Matteo Messina Denaro è stato arrestato dopo 30 anni di latitanza. Due, forse tre tumori da curare, il capo dei capi di Cosa Nostra era in coda con il suo numerino alla clinica La Maddalena di Palermo per sottoporsi alla chemioterapia in day hospital con il falso nome di Andrea Bonafede, lo stesso – dicono – del nipote di un suo fedelissimo.
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Gli hanno chiesto come si chiamasse e non si è celato: «Sono Matteo Messina Denaro». Non ha opposto resistenza. Appare dimesso, più vecchio dei suoi 60 anni. Uno degli uomini in teoria più pericolosi del mondo, o almeno d’Italia, esce dalla clinica senza manette. I carabinieri che lo scortano poi all’uscita dalla caserma di San Lorenzo, un uomo e una donna, non indossano nemmeno il mefisto.
Camminano, non sembra esserci fretta. Gli fanno spazio sul furgone, lo fanno accomodare, poi partono.
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Con il boss dei boss viene arrestato anche il suo autista, o almeno la persona che lo ha portato alla clinica per le cure.
Si chiama Giovanni Luppino, commerciante di olive e agricoltore, incensurato. A lui le manette le mettono. E i due carabinieri che lo portano sulla macchina delle forze dell’ordine indossano il mefisto.
Edoardo Montolli