Con i rincari alle stelle delle bollette, l’Europa unita, di fatto, non c’è già più. Fra qualche mese la pressione popolare dei Paesi che non riusciranno a contenere i prezzi sarà incontrollabile.
La Germania, fregandosene come sempre delle regole comunitarie che impediscono aiuti diretti alle aziende, ha messo uno scudo di 200 miliardi di euro, pari al 5% del Pil, per calmierare i rincari.
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La Francia, il cui colosso energetico Edf è stato nazionalizzato al 100%, ha stabilito per decreto che le bollette non possano aumentare di oltre il 15%: grazie al “bouclier tarifaire”, del recente rincaro del 120% il 105% sarà dunque a carico dello Stato. Morale, non solo le famiglie non risentono della crisi, ma le aziende francesi e tedesche potranno cannibalizzare il mercato avendo costi enormemente inferiori ai concorrenti del resto dell’Ue.
Basti pensare che da maggio 2020 a maggio 2022 il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica è aumentato di dieci volte ed è ulteriormente raddoppiato da giugno: venti volte tanto. Quello del gas è aumentato di 25 volte. Al tetto al prezzo del gas si oppongono in tanti, tra cui, vedicaso, la Germania. E naturalmente, in questo gioco al massacro dei Paesi più deboli, c’è anche l’Olanda, che alla Borsa del Ttf di Amsterdam ha visto moltiplicarsi gli introiti in maniera esponenziale. E non ci pensa minimamente a vedere ridotti i propri profitti.
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Nell’Europa Unita, ognuno pensa insomma a casa propria. E c’è chi sta mostruosamente approfittando dalla crisi, nata, lo si ricordi sempre, dalle sanzioni alla Russia. Stando ai dati di Energy information administration (Eia), il portale governativo statunitense su cui vengono fornite informazioni sull’energia, nel primo quadrimestre 2022 Washington ha esportato il 74% del proprio gas naturale in Europa, con un + 40% sul 2021.
Primo fornitore di gas dell’Ue resta un altro Paese Nato, ma non dell’Ue: la Norvegia, contrarissima al price cap, che rispetto allo scorso anno registra esportazioni del 303% in più. Ci sarebbe l’Iran come riserva di gas naturale cui appoggiarsi, ma – dannata coincidenza – nello stesso periodo in cui la Russia si è incredibilmente autosabotata il gasdotto Nord Stream costatole miliardi (almeno così ci raccontano le sempre più surreali cronache di guerra), nella Teheran osteggiata dagli Usa è scoppiata la rivolta delle donne contro il velo.
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E dunque, siccome non è il Qatar dei 6500 migranti morti per costruire gli stadi di calcio, la situazione indigna l’Occidente e non va bene. Di fatto, il gas russo rappresenta ormai solo il 10% dell’Ue, ma i prezzi continuano a salire. Così come il numero delle sanzioni a Mosca.
L’unico ad alzare la voce su queste ultime, all’origine dell’immane speculazione energetica, è stato il leader ungherese Viktor Orban che, considerato dal mainstream una sorta di pericoloso destrorso, è stato l’unico a sottoporle ora a referendum, il massimo criterio democratico.
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Supina alle sanzioni, incapace di mettere uno scudo alle bollette e impossibilitata dal nazionalizzare i colossi energetici, l’Italia resta così fagocitata dalla crisi in attesa del famigerato prestito del Pnrr, per i quali tutti si sono spellati le mani in applausi senza che nessuno però spieghi le ragioni per le quali il nostro governo sia l’unico dell’Occidente ad averlo chiesto, con una cifra peraltro spropositata: 122,6 miliardi, quasi dieci volte quanto domandato dal secondo nella classifica dei questuanti, ovvero la Romania, con 15 miliardi.
Ci hanno infilato la testa nel cappio e ai creditori europei e agli alleati basterà stringerlo per portarci via tutto. Sulla scia del movimento inglese “Don’t pay”, ossia “Non pagare”, stanno così sorgendo nel Paese movimenti spontanei contro il caro bollette. A Milano gli studenti chiedono la tassazione del 100% degli extraprofitti dei colossi energetici.
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In quasi tutte le regioni sono nati i gruppi “Noi non paghiamo”, che si ritrovano su Telegram e che hanno come simbolo una bolletta che finisce tra le fiamme. Il sindacato Usb organizza presidi e denuncia, dati Istat alla mano: «La pressione fiscale è oggi al 42,4% il che significa che le buste paga subiscono una rapina pari a quasi la metà.
Contemporaneamente ARERA comunica che il prezzo del gas su cui saranno calcolati i consumi di ottobre sale a 183,40 euro al megawattora, in attesa del conguaglio che sarà effettuato sulle bollette di novembre». Ed è solo l’inizio.
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