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San Valentino è anche l’anniversario della morte di Marco Pantani, morto nel 2004

Il Pirata è morto, ma è sempre presente col suo ciclismo epico e leggendario

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“Nell’estate 1999 (per intenderci quella di Madonna di Campiglio, quella del fermo d’ufficio precauzionale causa il tasso d’ematocrito nel sangue eccessivamente elevato) incontrai a Cesenatico, dopo aver ricevuto dallo stesso una lunga telefonata, Marco Pantani. Parlammo per ore, voleva sostanzialmente che la Federciclo lo affiancasse per gridare al complotto nei suoi confronti. Avrei invece preferito che il suo controverso caso, rappresentasse lo spunto per lanciare un cambio di rotta, con Pantani nelle vesti di testimonial”.

Parlava così Gian Carlo Ceruti, (cremasco doc a quei tempi presidente della Federazione italiana ciclismo), a margine della presentazione di un libro, durante una serata organizzata dall’associazione culturale “Caffè Letterario” del giornalista Paolo Gualandris, nell’inverno (precisamente era lunedì 2 febbraio: 12 giorni prima della drammatica fine del Pirata, trovato morto la sera del 14 febbraio in un residence della Romagna) 2004.

Il territorio Cremasco al ciclismo ha sempre dato parecchio: Pierino e Adriano Baffi, Francesco Arazzi, Marco Villa, Ivan Quaranta, Devid Garbelli, Serina, Alessandro Guerra e tanti altri ancora. Quaranta (era considerato, alla fine degli anni Novanta l’erede del Re Leone Mario Cipollini) tra l’altro con Pantani era pure in buoni rapporti. Ecco, da un’intervista rilasciata da Ivan Quaranta al Blog Sussurrandom mesi fa, parte del suo pensiero su quel mondo agli inizi degli anni Duemila:

Torniamo virtualmente indietro ai tuoi tempi: non ti dà fastidio quando qualche tuo ex collega, solo per fare un nome Armstrong, scrive e dice che … praticamente eravate tutti dopati?

Certo che mi infastidisce questa cosa. E non sai quanto. Non si dovrebbe mai sputare sul piatto dove si è mangiato, ed è un vero peccato invece che in tanti, non solo Lance, lo facciano. Tempo fa  fui contattato dai collaboratori di una nota trasmissione televisiva per rilasciare interviste diciamo compromettenti, allusive, mi offrirono denaro per sparlare: circa 50mila euro. Ma non accettai tale proposta, al contrario di chi, in cerca di visibilità o di vendere un libro, parla e scrive tranquillamente mettendoci in mezzo di tutto, alludendo, sussurrando, amplificando, tirando il sasso e nascondendo la mano. Ho lavorato sodo per gareggiare a certi livelli, nessuno mi ha regalato nulla e non mi sono dopato. Eravamo controllatissimi a quei tempi e per la legge dei grandi numeri, facendo tanti controlli, inevitabilmente trovavano dopati.

Ceruti è purtroppo morto, causa il maledetto Covid 19, nella primavera 2020.

E’ quindi bello immaginarlo ora, per le vie infinite del cielo, insieme a Pantani e (perché no?) a Candido Cannavò (non fu mai tenero, il mitico direttore della Gazzetta, con Ceruti durante il suo mandato ciclistico federale) a discorrere di sport e pedali.

Presidente della Federciclismo dal 1997 al 2005, giornalista, scrittore, ex sindacalista: queste e tante altre cose è stato Gian Carlo Ceruti, colui il quale al ciclismo ha dato parecchio, schierandosi sempre in prima fila nella lotta al doping.

Stefano Mauri

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Stefano Mauri

Stefano Mauri nato a Crema nel gennaio 1975, mese freddo e nebbioso per eccellenza. E forse anche per questo, per provare a guardare oltre la nebbia e per andare oltre le apparenze, con i suoi scritti prova a provocare, provocare per ... illuminare. Giornalista Free Lance, Sommelier, Food and Wine Lover, lettore accanito, poeta e Pierre appassionato, Stefano Mauri vive, lavora, scrive, degusta, beve e mangia un po' dappertutto. E ovunque si prefigge lo scopo di accendere se non una luce, beh almeno un lumino, che niente è come sembra, niente. Oltre a collaborazioni col mondo (il virtuale resta una buona strada, ma non è La Strada) web, Stefano Mauri, juventino postromantico e calciofilo disincantato, collabora con televisioni, radio e giornali più o meno locali. Il suo motto? Guardiamo oltre, che dietro le apparenze si cela il vero mondo.

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