“I virus possono diventare più aggressivi e pericolosi quando si usano vaccini ‘imperfetti’, ovvero vaccini che prevengono la malattia ma non la trasmissione del virus ad altri individui”. Non sono le parole di un novax. Ma i termini esatti con cui l’Ansa presentò una scoperta del 2015. Come andrà con i vaccini per il Covid, che non fermano i contagi?
La scoperta la fecero gli scienziati inglesi e americani. Correva l’anno 2015. E la notizia fece il giro del mondo. L’Ansa la presentò così: “I virus possono diventare più aggressivi e pericolosi quando si usano vaccini ‘imperfetti’, ovvero vaccini che prevengono la malattia ma non la trasmissione del virus ad altri individui”.
Più nel dettaglio, l’agenzia spiegava, il 28 luglio 2015:
I virus possono diventare più aggressivi e pericolosi quando si usano vaccini ‘imperfetti’, ovvero vaccini che prevengono la malattia ma non la trasmissione del virus ad altri individui. Lo hanno scoperto i ricercatori statunitensi della Penn State University e i britannici del Pirbright Institute studiando gli esiti della vaccinazione dei polli contro la malattia di Marek causata da un herpes virus.
Alla luce di questi dati, pubblicati su Plos Biology, i ricercatori lanciano l’allerta, sia per i vaccini usati negli allevamenti che per i futuri vaccini umani contro Hiv, malaria ed Ebola.
”I vaccini che funzionano perfettamente, come quelli contro vaiolo, polio, orecchioni, rosolia e morbillo, sono capaci di prevenire la malattia e anche la trasmissione del virus”, spiega il coordinatore dello studio, Andrew Read. L’azione di questi vaccini è efficace perchè mima la forte immunità che l’organismo sviluppa naturalmente dopo essere stato esposto al virus. ”I vaccini imperfetti, invece – precisa Read – consentono al virus di sopravvivere, circolare ed evolvere verso forme più aggressive”. Questo è stato osservato con il vaccino contro la malattia di Marek nei polli, ma lo stesso potrebbe valere anche per il vaccino contro l’influenza aviaria che viene usato negli allevamenti del Sudest asiatico per evitare l’abbattimento degli animali.
Identificare per tempo i vaccini ‘imperfetti’ è dunque fondamentale, non solo per la sicurezza degli allevamenti, ma anche per la salute dell’uomo. ”Stiamo iniziando a sviluppare una nuova generazione di vaccini che potrebbero essere imperfetti – afferma Read – perchè mirati contro virus che non inducono una forte immunità naturale, come nel caso dell’Hiv e della malaria”. Anche il caso Ebola, secondo i ricercatori, richiede più attenzione: ”nessuno vorrebbe che un virus così letale potesse diventare ancora più aggressivo per colpa di vaccini imperfetti”.
Lo studio è questo (SCARICA), vanta 186 citazioni e lo trovate anche nella nostra sezione ARCHIVIO DOCUMENTI COVID-19.
Sostanzialmente vi si afferma che è assodato che i virus per selezione naturale tendano a diventare meno letali con il tempo, perché uccidendo l’ospite muoiono anche loro. Tuttavia un vaccino che non ne impedisce la replicazione e la trasmissione allenta questa selezione naturale e li può rendere più aggressivi.
I vaccini contro il Covid
Ora, com’è ormai acclarato, i vaccini anticovid rientrano esattamente in questa definizione di “vaccini imperfetti”, in quanto non impediscono il contagio e la trasmissione del virus, tanto che ci si ammala, si contagia e si può morire anche dopo due dosi. Israele, che è molto più avanti di noi con le vaccinazioni, e dove la quasi totalità degli adulti nel Paese è vaccinata, sta vivendo una nuova ondata di positivi, ricoveri e morti. Ovvero, dopo un primo drastico calo dell’epidemia, sono subentrate varianti più contagiose che hanno riportato indietro la lancetta dell’orologio. Tanto che lì sono ormai 2,15 milioni i vaccinati con la terza dose di Pfizer.
Come racconta il Jerusalem Post, ieri si sono contati 10947 contagi, con un tasso di positività del 7,65%. Solo il 18 gennaio si erano registrati più di 10mila casi in un giorno: allora furono 10118.
Tuttavia, a gennaio si contavano 1400 morti e 1200 pazienti in terapia intensiva. Questo mese, invece, i morti sono 520 e 756 i pazienti gravi. Il che, tuttavia, in una popolazione già avanti addirittura con la terza dose, desta più di una perplessità sull’assoluta efficienza di questi vaccini. E lo studio del 2015 lascia pensare: questi “vaccini imperfetti” potrebbero favorire varianti più pericolose?
Manuel Montero