https://www.youtube.com/watch?v=DOsXnlrudNI&t=2135s
Ho avuto il piacere di essere ospitato a “Intervista con l’autore”, rubrica ideata dagli scrittori Adelaide Camillo e Salvatore Gargiulo, per parlare di Quelle notti sadiche. Approfittando del fatto che il terribile assassino protagonista del romanzo, “Bart lo Stupratore” è un serial killer all’ennesima potenza, abbiamo allargato il discorso al tema, angoscioso ma affascinante, di questa categoria di criminali, non solo d’invenzione ma reali. Ecco il video dell’incontro e, per l’occasione, un capitolo del romanzo
Notte inquieta
«Ha visto che un po’ di “controspionaggio” a volte servirebbe, dottor Senzali?» esordisce Colani, affabilmente beffardo benché abbia pochi motivi di buonumore.
«Eh?» Il magistrato, dall’altro capo del filo, resta interdetto.
Una telefonata dal Commissario se l’aspettava, dopo l’improvviso aumento d’interesse che il TG di Antenna Orobica aveva prodotto attorno al delitto del casello.
«Mi riferisco ai miei timori di stamane, da lei sottovalutati, sul rischio di fughe di notizie.» spiega Colani.
Senzali di colpo capisce e, impermalosito, rimane in silenzio.
«Perché non parla? Guardi che non volevo accusarla d’aver fatto la soffiata. Come potrei, se sto per rassegnare le dimissioni, confessando che sono stato io?» aggiunge Colani, in tono così credibilmente serio che Senzali esclama: «Non starà dicendo davvero!»
«Be’ sì, mi hanno pagato profumatamente l’informazione, ero stufo di guadagnare quattro soldi in Polizia… Scherzi a parte, l’ho chiamata per riconoscere che stamattina aveva ragione.»
«Come?!»
«Dico sull’affidabilità dei presenti sul posto: non è stato nessuno di loro a divulgare la notizia del biglietto.»
«E lei come lo sa?»
«Ho ricevuto poco fa la telefonata del direttore delle news di Antenna Orobica.
Dopo aver incassato il suo picco di ascolti, quell’innominabile squalo dell’informazione fa il beau geste di rivelarci la sua fonte: il serial killer in persona.»
«Eh?!»
Compiaciuto dello sbalordimento di Senzali, Colani si distende sulla poltrona. Per non disturbare il sonno dei figlioli, addormentatisi a fatica, è riparato in pigiama, pantofole ai piedi e cordless in pugno, nel salotto di casa. Con il riscaldamento sui ventidue gradi, il silenzio ovattato e le luci intermittenti dell’albero di Natale che disegnano arabeschi nella penombra, ci si potrebbe persino sentire in perfetto relax, lì, se non fosse per la faccenda sempre più orribile che sta rivelandosi quell’inchiesta.
«Sì. Mentre stavano preparando il notiziario della sera hanno trovato nella casella postale una busta anonima contenente un foglio che riporta, su un lato, lo stesso disegno e la scritta trovati sul corpo delle vittime, sull’altro la frase “Firmerò così anche la prossima”.»
La feroce spavalderia del messaggio lascia di nuovo senza parole Senzali.
Colani aggiunge: «Non è tutto. A conferma dell’autenticità della lettera, nella busta c’era un regalino che solo il vero maniaco poteva possedere.»
«La catenina d’oro mancante!»
«Per la precisione, non tutta la catenina, ma solo la medaglietta d’oro che vi era appesa, con inciso il gruppo sanguigno della povera vittima.»
In quel momento, la porta della sala si schiude e sulla soglia compare Patrizia in camicia da notte, con i capelli in disordine e un’espressione a metà tra lo stanco e il contrariato. «Sei ancora qui?» sussurra. «Perché non vieni a letto?»
Ha ragione da vendere: la giornata è stata faticosissima per entrambi. Quella telefonata, del resto, non era indispensabile: avrebbe potuto aggiornare Senzali l’indomani.
Fa cenno col dito a Patrizia di aver bisogno di un minuto ancora. Prendendolo alla lettera, lei attraversa stancamente la stanza e va a sederglisi vicino, in attesa che chiuda la conversazione. Un modo indelicato di mettergli fretta, ma Colani non riesce a irritarsene: le mancanze di tatto di lei, dovute non si capisce se a svagatezza o a sottile astuzia, gli piacciono. Sono specchio di un “malizioso candore”, come ama definirlo, intonato al fisico minuto ma piacevolmente sodo, anche a più di quarant’anni. E al viso dai tratti un po’ anonimi, a parte i begli occhi chiari, capace di aprirsi a balenii di insospettabile vivacità.
Senzali interrompe il lungo attimo di compiacimento coniugale. «C’è ancora, Colani? Non ho capito una cosa: allora anche il soprannome è farina del sacco del maniaco?» «No: quello è copyright di Antenna Orobica,» risponde. «Anche se ho l’impressione che a un pazzo sanguinario come quello l’appellativo “Bart lo Stupratore” non dispiaccia affatto. Va be’ dottore, mi scus per il disturbo, ma mi sembrava giusto metterla al corrente. Le auguro buona notte. A domani!»
«Perché lo chiamate così, quel mostro?» chiede Patrizia, appena riattacca. Costretta a occuparsi dei figli mentre il marito si dedicava a quell’appendice d’indagine, non aveva avuto modo di approfondire l’argomento con lui.
Patrizia apre gli occhi nel buio.
Quando è molto stanca, invece di fare un sonno tutto filato sino al mattino, spesso le accade di svegliarsi nel cuore della notte.
Avverte subito che in camera, oltre al marito che respira leggero e regolare accanto a lei, c’è un’altra presenza.
Ma è troppo tardi.
Una lama di coltello le si appoggia alla gola, paralizzandola.
Con la coda dell’occhio riesce a distinguere vicino alla sponda l’incombere di una sagoma scura.
Un imperioso movimento della lama la costringe a torcere il capoda quella parte, e quasi sviene per il terrore.
Chino su di lei sta un viso enigmatico e minaccioso, coperto da un cappuccio forato, all’altezza degli occhi, da un paio di spesse lenti con montatura protettiva, come quelle dei saldatori.
L’affilato pugnale che l’uomo mascherato regge con la destra continua a premere contro la gola, forzandola a spostare la testa sinché può abbracciare con lo sguardo tutta la figura di lui.
Con un brivido si accorge che il tocco della lama è umido e appiccicoso, come se se fosse stata intinta in un liquido, quale? ma altre sorprese le impediscono di soffermarsi su quel pur inquietante particolare.
Lo spaventoso personaggio porta sulle spalle un ampio mantello, che gli copre l’intera persona.
Proseguendo nelle manovre esibizionistiche, con l’altra mano ne scosta i lembi, scoprendo l’assurdo costume che indossa. Una poderosa armatura di metallo, elegantemente istoriata di decorazioni, gli copre il busto e la pancia sino all’inguine, sotto il quale punta uno sgargiante gonnellone di velluto ricadente a metà coscia sulle gambe inguainate in una calzamaglia di lana.
La gigantesca elsa dello spadone appeso alla cintura di cuoio risale il fianco sinistro della corazza sino all’altezza dello stomaco.
Come ritenendo soddisfacente la visione offerta di sé, l’uomo ritrae la lama dalla gola e lei d’istinto ne approfitta per rialzare un poco il busto, appena in tempo per cogliere l’avambraccio di lui caricarsi all’indietro per sferrarle una rabbiosa pugnalata in pieno viso.
Chiude gli occhi cacciando un urlo con tutto il fiato che ha.
«Oddio!» urla di rimando Elio, balzando a sedere sul materasso direttamente dal mondo dei sogni, il cuore in tumulto e le vene frustate dall’adrenalina.
Si volge dalla parte di Patrizia e la trova nella stessa sua posizione, ansante, il volto sudato e stravolto.
«Ma che hai? Mi vuoi far prendere un colpo?»
Patrizia guarda con allucinato stupore ora lui ora di fianco alla sua parte di letto. Poi allunga la mano verso il comodino, tastandolo in cerca dell’interruttore dell’abat-jour, che infine rischiara con la sua luce soffusa la stanza vuota.
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