Milano rischia di restare senza l’unico ritrovo vitale per artisti, scrittori e musicisti. Il Comune ha infatti sfrattato lo storico locale Le Trottoir, dove una delle più celebri penne milanesi scriveva tutti i suoi libriAll’autore insignito dell’Ambrogino d’Oro e le cui ceneri riposano al Monumentale è dedicata una sala affrescata. Che ne sarà?
Ci risiamo. Come vent’anni fa lo storico locale milanese Le Trottoir rischia di restare senza sede: il Comune ha infatti sfrattato i titolari dopo che essi hanno trasformato quella che era ridotta ad una piazza di spaccio e un vecchio casello daziario abbandonato e orinatoio dei passanti in un gioiello della città. Dentro, il vulcanico Max Max Mannarelli (alias Gere, alias Ko, alias Running) e Michelle Vasseur, hanno speso centinaia di milioni di lire. Hanno ospitato mostre delle quali i cittadini hanno potuto beneficiare gratuitamente, con centinaia di nomi che partono dai massimi futuristi a Andy Warhol, fino alle lezioni di arte contemporanea tenute da Manuela Gandini, capace di coinvolgere personalmente Michelangelo Pistoletto, poi impegnato nel piazzale antistante in una performance interattiva con il pubblico.
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Qui, in questo luogo unico dove musica e arte si mescolano alla perfezione, porto di mare di scrittori, pittori e cantanti, hanno trovato spazio ai loro albori Malika Ayane e i The Kolors, qui c’è stato l’unico fermento di vitalità in una città che è diventata da decenni un gigantesco dormitorio pubblico. Qui è esploso Giuseppe Veneziano, oggi considerato uno dei massimi e più irriverenti pittori contemporanei.
LA SALA PINKETTS A LE TROTTOIR
La ricompensa? La giunta, anzichè pagare i titolari del locale per quanto fanno per Milano, li manderà fuori. Con un’aggravante sulla quale non si può tacere: Le Trottoir è il locale dove Andrea G. Pinketts scriveva tutti i suoi romanzi, dove li ambientava, dove trovava ispirazione per i suoi personaggi. All’interno c’è una sala affrescata che porta il suo nome da quando Pinketts era ancora in vita. Di solito di uno scrittore a cui è stato dato l’Ambrogino d’Oro e le cui ceneri riposano al Monumentale si cerca di conservare un minimo di memoria. A Milano, invece, si cancella addirittura “casa sua” ad appena cinque anni dalla scomparsa. Una cosa che ci pare folle.
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UNA LUNGA STORIA
E pensare che a piazza XXIV Maggio Le Trottoir era giunto dopo un altro braccio di ferro in corso Garibaldi, dove aveva la prima sede. Già allora le autorità non vedevano di buon occhio gli artisti. Lì trovavi Philippe Daverio e Kim Arena, ma anche l’anarchico Pietro Valpreda diventato autore di noir, gli artisti Francesco Chieppa e Michelangelo Jr. I vigili lo multavano un giorno sì e l’altro pure perchè non chiudeva mai, anticipando di gran lunga la liberalizzazione degli orari. Pinketts s’incatenò in segno di protesta. Poi giunse la soluzione della Darsena: trasferirsi in pianta stabile sui Navigli, con la consueta formula della musica a piano terra e delle presentazioni al piano superiore.
Ma all’epoca l’area ridotta davvero male. Nel casello daziario non c’era nulla, solo un nutrito numero di spacciatori all’esterno. Bisognava rifare tutto. E loro lo hanno fatto, trasformando il volto della zona da oscuro e pericoloso luogo a ritrovo musicale per le giovani band e artistico con nomi talmente altisonanti che il Comune non si è mai potuto permettere. Lanciando miriadi di giovani. Tanti dei protagonisti di corso Garibaldi, da Daverio a Michelangelo Jr si trasferirono lì. Pinketts, l’ultimo cantore di Milano, armato di Montblanc e immancabile toscano, riprese a inventare trame surreali e avvincenti su fogli sporchi di cenere e birra. Lì dava appuntamento a tutti. Lì si respiravano ancora fermenti di vita. O meglio, si respirano ancora.
Ma il Comune ha deciso di togliere l’ossigeno. La neosinistra dei milionari è troppo presa a trasformare la città in un luogo chiuso alle macchine dei poveri e a cementare il centro con Citylife. Ma certo, ce ne vuole di coraggio a cancellare un posto del genere, a sbattere fuori chi dà ancora lustro a Milano. Soprattutto a spazzar via con un colpo di mano la “casa studio” di uno scrittore tanto celebrato magari per far posto ad una boutique. Ci auguriamo che ci ripensino. O che qualcuno faccia presente ai burocrati di Palazzo Marino che no, la Sala Pinketts non si può toccare: il danno culturale sarebbe irreversibile.