassino era a conoscenza che il suo sangue era stato rinvenuto sulla scena, per allontanare i sospetti da sé ha voluto mettere una traccia di sangue diverso dal proprio, ovviamente accanto a quello della vittima.
In tal modo ha creato un binomio di tracce di sangue utili a depistare e toglierlo dai sospetti, sapendo che gli inquirenti avrebbero fatto il seguente ragionamento “Se una macchia è della vittima, l’altra di conseguenza è dell’assassino”. Invece la seconda macchia non è del suo sangue, è di un terzo soggetto, quindi è un’abilissima opera di depistaggio. Spiegazione due: se l’assassino fosse stato il portiere si poteva pensare che l’azione era di un suo familiare, ma il portiere non è l’assassino di Simonetta.
Conclusioni: lasciamo stare le fantasie e valutiamo solo i dati oggettivi usando gli strumenti della logica e della scienza.
Carmelo Lavorino per Cronaca Vera
Simonetta Cesaroni, l’intervista di Fronte del Blog a Carmelo Lavorino:
Il grande abbaglio, controinchiesta sulla strage di Erba (versione aggiornata) – guarda