Ho ritrovato nel mio archivio questa vecchia intervista, molto vecchia. Ero ancora un ragazzo, Ade Capone era invece nel pieno della sua attività da autore-editore. Lo incontrai a Le Trottoir, ancora in corso Garibaldi. Veniva a presentare l’ultima saga delle Erinni, maggio 1997. Qualche mese prima aveva messo fuori un numero speciale di Lazzarus Ledd affiancato da Lazzaro Santandrea, il protagonista dei romanzi di Andrea G. Pinketts. Fu un’intervista breve, fatta credo tra le due e le tre di notte, nella quale raccontò i suoi esordi. Per questo ho voluto rispolverarla oggi.
Storie di donne sanguinarie, storie di vittime della giustizia, storie romantiche, storie ironiche. Da diciott’anni non fa che scriverne tutto il giorno, per poi affidarle alle mani di disegnatori di fumetti. Scrittore ed editore di se stesso è l’unico in Italia che riesca a tenere il passo dei fumetti di Sergio Bonelli, che con Dylan Dog si è conquistato anche una fetta del mercato estero.
“Lazarus Ledd”, “Il Potere e la Gloria” ed “Erinni” sono le tre perle che hanno permesso ad Ade Capone, trentotto anni vissuti sulla macchina da scrivere, di affermarsi come autore di assoluto talento. Ad accogliere l’ultima saga delle Erinni, donne serial killer, ci sono una sessantina di persone, tutte accalcate nel piano rialzato del Trottoir.
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«Questo successo con il pubblico mi soddisfa molto – afferma – soprattutto dopo duri anni di gavetta. Nei quali, per mantenermi, sono stato costretto a fare i lavori più diversi, dal bagnino all’istruttore di nuoto».
Comincia nel 1979 con l’Intrepido, che, per saggiare le sue qualità, gli commissiona storie d’amore e d’ironia. «A volte mi davano da scrivere storie su argomenti che non conoscevo, spesso assolutamente noiosi. E se manchi di entusiasmo e di passione non riesci a farcela. Il mio orgoglio è quello di non aver mai ceduto alla forza del denaro, di non aver mai voluto scrivere solo per fare soldi. Niente romanzi o fumetti porno, perché ho sempre voluto comunicare emozioni, anche forti, ma che non urtassero la coscienza della gente».
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Così, sette anni dopo, è proprio l’editore Bonelli a dargli fiducia, affidandogli le avventure di Zagor. «Fu il colpo che segnò la mia fortuna, perché io, fin da piccolo, ero stato un divoratore di quel fumetto». Di lì il passaggio alla Star Comics, che, volendo puntare su un prodotto italiano, gli chiede di inventare un nuovo soggetto. Nasce Lazarus Ledd, un eroe-disertore che lotta per riportare la giustizia. In tre mesi la creatura di Capone entra nella hit-parade dei migliori dieci fumetti più venduti in italia. Un successo che lo convince ad aprirsi una propria casa editrice, la Liberty, con la quale si pubblica “Erinni” e “Il Potere e la Gloria”. Oggi si è fatto un nome. Da scrittore; e da editore. Impresa non da poco in un mercato invaso e praticamente quasi saturo di fumetti giapponesi, i manga, e di supereroi americani. «In effetti prima di me c’era riuscito solo Luciano Secchi, o Max Bunker, come si fa chiamare, quando esordì con Alan Ford».
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Chi vuole percorrere la sua strada deve essere in grado di scrivere quanto lui, ben 1600 pagine ogni anno. Di pura fantasia e mai soporifere. Ma soprattutto essere dotato di una buona dose di pazienza, bussando alle porte di Bonelli, Marvel Italia e Star Comics, gli unici editori che lasciano spazio all’inventiva degli esordienti. «Se si è bravi – prosegue Capone – si possono vendere storie anche per qualche milione, se si tiene conto che ogni pagina viene pagata dalle 40.000 alle 50.000 lire. Ma credo che scrittori di fumetti si nasca. È una cosa che ti senti dentro fin da bambino, quando alle scuole elementari inizi ad abbozzare i primi romanzi. Così, per puro divertimento. Non credo agli scrittori che spuntano quando hanno trent’anni. E la selezione in Italia è ferrea, perché dominano incontrastati i soggetti stranieri, pubblicizzati anche da cartoni animati e gadget pubblicitari».
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C’è poi la lunga trafila di quelli che i fumetti vorrebbero solo disegnarli. A Milano c’è l’unica scuola in Italia finalizzata a formare professionisti del disegno da fumetto: «È un mestiere duro anche questo. Perché devi fare qualcosa che piaccia sia alla gente che a chi sceneggia le storie. – conclude Capone – Io ne ho cambiati almeno cinquanta. Ora, nel mio staff, ne ho venti. E non è per niente facile amalgamarli tutti in uno stesso soggetto. Mi sento un po’ calciatore e un po’ allenatore, devo fare gol e tenere affiatato il gruppo. Devo essere pure un po’ psicologo». Una faticaccia: «Ma anche una soddisfazione. Perché crei nuovi universi, nuove realtà che permettono al lettore di immedesimarsi, di vivere con te le tue stesse emozioni».
Gigi Montero