Dai 600 euro di bonus dell’Inps, già chiesti indietro senza giustificazione, alle sanzioni salatissime comminate anche a chi si accorge di aver fatto un errore e rinuncia al sostegno. Tutti i rischi per chi accetta i risarcimenti (ridicoli) del governo
Non so se vi ricordate l’inutilissimo bonus mobilità. Invece di indennizzare adeguatamente le attività chiuse dal lockdown, il Governo Conte bis iniziò a sperperare montagne di denaro pubblico in una serie di iniziative grottesche. Il bonus mobilità era in cima alla lista. Quali problemi legati alla pandemia risolvesse, nessuno lo ha mai capito. Di fatto, dopo aver offerto a chi viveva nelle grandi città la possibilità di comprarsi biciclette e monopattini con sconti del 60%, scoppiò lo scandalo. Li chiamarono i furbetti dell’incentivo per coprire la demenza del decreto. In sostanza era emerso come diverse persone che avevano comprato il monopattino con il bonus se lo fossero rivenduto guadagnandoci su. Il ministero dell’ambiente tuonò adirato, annunciando di aver coinvolto la guardia di finanza per vigilare, minacciando nientemeno che severe punizioni. Senonchè, si trattava di uno spauracchio bello e buono, perché da nessuna parte è scritto che ciò che è mio io non lo possa rivendere. Per fortuna non abitiamo in una grande città e ci siamo evitati così bonus e successivi controlli della finanza per verificare che ciò che è mio è mio e ne faccio ciò che mi pare.
Però questo era un segnale utile per ogni cittadino: non accettare le caramelle da uno sconosciuto, nello specifico, lo Stato. Perché domani te ne chiederà conto. Gli esempi, nei mesi successivi, hanno prontamente confermato un modus operandi presto diventato consuetudine del governo: ovvero offrire l’elemosina pubblica agli italiani, ma a nostro rischio e pericolo. Partiamo da un altro bonus, quello dei 600 euro dell’Inps. Non hanno certamente cambiato la vita di nessuno, più che risarcimenti erano appunto caramelle. Però tanti, pur di sopravvivere, si sono fatti il loro click day, con tanto di crash del sito istituzionale, e alla fine li hanno percepiti e spesi per tirare a campare. Bene. A febbraio, come ha denunciato il Centro Studi Fiscal Focus, l’Inps ha cominciato a chiederli indietro. Il motivo? Non si sa.
Spiega a Il Giorno Antonio Gigliotti, fondatore del Centro: «Il punto è che dalla comunicazione non è possibile evincere quale sia la circostanza posta a base della contestazione della mancata spettanza dell’indennità. Le uniche informazioni fornite sono la natura dell’indennità contestata, il suo ammontare, l’importo da versare, le modalità di pagamento e come fare, eventualmente, ad ottenere chiarimenti». Praticamente con una mano te li danno e con l’altra te li levano, senza spiegarti perché. Finita qui? Macchè, è solo l’inizio. Nel 2020 avete chiesto i soldi a fondo perduto perché le vostre attività sono andate sotto a causa del lockdown cui il governo vi ha costretto? Non è stato facile chiederlo, anche perché fare i conti era tutt’altro che semplice. E non lo diciamo noi, lo spiegava l’Agenzia delle Entrate sul proprio sito a proposito dei commercianti al dettaglio, ovvero i più colpiti dalla crisi: «poiché può risultare difficoltoso il calcolo delle fatture e dei corrispettivi al netto dell’Iva, l’importo può essere riportato al lordo dell’Iva, ricordandosi di applicare la stessa regola sia con riferimento al 2019 che al 2020».
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Dunque, se avete sbagliato i conti, difficile per la stessa ammissione dell’erario, ma ve ne siete accorti, e rinunciate, potete restituire l’importo indebitamente percepito? Quasi: «Il soggetto che ha percepito il contributo in tutto o in parte non spettante, anche a seguito di presentazione di istanza di rinuncia, può regolarizzare l’indebita percezione, restituendo spontaneamente il contributo» ma aggiungendo «i relativi interessi e versando le relative sanzioni mediante applicazione delle riduzioni del ravvedimento operoso». Cioè vi promettevano una miseria, ne avete presa una parte e quando la volete restituire perché vi siete accorti dell’errore dovete comunque pagare interessi e sanzioni. E se da un controllo domani salta fuori un errore anche parziale sui vostri contributi a fondo perduto, la sanzione va dal 100 al 200% dell’importo.
Ora, dato che non si parla di milioni, ma per la maggior parte di cifre ridicole, bisognerebbe avere un’idea più precisa. Eccola: «Nel caso di contributo erogato di importo inferiore a 4.000 euro, la sanzione amministrativa da 5.164 euro a 25.822 euro, con un massimo di tre volte il contributo indebitamente percepito». Ma volendo, rischiate pure il carcere. Quindi, avete accettato le caramelle e se non vi ha rovinato il lockdown ci pensa l’erario a sotterrarvi definitivamente. Per essere molto chiari, questo è lo stesso criterio previsto dal Decreto Sostegni per la concessione dei famigerati mille euro in media alle partite iva. Ne vale la pena? Vi costringono a non lavorare. Chiedete un aiuto con cui tirerete avanti un mese. Ma entrerete in una spirale di controlli e angosce. E rischi e nuove paure. Eppure, con la fatturazione elettronica lo Stato può sapere nel giro di qualche click se un utente abbia o meno il diritto ad un indennizzo, senza scatenare l’inferno dopo averlo erogato. Se non lo fa, ci sarà un motivo.
Dal Momento di Cronaca Vera