Tra meno di due settimane, l’Italia ospiterà un Mondiale di scacchi. Con caratteristiche molto particolari. Parliamo del Mondiale a squadre seniores, manifestazione ufficiale della FIDE (la Federazione internazionale di questo sport) che avrà luogo ad Acqui Terme, in provincia di Alessandria, dal 20 al 29 giugno 2022, e vedrà la partecipazione di importanti campioni e Grandi Maestri da tutto il mondo che hanno superato la fatidica soglia dei 50 anni, quella che, nel mondo degli scacchi, fa diventare, appunto “seniores”.
Quale migliore occasione, quindi, per interrogarci sui benefici degli scacchi per le persone in età avanzata? Se infatti sono ormai molti gli studi che dimostrano l’utilità di questa disciplina in età scolare (perché aiutano a migliorare l’apprendimento di alcune materie, ad esempio la matematica, e procurano abilità utili alla vita futura, come la capacità di gestire il tempo, di pianificare, di guardare al futuro, di assumersi le proprie responsabilità), sono meno noti invece quelli che riguardano gli anziani. Ma esistono anche questi.
Un’esperta in materia è la neurologa Anna Cantagallo, specialista in Neurologia e Medicina riabilitativa, direttore scientifico del centro clinico Brain Care. La sua missione professionale, come dice lei stessa, è “proteggere la bellezza del nostro cervello”. La Cantagallo ha studiato a fondo l’utilità degli scacchi nel rallentare l’effetto del tempo che passa e, in un’intervista andata in onda sulla web Tv “Sport2U” ha spiegato perché.
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“Gli scacchi sono molto utili al nostro cervello”, dice la studiosa. “A ogni età il gioco degli scacchi permette di attivare tutte le aree cerebrali, e in qualche modo di allenarle. Parliamo dei lobi occipitali, che raccolgono gli stimoli visivi; dei lobi parietali, che permettono di avere una visione d’insieme della scacchiera; del lobo temporale, che è quello che si occupa della capacità di memorizzare; infine del lobo frontale, che si occupa della pianificazione, della risoluzione dei problemi. Giocare a scacchi mette in azione anche il sistema nervoso vegetativo: durante una partita aumentano frequenza cardiaca e respiratoria”.
I benefici per i “senior” arrivano di conseguenza: “Gli scacchi permettono di incentivare la memoria, la vista, l’esplorazione visiva e il problem solving, aumentano la nostra attenzione, la nostra capacità di concentrarci sui dettagli, di prevedere obiettivi nel medio e lungo termine, di esercitare la critica ai nostri stessi errori, di valutare la strategia che stiamo usando. Poi sviluppano la working memory, la memoria prospettica, vale a dire quella del futuro, e anche la capacità di autocontrollo, cioè insegnano a regolare le nostre emozioni in base alla strategia che abbiamo in mente. E non basta ancora: il gioco degli scacchi ci aiuta a “leggere” nel cervello dell’avversario, a capire qual è il suo stile, la sua strategia, e permettere con l’altro una relazione empatica rispetto all’altra persona”.
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E ci sono dati che confermano che gli scacchi aiutano a restare giovani: “Uno studio, eseguito su giocatori di età tra i 55 ai 90 anni, ha attestato che se misuriamo le prestazioni cognitive di chi ha frequentato un corso di scacchi, rispetto a chi si è dedicato ad altri giochi da tavolo o ad attività totalmente diverse, quelle degli scacchisti sono significativamente migliori: il 65 per cento in più. Un altro studio, che ha riguardato 500 persone di età superiore a 75 anni osservate per cinque anni, ha mostrato che chi si dedicava agli scacchi per un periodo di tempo significativo riusciva a ritardare in media di un anno e mezzo l’insorgere di malattie degenerative del cervello. Ma serve appunto un’applicazione piuttosto costante, 11 ore a settimana, perché chi lo faceva per sole 4 ore non otteneva i medesimi risultati”.
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Gli scacchi possono essere utili anche nel recupero delle normali facoltà di persone che hanno avuto problemi neurologici o cerebrali “Purché però conoscessero le regole anche prima dell’incidente, o dell’ictus che ha danneggiato le loro funzioni cognitive”, spiega la dottoressa Cantagallo. “Sono molto utili in pazienti che hanno problemi di attenzione, che fanno fatica a esplorare lo spazio, che hanno disturbi di memoria. E per le persone che hanno avuto disturbo al lobo frontale, quello che ci fa pianificare le nostre mosse in base a obiettivi futuri, e in generale ci aiutano ad affrontare i problemi nuovi. Possono dare una mano anche in caso di deterioramento cognitivo, o di demenza lieve”.
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E c’è una nuova frontiera che potrebbe essere esplorata, quella del possibile utilizzo degli scacchi nella lotta alla depressione. “Sul tema non ci sono ancora studi chiari”, dice la dottoressa Cantagallo. “Sicuramente questo gioco permette di uscire dai propri pensieri, aiuta ad andare dall’interno verso l’esterno, che è proprio quello che dovrebbe fare ogni persona depressa. Invece di concentrarsi sulle proprie tristezze, può dedicare la mente a qualcosa di pratico, e porre la propria attenzione sul mondo esterno per alcune ore. Gli scacchi poi, al contrario di quello che tanti credono, non producono isolamento, ma anzi creano relazioni, in primo luogo quella con il proprio avversario.
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Per giocare dobbiamo metterci nei panni dell’altro, tentare di cogliere la sua comunicazione non verbale, creando così una relazione empatica, tra l’altro con una modalità “gentile” piena di grazia. Infatti un depresso di solito fa fatica a entrare in una comunicazione verbale, e si sente forzato quando è costretto a parlare di sé e dei propri problemi. Se invece si mette a giocare a scacchi entra in una relazione con l’altro silente ma effettiva, protetta, “dolce”. E questo può risultare di grande aiuto”.