“Sono sopravvissuto agli Anni ’70. Quando c’erano gli anni di piombo, le Brigate Rosse, Lotta Continua, Potere Operaio: io ero un indiano metropolitano, cercavo di migliorare me stesso perché ero un uomo anarchico. Poi sono sopravvissuto agli Anni ’80, gli anni da bere, gli anni più stupidi del secolo ma anche i più belli e divertenti. Io però sono sopravvissuto facendo del rock.
Ho cominciato a fare rock in italiano, ho scritto pezzi generazionali, canzoni provocatorie, sono sopravvissuto agli Anni ’90, quando ho voluto costruire una famiglia: la scelta più trasgressiva che potesse fare una rockstar. Sono sopravvissuto ai Duemila, quando gli amici intorno cominciarono a morire e io andai in depressione. Sono sopravvissuto anche agli Anni Dieci, a tre malattie mortali. Se ci penso non solo sopravvisutto, ma un supervissuto”.
Con le parole sopra citate, da Bologna, dove ha tenuto quattro concerti, Vasco Rossiquindi ha lancia il suo Docufilm in arrivo su Netflix. Già, dopo aver frequentato a lungo il cinema, dal film cult sulla vascomania ‘Ciao ma’, ai vari film delle varie tournée, il rocker di Zocca ha deciso di raccontarsi stavolta in maniera diversa, in un progetto per il colosso dello streaming. La docuserie intitolata ‘Vasco Rossi – Il Supervissuto’, è stata girata durante il periodo della pandemia e diretta da Pepsy Romanoff, braccio destro di Vasco già da anni per tutto ciò che ha a che fare con i video.
Ah… con la seguente frase, pronunciata prima di ‘Albachiara’, il Vasco nazionalrockpopolare, ha poi sautato il numeroso publico allo stadio bolognese Dall’Ara, lunedì scorso, al termine del suo quarto e ultimo (per ora), atteso, concertone nella sua Bologna: “Vi saluto e vi ringrazio. Vi abbraccio tutti, questa è l’ultima canzone, ma è un arrivederci. Io torno sempre”
Stefano Mauri