Diciamoci la verità: tutti noi odiamo i postini. Non per loro stessi, ma per ciò che ormai rappresentano. O meglio, per ciò che ci portano. Fino a vent’anni fa il postino era una delle figure più amate in paese: quando suonava alla porta, ti aspettavi una cartolina, una lettera da qualche caro lontano, al limite un pacco regalo. E anche lui sapeva tutto di tutti, era una sorta di compagnone con il quale scambiare quattro parole.
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Con l’avvento di internet, le cartoline e le lettere sono finite. E quando oggi arriva, il postino, con il suo gilè giallo fosforescente, è sempre foriero di pessime notizie: raccomandate, multe, cartelle esattoriali. Lo vediamo passare, facciamo gli scongiuri e diciamo: «Speriamo non sia per me». Bene, il governo ha deciso di liberarcene: ha infatti deciso che le comunicazioni della pubblica amministrazione non arriveranno più per raccomandata, così come le multe e le cartelle esattoriali. Ma giungerà tutto su una casella postale elettronica certificata, la cosiddetta Pec.
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Se la figura del portalettere sarà così prestissimo destinata all’archeologia dei mestieri, molto più interessante è occuparsi di questa innovazione. Nasce infatti l’Inad, l’Indice Nazionale dei Domicili Digitali, dal 6 luglio consultabile da chiunque. Ogni italiano potrà registrarvi una Pec, il cui costo è, va da sè, a pagamento. Ci sarà una finestra fino al 30 novembre entro la quale, chi ne è sprovvisto, continuerà a ricevere le raccomandate degli enti pubblici, le multe, i rimborsi fiscali, le detrazioni fiscali e le cartelle esattoriali via posta. Fino ad allora infatti «il gestore della piattaforma per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione invia al destinatario sprovvisto di domicilio digitale che non abbia già perfezionato la notifica tramite accesso alla piattaforma l’avviso di avvenuta ricezione in formato cartaceo».
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E poi? Non si sa nulla. Sicchè, ad oggi, dobbiamo prendere per buono che dal 30 novembre, decine di milioni di anziani saranno costretti a dover comunicare con la pubblica amministrazione, e viceversa, esclusivamente per via digitale, ovvero via Pec. Diteci che non è vero. In Italia ci sono intere zone nemmeno coperte da internet (nel 2021 il Ministero dell’Innovazione parlava di 485 mila famiglie) e siamo al terzultimo posto in Europa come copertura per banda larga (44% secondo la Commissione Ue). Anche dove è spacciata per tale, poi, spesso non è tuttora presente. I più recenti dati governativi stessi dicono che solo il 46% della popolazione è in possesso di competenze digitali «di base», quindi meno di un italiano su due.
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Siamo il secondo Paese più vecchio del mondo dopo il Giappone. E sul sito dell’Inad e c’è pure scritto che per attivare il domicilio digitale basta lo Spid. Lo Spid! Lo Spid chiesto a decine di milioni di italiani che non hanno un pc, che non usano lo smartphone ma ancora il vecchio telefono coi tasti, e ai quali nulla frega della Rete. O nulla capiscono. Figuriamoci un 80enne che vive solo davanti alla tv in una piccola provincia se sa o se vuole utilizzare lo Spid, l’impronta digitale, il Qr code, la Pec, la posta in arrivo, il dominio digitale.
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Non sappiamo quale mente abbia partorito per prima questa demenziale idea, di fronte alla quale i banchi a rotelle sembrano scienza infusa. Ma sappiamo quali danni potrà produrre nel caso non si facciano emendamenti alla normativa da far scattare dopo il 30 novembre. Ogni anno, ad esempio, milioni di anziani che nulla possiedono se non la propria pensione, vengono invitati a campione a presentarsi in un Caf per dichiarare che, come l’anno precedente, non hanno un bel tubo di niente, anche se con i controlli digitali le istituzioni lo sanno benissimo: ma se non si presentano, costoro rischiano di perdere parte della pensione.
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Anche a loro le comunicazioni arriveranno solo via Pec? E se non ce l’hanno, come faranno a sapere che si devono presentare? Perderanno i loro soldi? E come faranno questi milioni di persone anziane, più che in ogni altro Stato europeo, molti dei quali vivono soli e senza alcun aiuto, a gestire via Pec tutte le comunicazioni con la sanità, l’anagrafe, l’Inps? Non sappiamo, ripetiamo, chi abbia per primo partorito tale follia. Ma sappiamo il perché: buona parte del Pnrr – i fondi e soprattutto i prestiti chiesti dall’Italia all’Ue – è destinata alla transizione digitale. Per intascare il bottino, Lorsignori devono dunque fingere che gli italiani siano connessi, tecnologicamente avanzati, capaci ad ogni età di usare pc, smartphone e internet. L’esempio della competenza digitale è in fondo partito dall’alto, proprio dal governo, con “Open to meraviglia.” E c’è gente che non ha ancora smesso di ridere.