Carmelo Lavorino, il celebre criminologo e il suo libro “Il giallo di Arce”, per trovare la verità sul delitto di Serena Mollicone.
Carmelo Lavorino è un apprezzato teorico dell’investigazione criminale ma, soprattutto, un protagonista in questo campo quale investigatore privato e consulente forense.
Sono innumerevoli i processi a cui ha partecipato, quasi esclusivamente al fianco della difesa, con successi che hanno fatto storia. Ricordiamo, ad esempio, il proscioglimento in fase d’istruttoria preliminare di Federico Valle, indagato per il delitto di Via Poma e, soprattutto, l’assoluzione in secondo grado di Pietro Pacciani, il presunto Mostro di Firenze.
In entrambi questi casi Lavorino, grazie alle sue competenze teoriche e pratiche di profiler e analista della scena del crimine, non si è limitato a confutare, collaborando con gli avvocati del collegio difensivo, l’impianto accusatorio contro gli imputati, ma è andato oltre, fornendo indicazioni preziose per individuare i veri autori del crimine sotto giudizio.
Lo scorso luglio l’invidiabile “palmares” di Lavorino si è arricchito di un ulteriore capitolo. Sono state assolte in primo grado cinque persone – Il Maresciallo capo della Stazione dei Carabinieri di Arce, due suoi famigliari e due carabinieri suoi sottoposti – accusate di aver ucciso o concorso all’uccisione di Serena Mollicone, la sfortunata giovane perita di morte violenta, nel giugno del 2001, nella cittadina in provincia di Frosinone.
Su questo delitto, ancora insoluto, c’era già stato un processo con un altro imputato, Carmine Belli, poi assolto in via definitiva. Lavorino aveva partecipato, con contributo determinante, anche a questa causa come consulente della difesa. Sul secondo processo riguardante il “giallo di Arce” abbiamo intervistato Lavorino per Fronte del Blog, vedi sotto:
Segnaliamo anche l’intervista comparsa su Cronaca Vera:
Sulla vicenda adesso è disponibile, in versione cartacea, un saggio, a firma di Lavorino, intitolato “Il giallo di Arce. Omicidio Serena Mollicone”, edito da CESCRIN, che offre un resoconto documentato ed esaustivo sulla battaglia processuale. Va detto che tutti i media e l’opinione pubblica spingevano verso un esito sfavorevole agli imputati, con generale sorpresa ( e deplorevole turbolenta reazione da parte del pubblico alla lettura della sentenza) quando la conclusione è risultata opposta.
Il libro, puntiglioso e sferzante come sa essere il suo autore, analizza in dettaglio, con corredo di foto e documentazione, tutti gli aspetti critici del caso.
Sono particolarmente significativi, in quanto finora non pubblici, gli stralci dei verbali delle deposizioni del brigadiere Santino Tuzi, il “supertestimone” tardivo che si è tolto la vita poco dopo le sue sofferte e contrastate rivelazioni. In essi appare chiaro lo stato di forte condizionamento psicologico in cui si trovava , mettendo in serio dubbio genuinità e serenità di quanto afferma, peraltro contraddicendosi più volte.
Del pari interessanti le argomentazioni e i riscontri oggettivi con cui al processo è stata smontata dalla difesa la teoria del “falso ordine di servizio”. Ricordiamo che a controprova della testimonianza – dubbia ad avviso della difesa, come spieghiamo sopra – di Tuzi l’accusa sosteneva che due suoi colleghi, entrambi imputati, avrebbero fatto falsamente figurare a posteriori nell’ordine di servizio del giorno della scomparsa di Serena Mollicone che erano fuori sede e non in caserma quando la ragazza si sarebbe presentata lì per parlare col Maresciallo Franco Mottola, principale imputato.
Il libro esplora con dovizia di particolari tutte le più conosciute controversie che hanno infiammato il dibattimento, ad esempio la correttezza scientifica dei sofisticati esperimenti condotti dai RIS su una porta della Caserma di Arce per dimostrare che avrebbe funto da “‘arma impropria” per tramortire gravemente la vittima, oppure i presunti depistaggi messi in atto dal Maresciallo Mottola, primo fra tutti il prelevamento forzato del padre di Serena Mollicone alla cerimonia funebre per essere condotto d’urgenza in caserma, così da insinuare in modo artificioso e ingiusto il dubbio- questo l’avviso della magistratura inquirente – che l’uomo potesse essere implicato nell’omicidio.
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Come d’uso negli altri resoconti di Carmelo Lavorino su casi di cronaca nera – citiamo ad esempio quello sul delitto di via Poma, -vedi sotto- uno dei pezzi forti è la parte dedicata alla vie alternative rispetto alla strada intrapresa dalla pubblica accusa. Lavorino vi si cimenta nelle ultime trenta pagine del libro, in cui il lettore viene coinvolto nel tentativo d’individuare, sulla base di una rigorosa interpretazione dei dati empirici, un valido identikit dell’assassino propedeutico alla ripresa da zero delle indagini.
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