Dopo l’annuncio da parte del governo di voler introdurre il green pass vaccinale quale condizione per poter partecipare a svariati momenti della vita sociale, si ascoltano, non solo a ruota libera sui social, ma su tutti i media, obiezioni sull’utilità della diffusione su larga scala dei vaccini anti covid 19. Esaminiamole.
1) Il vaccino non protegge dai contagi e non protegge gli altri. Ti puoi comunque infettare ed ammalare, anche in modo grave, e contagiare altre persone.
Questo discorso, in sé vero, trascura che la vaccinazione non garantisce mai l’invulnerabilità dal virus contro cui si rivolge. I vaccini proteggono da una malattia diffusa e pericolosa, e dalla morte a seguito della stessa, la grande maggioranza ma non la totalità della popolazione. Le statistiche che lo dimostrano, per quanto riguarda il vaccino contro la “sars-cov2”, sono ormai innumerevoli e incontestabili. Si potrebbe anche decidere, in assenza dell’auspicata immunizzazione generale, di rinunciare ai vaccini, ma questa alternativa l’abbiamo sperimentata nel corso di tutto il 2020: sistema sanitario sopraffatto da un’ondata crescente di ricoverati e malati gravi (molti dei quali muoiono), con necessità, per evitare il collasso dei presidi medici pubblici, di ricorrere al distanziamento sociale attraverso il lookdown, mettendo in ginocchio l’economia.
Cosa raccontano le statistiche sulla vaccinazione? Parla il dottor Mario Martinetti
2) Il vaccino, come confermano le istituzioni sanitarie e le stesse aziende produttrici, è ancora in fase sperimentale e non si sa nulla degli effetti a lungo termine.
Per rispondere a questa obiezione, mi rimetto alle dichiarazioni rilasciate dal professor Silvio Garattini, insigne esperto di farmacologia noto per la sua posizione critica verso e le distorsioni dell’ industria farmaceutica e l’abuso ingiustificato dei medicinali, in un’intervista in risposta alle critiche rivolte dal professor Cacciari sulla Stampa al “green pass”.
Garattini afferma che le tappe fondamentali della sperimentazione per il vaccino anticovid sono state rispettate come per qualsiasi altro farmaco analogo. L’emergenza pandemica ha comportato solo uno svolgimento accelerato della sperimentazione. E’ vero che, come si legge nel documento integrale Pfizer i i test per stabilire genotossicità e cancerotossicità dei vaccini in uso termineranno solo nell’ottobre del 2022. Ed è anche vero che il Ministero della Sanità ha dichiarato che la somministrazione del vaccino è subordinata a condizioni e vale in via provvisoria per tre anni.
Va comunque tenuto presente che, fino a quando la diffusione di un vaccino, come di qualsiasi farmaco, non avviene su larga sala per un lasso di tempo significativo, la dimostrazione che lo stesso non ha effetti dannosi a lungo termine è impossibile. Naturalmente, è impossibile anche la dimostrazione contraria. Sui vaccini antinfluenzali, comunque, si ha una consolidata esperienza di non nocività a medio lungo termine. A fronte di questo vi è già oggi, con riguardo al covid 19, l’inconfutabile evidenza della sua pericolosità per la salute e dei gravi danni economici e sociali che produce il suo libero correre.
3) Il vaccino, utilizzato su larga scala, tende a stimolare il formarsi di varianti più resistenti. La vaccinazione di massa durante la pandemia è un errore.
Su questo aspetto, lascio la parola al dottor Mario Martinetti, specialista in anestesia e dirigente medico di Terapia del dolore a Cure Palliative presso l’ospedale di Sarzana, già intervenuto più volte su Fronte del Blog sui problemi della pandemia (vedi questo post del 27 luglio 2021, questo del 13 novembre 2020, e questo del 26 marzo 2020) con precisione e competenza: “Non è vero che i vaccini inducano la formazione di nuove varianti, casomai possono favorirne la selezione, per il semplice fatto che le mutazioni sono casuali, emergono cioè casualmente. In seguito poi possono prendere il sopravvento se esse sono favorevoli al virus (o batterio) in oggetto. Quindi, se quel dato virus incontra un soggetto con anticorpi, l’eventuale mutazione più favorevole nello sfuggire a quegli anticorpi potrà essere avvantaggiata nella replicazione e quindi essere selezionata come nuova variante. Il punto fondamentale però è proprio questo: i soggetti con anticorpi non sono solo quelli vaccinati, ma lo sono anche tutti i soggetti che si sono ammalati più o meno gravemente, e che poi fortunatamente sono guariti. Pensiamo solo al fatto che la variante Alfa (Inglese), è emersa a Settembre 2020 ed è diventata predominante a Dicembre 2020, quando praticamente non era stata fatta alcuna dose di vaccino. Analogamente la variante Delta (quella indiana), si è sviluppata in India quando il livello di vaccinazione era bassissimo (circa 100 milioni su una popolazione di 1,3 miliardi di persone). Il vero fattore favorente la formazione di varianti è la circolazione del virus, che attualmente (vedi dati dall’Inghilterra) avviene in larga misura tra i non vaccinati, poi tra le persone vaccinate con una dose, mentre è bassissima tra le persone vaccinate con due dosi. Quindi l’affermazione “non si vaccina durante una pandemia”, oltre che essere infondata, non ha altre pratiche alternative.”
Il Covid nella prima e seconda ondata: così il dottor Mario Martinetti aveva previsto tutto
4) Esistono diversi diversi validi protocolli di cura del Covid, molto più efficaci e meno costosi della vaccinazione di massa
Ancora il dottor Martinetti:“Premesso che la vaccinazione è una profilassi, quindi come tale è unica e insostituibile, attualmente non esistono validi protocolli di cura del Covid. Nella terapia, ovvero quei provvedimenti atti a far guarire una persona già ammalata, si sono certamente fatti enormi passi in avanti, ma non per la scoperta di nuovi e specifici farmaci, che al momento non ci sono. E’ migliorata la determinazione delle dosi e del timing di utilizzo dei vari farmaci a disposizione, che sarebbe lungo e tecnicamente complesso esaminare. Un discorso a parte meritano il plasma convalescente del dottor Giuseooe De Donno, tornato prepotentemente alla ribalta per la sconvolgente scomparsa di questo collega, e gli anticorpi monoclonali. La terapia del dottor De Donno ha mostrato efficacia nelle fasi iniziali della malattia, cioè quando un paziente non ha ancora segni di aggravamento. Purtroppo gli studi a livello mondiale, soprattutto in America, hanno chiarito che i pazienti gravi non trovavano alcun giovamento dal plasma convalescente, esattamente come dall’uso degli anticorpi monoclonali, che vanno utilizzati nelle primissime fasi dell’infezione e nessun effetto hanno invece nei pazienti più gravi. Gli anticorpi monoclonali sono molto più “maneggevoli” del plasma convalescente, e ed è per questo che la ricerca si è indirizzata verso questo tipo di terapia. Il plasma convalescente e gli anticorpi monoclonali non sono altro che una immunizzazione passiva, cioè forniscono anticorpi ad un organismo attaccato da un virus o un batterio. La stessa cosa fa il vaccino, realizzando però una immunizzazione attiva, stimolando cioè nell’organismo la produzione autonoma di anticorpi contro quel dato microrganismo. Al momento gli anticorpi monoclonali non si possono considerare terapia di massa per il loro costo elevato. Va aggiunto che sono incompatibili con una cura a livello domiciliare, anche perché devono essere somministrati per via endovenosa. Tempo fa avevo lanciato un pubblico appello di sensibilizzazione affinché venissero allargate le indicazioni per l’uso degli anticorpi monoclonali, che al momento sono troppo restrittive, e che quindi questa terapia venisse estesa ad una fascia maggiore di persone. Appello inascoltato.”
Guarda gli ultimi libri di Rino Casazza – QUI