Giacomo Sartori, la Procura pronta a chiedere l’archiviazione sul giovane ritrovato impiccato nelle campagne del pavese lo scorso settembre dopo essersi messo alla ricerca del suo pc rubatoSul corpo nessun segno di violenza. Nessuna traccia esterna nemmeno sull’auto. Le telecamere per strada lo inquadravano solo. Ma se si è ucciso, perché lo ha fatto?La ricostruzione del caso nell’approfondimento di Cronaca Vera
Giacomo Sartori, va verso l’archiviazione l’inchiesta sulla morte del 29enne trovato impiccato lo scorso settembre nelle campagne di Casorate Primo, in provincia di Pavia.
Per la Procura di Milano si tratterebbe di un suicidio. Strano, per certi versi stranissimo. Ma gli elementi raccolti dagli inquirenti convergono tutti su quest’unica ipotesi.
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La morte di Giacomo Sartori
Il suo cadavere fu rinvenuto a sette giorni dalla scomparsa. Informatico di Mel, nel bellunese, ma impiegato ad Assago, sparì un venerdì sera. Giacomo era andato con alcuni amici in un’enoteca a Milano.
Qualcuno gli rubò lo zainetto, all’interno del quale c’erano due computer, un cellulare aziendale e il portafogli con documenti e denaro. Alle 23,30 salutò tutti e uscì. Nessuno lo rivide più vivo. Da subito si ipotizzò che avesse cercato di rintracciare gli apparecchi elettronici rubati attraverso qualche app.
Quanto al ladro, aveva svuotato il portafoglio di Giacomo ai giardini Indro Montanelli, abbandonando l’involucro con i documenti lì. L’ultima traccia di Giacomo risultò essere uno scontrino del pedaggio di Binasco, rinvenuto nella sua auto una volta ritrovato il corpo. Gli apparecchi elettronici, poco dopo il furto, resteranno spenti. Cos’era successo a Giacomo?
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Perchè impiccarsi, in una zona dove non era mai stato, per il semplice furto di un pc? Emerse che il cappio era stato passato a tre metri e mezzo d’altezza ed era stato fatto con un cavo elettrico.
Ma prima Giacomo aveva provato ad usare una catena presa, come il cavo, nel magazzino della cascina di fronte. Giacomo non era depresso e aveva un lavoro sicuro. Però forse aveva deciso di uccidersi solo dopo aver tentato invano di seguire i suoi apparecchi elettronici, rubati due volte in pochi mesi.
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Verso l’archiviazione
Di fatto, il pm Andrea Zanoncelli, come riporta il Corriere della Sera, sarebbe pronto a chiedere l’archiviazione dell’inchiesta dopo aver “seguito – scrive il quotidiano – lo stesso meticoloso protocollo previsto nei caso di omicidio”. Dato che ad occuparsene è stata la squadra omicidi.
L’autopsia ha evidenziato “l’assenza di segni violenza o di pressione esterna”. E ancora ha escluso che il giovane avesse ingerito altro dopo aver lasciato l’enoteca. L’unico dna sulla catena e sul cavo elettrico usato per impiccarsi era il suo. Così com’era suo l’unico codice genetico presente sul cellulare ritrovato ai piedi dell’albero.
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Anche la sua auto è stata scandagliata a fondo: e anche qui non c’erano tracce di estranei. L’unico dettaglio leggermente stonato erano i sedili spostati rispetto alla consueta posizione per guidare. Ma si può agevolmente ipotizzare che Giacomo fosse rimasto a pensare per ore, o forse dormire, in macchina prima di decidere di suicidarsi.
Le indagini sullo spostamento del cellulare hanno consentito di appurare che Giacomo dopo il furto tornò a casa per diversi minuti prima di uscire una seconda volta dopo la mezzanotte tentando di collegarsi da remoto al sistema di gestione del pc aziendale.
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Come riporta il quotidiano di via Solferino, avrebbe pure provato a cancellare gli hard disk del pc aziendale rubato. Una cosa impossibile, dato che il computer risultava spento. Per il datore di lavoro là sopra c’era materiale di poco conto.
Giacomo non era fidanzato e pare avesse pochi amici. Perché sia stato sconvolto dal furto tanto da arrivare ad uccidersi probabilmente non lo sapremo mai. Ma tutto porta gli inquirenti alla pista del suicidio.
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C’è pure una telecamera del casello di Binasco a confermare che fosse solo quella notte: riprese la sua auto dopo l’una. Non c’era nessuna macchina a seguirlo. Il suo cellulare si spense all’1,40. Non sono stati trovati messaggi, né chiamate effettuate o ricevute. L’apparecchio è stato mandato in Germania per un’analisi approfondita della memoria e non è emerso nulla nemmeno in questo caso.
Restano i dettagli dei suoi spostamenti, tra Motta Visconti e Casorate. Prima di fermarsi, abbandonare l’auto. E impiccarsi prendendo prima una catena e poi un cavo elettrico nella cascina di fronte alla quercia.