Massimo Bossetti, la difesa vedrà finalmente i reperti. E ne chiederà l’analisi: tutti i dettagli dell’udienza in Corte d’Assise, dove nessuno potrà fotografare, nè toccare nullaEcco cosa ci aveva raccontato in una lunga intervista video l’avvocato Claudio Salvagni sul dna di Ignoto 1
Massimo Bossetti, a cinque anni dalla sentenza definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio avvenuto il 26 novembre 2010, la sua difesa potrà finalmente visionare i reperti che hanno portato alla condanna. E il suo legale Claudio Salvagni dice che quasi certamente ne chiederà l’analisi. – il video shock dei Ris
MASSIMO BOSSETTI, UN’UDIENZA ATTESA TROPPO A LUNGO
Il 20 novembre in Corte d’Assise a Bergamo saranno tolti i sigilli dagli scatoloni che contengono, tra le varie cose, anche i leggings e gli slip della ginnasta tredicenne e sui quali venne isolato il Dna identificato Ignoto 1 e successivamente come appartenente Massimo Bossetti.
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Negli scatoloni ci sono anche i campioni di tale codice genetico, che poi è l’unica prova concreta che ha portato il muratore di Mapello dietro le sbarre. Per due volte la Corte d’Assise aveva rifiutato di mostarli, ma il 19 maggio la Cassazione ha dato il via libera alla visione.
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VEDERE, MA NON TOCCARE
Oltre a Salvagni, sarà presente, per Bossetti, l’avvocato Paolo Camporini. Ma all’udienza ci sarà anche la Procura e i legali Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta per i genitori di Yara, ovvero Fulvio Gambirasio e Maura Panarese. Stupisce la modalità con cui verrà svolta l’udienza: i reperti potranno essere solo visionati, ma non fotografati, nè filmati, tantomeno toccati. Tutto sarà videoregistrato. Per andare oltre, si dovrà presentare una nuova istanza.
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Nonostante questo, dice Salvagni, Bossetti è «molto contento perché qualsiasi notizia di segno positivo, dopo tante negative, è una buona notizia. Dopo quattro anni di battaglia, qualcosa si sta muovendo». Il legale confida al Corriere della Sera che al 99% chiederà di esaminare i reperti: «Per ora, il 20 novembre, vorrò visionare che cosa c’è e come è stato custodito, e se ci sono dei “buchi”, cioè reperti mancanti. È presto per parlare di revisione, allo stato non abbiamo elementi in più. Contiamo di trovarli nei reperti, non si può prescindere».
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Ma insiste: «Le analisi si dovevano fare all’epoca del processo». Istanza che fu sempre respinta.
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Il muratore è in cella dal 16 giugno 2014. Fu proprio il dna a portare a lui, dopo lunghissime ricerche. Oggi è detenuto nel carcere di Bollate, dove lavora assemblando pezzi di macchinari.
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