Giorgio Bianchi, il fotoreporter italiano, ha parlato al Consiglio di sicurezza dell’Onu: “Con i media russi censurati, e con tutti gli altri cosiddetti media ufficiali allineati sulla propaganda ucraina, per il pubblico europeo, io sono europeo, è praticamente impossibile formarsi un’opinione obiettiva sulla realtà sul campo”Giorgio Bianchi, come capitato al collega Lorenzo Giroffi, è stato bollato da Kiev come “criminale” per aver fatto semplicemente il proprio lavoroSecondo il Cremlino gli ucraini avrebbero sparato su scuole e bambini
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Giorgio Bianchi, fotoreporter italiano, che è stato in Donbass, viene citato come fonte nel dossier che Mosca ha presentato all’Onu contro i presunti crimini di guerra ucraini. L’ambasciatore Vassily Nebenzia ha dichiarato: «Ci sono molte prove che dimostrano gli attacchi delle truppe ucraine e del battaglione Azov su città e palazzi».
Stando a quanto riferito da Nebenzia, gli ucraini avrebbero sparato su scuole e bambini.
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Chi è Giorgio Bianchi
Lo stesso Giorgio Bianchi ha parlato al Consiglio di sicurezza dell’Onu nel corso di un meeting, spiegando di essere oggi considerato da Kiev un criminale solo per aver fatto il proprio dovere di cronista. Una cosa capitata anche a Lorenzo Giroffi, autore di più documentari e di un libro sul Donbass.
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Dal sito del fotoreporter, la sua biografia:
Giorgio Bianchi è un fotoreporter, fotografo documentarista e regista italiano nato nel 1973.
Nella sua fotografia Giorgio ha sempre prestato particolare attenzione alle questioni politiche e antropologiche e ha intrapreso una carriera da freelance per concentrarsi su una combinazione di progetti personali a lungo termine e incarichi dei clienti.
Ha coperto storie in Siria, Ucraina, Burkina Faso, Vietnam, Myanmar, Nepal, India e in tutta Europa. Dal 2013 compie diversi viaggi in Ucraina, dove segue da vicino la crisi ucraina dalle proteste di Euromaidan fino allo scoppio della guerra tra l’esercito governativo e i separatisti filorussi. Grazie al suo ricco archivio di filmati e immagini sul conflitto nel Donbass sta realizzando un docufilm intitolato “Apocalypse Donbass”.
Nel 2016 ha iniziato a occuparsi del conflitto siriano.
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Giorgio ha vinto diversi premi internazionali e ha ricevuto molti riconoscimenti di pubblico, e le sue foto sono regolarmente pubblicate su giornali e riviste, sia cartacee che online. Il suo lavoro è stato esposto in numerosi festival internazionali e nazionali. Giorgio Bianchi è attualmente rappresentato da Witness Image.
Mostre principali: Festival of Ethical Photography 2017 (Lodi), Strand Gallery (Londra), Royal Geographical Society (Londra), MIBAC (Roma), AFI Archivio Fotografico Italiano Palazzo Cicogna (Varese), La Fabbrica del Vapore (Milano), C40 Mayors Summit (Città del Messico), foto Pechino 2017.
Principali pubblicazioni: Guardian Magazine, National Geographic, Internazionale Magazine, Sette Magazine Corriere della Sera, Il Venerdì, Il Giornale, La Stampa, La Repubblica, Il Manifesto, Gente di Fotografia Magazine, Fotografia Reflex Magazine e in molte gallerie online.
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Tra i premi: Best New Talent al concorso PX3 2014, vincitore assoluto al Terry O’ Neill Award 2014, Discovery of the year al Monochrome Award 2014, vincitore ai Lugano Photo Days 2015, finalista ai Manuel 2014, 2015, 2016 Rivera-Ortiz Foundation for Documentary Photography & Film Grant, vincitrice all’Umbria World Fest 016, selezionata per il Prix Pictet 2015, Top Finalist al Visura Photojournalism Grant 2016, finalista ai LensCulture Exposure Awards/17, finalista ai DIG Awards 2017 (pitch session) con il docufilm Apocalypse Donbass, vincitore del World Report Award 2017 (Spot Light Award), finalista al 75° POYi, Fotografo Editoriale dell’anno ai Moscow International Foto Awards 2018.
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Giorgio Bianchi, il discorso al Consiglio di sicurezza dell’Onu:
Buonasera, è davvero un onore per me essere qui.
Sono tornato da poco dal Donbass, dove per circa due mesi ho documentato il conflitto.
Devo dire che mi aspettavo una differenza tra la realtà sul campo e quella mediatica, ma non a questi livelli.Posso capire la propaganda russa, posso capire la propaganda ucraina, ciò che per me resta incomprensibile è la propaganda europea.
Con i media russi censurati, e con tutti gli altri cosiddetti media ufficiali allineati sulla propaganda ucraina, per il pubblico europeo, io sono europeo, è praticamente impossibile formarsi un’opinione obiettiva sulla realtà sul campo. Per questo sempre più persone si rivolgono al web per ricevere un’informazione equilibrata.
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Governi e piattaforme digitali, invece di interrogarsi su questo fenomeno, stanno cercando di limitare l’accesso alle informazioni online. Sembra che il loro obiettivo sia quello di sostenere un’unica narrazione dei fatti.
La guerra è di per sé drammatica, ne so qualcosa, quindi non c’è bisogno di renderla ancora più orribile inondando etere e carta di notizie false. Penso che non sia utile alimentare il conflitto o addirittura ampliarlo, con campagne d’odio.
Mi sembra che ci sia una sorta di interesse per far sì che il conflitto duri a lungo e si allarghi.
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Ho personalmente smascherato diverse fake news diffuse sui media europei: la vergognosa prima pagina de La Stampa che surrettiziamente attribuiva ai russi la strage avvenuta a Donetsk il 14 marzo; il fatto che Mariana, la ragazza simbolo del bombardamento dell’ospedale Mariupol, non sia stata rapita dai russi; il fatto che i russi non stiano deportando civili da Mariupol (non riescono ad evacuare tutti i civili che desiderano partire, di certo non riescono a portare via quelli che vogliono restare).
Al contrario, ho dimostrato che i soldati e le milizie ucraine hanno ampiamente utilizzato i civili come scudi umani.
Le testimonianze che ho raccolto sono decine e la stragrande maggioranza lo conferma.
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Non c’è traccia di tutto questo lavoro di fact checking sul campo, nella stampa mainstream.
A che gioco stiamo giocando?
Vogliamo la Terza Guerra Mondiale?
Vogliamo ridurre alla miseria le popolazioni europee a furia di sanzioni?
Sono un giornalista indipendente.
Il mio lavoro è riconosciuto a livello internazionale. Ma non posso lavorare in Ucraina perché sono su una lista nera, Myratvorets, nella quale vengo etichettato come un “criminale”.
Solo per aver fatto il mio lavoro e per aver condiviso il mio punto di vista con il pubblico… Un punto di vista documentato da otto anni di lavoro sul campo.
Vengo accusato di essere un professionista “embedded”. Ma non posso lavorare dall’altra parte perché rischio di essere arrestato.
Pensate sia normale?
Un’altra volta: a che gioco stiamo giocando?
Di sicuro è un gioco molto pericoloso.
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Manuel Montero
L’ultimo libro di Manuel Montero è “Wuhan – virus, esperimenti e traffici oscuri nella città dei misteri”, uscito in allegato a Il Giornale e disponibile in ebook per Algama, QUI
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