Se avete ricevuto cartelle esattoriali e volete fare ricorso alla commissione tributaria, aspettatevi amare sorprese. Come abbiamo recentemente scoperto
Cartelle esattoriali à gogo. Si stima che siano state spedite dal fisco 16 milioni di intimazione a pagare in 5 giorni, pena fermi amministrativi di auto e pignoramenti di casa e stipendi. Il governo ha deciso che l’emergenza è finita per decreto. Così, con un tratto di penna, a fatti loro.
Basti pensare che se per le rateazioni della Riscossione fino all’8 marzo 2021 erano state concesse 18 rate non pagate prima di decadere dal beneficio (quelle in sostanza già scadute nel lockdown), dal 9 marzo 2021 sono diventate 10. E dal 2022 addirittura 5, ovvero quante ne venivano concesse ormai molti anni fa.
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È tutto passato, per Lorsignori. L’Agenzia delle Entrate si è portata in pari e contesta già l’iva non versata o parzialmente non versata nel primo trimestre di quest’anno. Perchè ormai siamo tutti ricchi. Peccato, solo per fare un esempio della ricchezza italiana, dei ridicoli aiuti del governo e dell’abisso che separa ormai la politica dal Paese reale, che l’amministratore di una piccola fonderia faccia presente a Il Giornale che le sue bollette siano passate da 70 mila euro del 2021 all’assurda cifra di 275 mila euro: “Ho letto le norme del decreto Aiuti e ho chiesto la possibilità di rateizzare in 24 rate le bollette di maggio e giugno 2022 al nostro attuale fornitore di energia elettrica”.
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Risposta? “Rateizzare non è un obbligo ma una facoltà. Se vuole, paghi il 50% subito e il resto in tre rate. E solo per il mese di maggio”. I più fortunati scappano così dall’Italia, dove è in arrivo pure il software di intelligenza artificiale Vera. Il nome è grazioso, ma si tratta dell’acronimo di “Verifica dei rapporti finanziari”: dal calcolo sulle spese che sosteniamo e sulle nostre entrate sui conti correnti comunicherà al fisco una possibile evasione.
Naturalmente si tratta di sistemi di controllo grotteschi, specie sui bilanci delle famiglie: con gli stessi soldi spesi in un supermercato si può comprare in un discount il triplo della merce; a parità di denaro si possono comprare beni di consumo assai diversi.
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Ma vai a difenderti: se un tempo, per dare credibilità ad un fatto si diceva «l’ha detto il telegiornale», domani sarà «l’ha detto Vera». E aver ragione diverrà una chimera. Ma non basta. Perché, per gli indebitati, è ormai già impossibile opporsi in alcuni casi alle cartelle esattoriali.
La storia la racconta l’avvocato Claudio Defilippi, massimo esperto sul sovraindebitamento. Un suo assistito di Livorno ha ricevuto dalla Riscossione una cartella di pignoramento presso terzi da 430mila euro. Solo che non gli avevano mai notificato le precedenti cartelle che hanno portato all’atto finale. Per dimostrarlo deve fare ricorso alla Commissione Tributaria.
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Magari ha ragione e non deve tirare fuori un ghello. Bene: se fino a qualche anno fa il ricorso era gratuito, oggi bisogna pagare un contributo unificato come nei processi civili. Ed eccoci al punto: nel processo civile il contributo va in base al costo della lite e dunque sopra i 200 mila euro è al massimo di 1500 euro. E per un ricorso contro la Riscossione alla Commissione Tributaria? «Non si sa» dice il legale.
Come, non si sa?
«Le Commissioni si basano di fatto su una circolare del ministero delle finanze, quindi non su una legge e nemmeno su un decreto, che fornisce un’interpretazione assai diversa: ovvero si paga un contributo unificato per ogni cartella che ha dato origine alla cartella finale».
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Morale: il malcapitato cittadino di Livorno, che forse ha ragione, si è visto recapitare una richiesta di contributo unificato di 6420 euro. Siccome non li aveva, gli è arrivata la sanzione del 200%. Ora il fisco gli chiede così 12840 euro, oltre ai 6420 euro di contributo unificato: 20 mila euro solo per accedere al tribunale e magari dimostrare che non doveva tirar fuori un euro.
Siamo alla follia pura. E la cosa fantascientifica, e tutta italiana, è che queste cartelle saranno domani messe senza alcuna vergogna dall’erario alla voce “recupero dell’evasione”.
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Ma Defilippi ha deciso che andrà alla Corte di Strasburgo per i diritti dell’Uomo, lamentando la violazione dell’articolo 6, dato che al suo assistito è sostanzialmente impedito l’accesso al tribunale. Perché di fatto, puoi difenderti solo se sei ricco.
Aggiunge il legale: «Questo problema riguarda oggi decine, se non centinaia di migliaia di italiani che intendano rivolgersi alla Commissione Tributaria per ricorrere contro le cartelle esattoriali dell’Agenzia della Riscossione».
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Certo, direte, uno può far ricorso anche contro le richieste della Commissione tributaria per la cifra mostruosa chiesta come contributo unificato. Ma indovinate a chi dovrà presentarlo? Tenetevi forte: «Lo dovrà presentare alla stessa Commissione Tributaria, ovvero alla sua controparte, che, nel caso, è dunque anche il giudice che deve decidere se ha ragione il cittadino o lui medesimo».