Pier Paolo Pasolini, la Commissione Antimafia, nella sua ultima relazione ha sposato le tesi della scrittrice Simona Zecchi sul vero movente del delitto.Ecco la seconda parte dell’intervista che Cronaca Vera ha realizzato con lei.
(Vai alla prima parte dell’intervista)
L’omicidio di Pier Paolo Pasolini potrebbe essere legato al furto delle pellicole originali di alcune scene del suo film “Salò o le 120 giornate di Sodoma”: lo scrittore e regista sarebbe andato all’Idroscalo di Ostia, dove poi è stato ucciso, proprio per riuscire a recuperarle. È questa l’ipotesi emersa dalla relazione finale della Commissione parlamentare Antimafia della scorsa legislatura, resa nota un paio di settimane fa. Un’ipotesi già espressa nei libri Pasolini, massacro di un poeta e L’inchiesta spezzata di Pier Paolo Pasolini, della giornalista d’inchiesta Simona Zecchi, che infatti è stata audita dalla Commissione.
Ora Simona Zecchi racconta a “Cronaca Vera” i dettagli delle sue scoperte (vai alla prima parte dell’intervista).
Perché le cause del delitto vanno cercate nella corrispondenza tra Giovanni Ventura (un terrorista e membro del movimento neofascista di Ordine Nuovo) e Pasolini, e all’interno del dossier sulla Democrazia Cristiana?
«Dal 2 marzo all’8 ottobre del 1975, Giovanni Ventura scrive a Pasolini dal carcere di Bari, dove era rinchiuso per la strage di Piazza Fontana. Lo fa nel tentativo di rifarsi una verginità di sinistra. Di queste lettere, lo rivela un documento, era a conoscenza l’allora anti-terrorismo. Intanto, Pasolini scriveva sul “Corriere della Sera” le sue denunce contro la DC e il ruolo di quel partito nelle stragi e, proprio dal marzo all’ottobre del 1975, questi suoi strali diventano più incisivi.
Inoltre, in un caso – un articolo del 28 ottobre ’75 – Pasolini utilizza alcune parole presenti nelle lettere di Ventura. L’ex neofascista fa una rivelazione allora pericolosissima sul ruolo di alcune correnti democristiane dietro alle bombe e fa cenno all’invio di materiali e all’urgenza per lui di riceverli. Ventura fa un elenco con nomi e cognomi. A casa di Ventura ho trovato diversa documentazione dentro la quale è indicato anche l’indirizzo di Pasolini e il dossier da lui e dai suoi collaboratori (ex marxisti-leninisti) raccolto. Nel documento questi due elementi (indirizzo e materiale) sono indicati insieme per l’invio. Era il 16 ottobre 1975.
Ma ci sono altre lettere inviate dai suoi sodali per convincerlo a occuparsi di Ventura, gli stessi che avevano raccolto per lui il materiale per un dossier. Ho poi ricostruito, sempre dalla documentazione del Ventura, il dossier da lui raccolto che doveva essere anche un libro (Ventura era anche un editore) e che gli serviva per ricattare i politici legati all’eversione di destra. C’è anche un documento giudiziario che riguarda una intercettazione telefonica sul ricatto che Ventura rivolse all’ex presidente del Consiglio Mariano Rumor, e che quindi conferma questo lavoro.
Intercettazione acquisita nell’ambito della inchiesta sulla strage di Piazza della Loggia. Insomma gli elementi, e a mio avviso anche le prove, sono tanti. L’ex generale Maletti del Sid che ho intervistato al riguardo prima che morisse mi ha confermato che Pasolini era seguito ed era considerato pericoloso per le istituzioni. Io avevo dimostrato già che era intercettato a poche settimane dall’omicidio, mentre di recente l’ex generale P2 Cornacchia ha anche ammesso che lo scrittore era pedinato.
Perché hai escluso il libro Petrolio dalla possibilità che fosse il movente?
Come dichiarato da Pasolini, Petrolio avrebbe visto la luce di lì a 5-6 anni. Non c’era dunque l’urgenza giornalistica di scrivere che invece si manifestava con gli articoli sul Corriere che erano frequenti. Petrolio era un lavoro maggiormente letterario che metteva a nudo il sistema di potere e ricatti di un decennio comprese ovviamente le manovre di Cefis. Un contesto più ampio dunque.
Inoltre anche cronologicamente (è confermato da chi ha curato il libro) l’interesse per Cefis avviene nei primi 3 anni della scrittura (72->74), mentre quello per le stragi risale agli ultimi periodi di vita, gli stessi in cui riceve le lettere di Ventura e in cui scrive sul Corriere.
Tutto questo risponde a una domanda: si uccide uno scrittore un poeta per qualcosa di cui tutti i giornali parlavano (il ruolo di Cefis come mandante nell’omicidio di Enrico Mattei e altro)? O si uccide per qualcosa di cui nessun giornale scriveva pur avendo gli elementi. Qualcosa che avrebbe fatto saltare il Palazzo. Ricordo che il giornalista inglese Neal Ascherson, da me intervistato, e che coniò il termine “strategia della tensione” per l’Italia, riferì di manovre di Saragat vicino agli americani e che anche in quella occasione nessun giornalista italiano che sapeva, invece, ne scrisse.
Su Repubblica hanno scritto che forse non c’è alcuna dietrologia sul caso. E che la sinistra ha ancora paura dello scandalo pedofilia associato a Pasolini. Cosa ne pensi?
A che titolo parlano? E soprattutto: hanno letto la relazione della Commissione? Non consta tanti sforzi: sono solo 8 pagine. Per la verità nemmeno molti giornalisti l’hanno letta dato che hanno scritto di “ruolo della banda della magliana” cosa che la Relazione non afferma, anche perché la banda allora ancora non era nata. I gruppi criminali erano altri ma Abbatino già gravitava nelle bande sciolte: è stato solo un mero esecutore per un pezzo della trappola, l’espediente che ha condotto all’idroscalo il regista ingannato anche da Pelosi che incontrò ben 4 mesi prima.
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