“Dalla Russia con amore”: il Copasir chiede chiarimenti sulla missione russa a Bergamo nella primavera 2020. Doveva essere un aiuto generoso contro il Covid, ma forse…
“Dalla Russia con amore”. La missione anti Covid dei russi a Bergamo nella primavera 2020. Ma gli inviati di Vladimir Putin volevano davvero soltanto aiutare l’Italia in difficoltà perchè travolta dal virus? Oppure sospesa tra generosità e propaganda aleggiava una voglia di spiare obiettivi italici strategici e documenti particolari?
Sostiene il quotidiano Repubblica, che il racconto di alcuni dei protagonisti, sul fronte italiano, della spedizione “Dalla Russia con amore” secondo il Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza, meriti ulteriori approfondimenti. Parliamo degli uomini arrivati da Mosca a marzo del 2020 per aiutare l’Italia. Almeno così aveva detto Vladimir Putin all’allora premier Giuseppe Conte, nella battaglia contro il Covid,
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E per questo tra due settimane il Comitato ha deciso di ascoltare Agostino Miozzo e i generali Vecciarelli e Portolano. Per sentire dalle loro voci cosa accadde in quei giorni. Che tipi di dubbi ebbero. E, soprattutto, se gli allora vertici della sicurezza nazionale presero, a partire dall’autorità delegata (il presidente Conte, per l’appunto) tutte le necessarie precauzioni per non mettere a rischio dati riservati per la sicurezza nostra e degli altri paesi Nato.
Nella sua lunga audizione della scorsa settimana Conte si è detto sicuro di aver chiarito tutti i punti. L’ex premier ha spiegato, infatti, che fu lui a definire i dettagli dell’operazione con una telefonata con Vladimir Putin. Proprio alla vigilia di quel viaggio.
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Non fu una procedura standard
Fonti di Repubblica riportano che l’operazione fosse da tempo sul tavolo ma che dovesse riguardare soltanto l’invio di materiale sanitario: mascherine, dispositivi di protezione, ventilatori. Sabato 21 marzo 2020 ci fu invece una telefonata diretta tra i due presidenti e venne deciso l’upgrade.
Nemmeno 24 ore dopo, ventitré quadri reattori decollati da Mosca atterrarono, accolti con il tappeto rosso, in un aeroporto militare di un paese Nato. «Non esattamente una procedura standard» si lascia andare oggi una fonte. Anche perché quando i nostri uomini li videro sbarcare capirono immediatamente, dall’attrezzatura che trasportavano, che non si trattava di una visita di cortesia”.
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«Fummo sorpresi – ha detto al Foglio (altro media che sta seguendo quella vicenda tutta da chiarire) il generale Vecciarelli, che era lì sulla pista – e io per primo rimasi colpito dal dispiegamento di mezzi che scendevano dai velivoli russi. Non le nascondo che all’inizio ci fu anche una certa preoccupazione».
La sensazione di Vecciarelli verrà confermata dagli uomini sul campo, che seguirono i russi passo passo. Il 7 maggio, poi, il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, interruppe la spedizione. Riducendo da circa 500 a 104 gli uomini russi arrivati in Italia. Il 7 maggio non era una data qualsiasi: i russi avevano appena annunciato di voler continuare il lavoro, intrapreso in Lombardia, in Piemonte e in Puglia, dove c’era la base Nato di Amendola. Ma non fu consentito loro di sbarcare .
Insomma “Dalla Russia con amore”, a distanza di due anni, rappresenta un altro mistero italiano. Tutto o in parte, da decifrare. O no?
Stefano Mauri
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