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Giorgio d’Asburgo: “Mai più l’Europa in guerra”

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L’arciduca, attualmente presidente della Croce Rossa Ungherese, per anni è stato Ambasciatore Speciale dello Stato magiaro presso la Comunità Europea, racconta i fatti tragici della Prima Guerra mondiale e come fare per evitarne un’altra.

Eugenio Parisi con Giorgio d'Asburgo
Eugenio Parisi con Giorgio d’Asburgo

 

Cento anni fa scoppiava la Prima Guerra Mondiale. Tutto iniziò a fine Luglio del 1914 quando in una manciata di giorni, contro ogni previsione dei politici dell’epoca, con un effetto domino entrarono in guerra uno contro l’altro quasi tutti i Paesi del vecchio continente. In un battibaleno entrano nella lotta anche Paesi al di fuori dei confini europei così che il conflitto divenne mondiale. Italia e Stati Uniti si tennero per qualche mese fuori, poi anche loro gettarono i loro eserciti nella mischia. Ora in tutti i Paesi del vecchio continente si stanno tenendo, manifestazioni e convegni di studio per ricordare quei fatti tragici ed evitare che mai più i Paesi d’Europa scendano in Armi tra di loro.

Impegnati in quest’opera positiva vi sono anche gli Asburgo Lorena la cui dinastia era a capo dell’Impero Austro-Ungarico, protagonista primario di quel conflitto. Tra i più attivi vi è l’arciduca Giorgio d’Asburgo, attualmente presidente della Croce Rossa Ungherese, che per anni è stato Ambasciatore Speciale dello Stato magiaro presso la Comunità Europea. Giorgio 49 anni, vive a Budapest. Suo nonno, Carlo I, fu l’ultimo imperatore dell’Austria-Ungheria, mentre suo padre, Otto d’Asburgo, ancora bambino fu principe ereditario al trono e visse gli ultimi anni della storia millenaria dell’Impero.

Altezza, sono tante le iniziative per ricordare lo scoppio della prima guerra mondiale e voi Asburgo siete chiamati a presenziarvi.

«Sì, un po’ in tutta Europa richiedono la nostra partecipazione, anche in Italia. A fine Giugno sono stato a Tarvisio dove le autorità locali hanno organizzato sul monte Lussari a 1990 metri d’altezza una cerimonia per ricordare l’uccisione a Sarajevo di mio Zio Francesco Ferdinando e di sua moglie. Quella montagna luogo metafora dell’incontro di tre culture la Latina, la Germanica e la Slava oggi è simbolo del desiderio di Pace tra le genti d’Europa».

Suo padre Otto era figlio di Carlo l, ultimo imperatore d’Austria e Re d’Ungheria, cosa ricordava degli anni della guerra e degli avvenimenti che visse in quei mesi convulsi la Famiglia Imperiale?

«Mio padre aveva due anni quando furono assassinati a Sarajevo l’arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie. A seguito di quei fatti mio nonno Carlo e mio padre Otto divennero eredi al trono imperiale e reale. Di quei fatti papà aveva però dei ricordi un po’ sbiaditi dovuti alla giovane età. Quello che gli rimase impresso era che all’improvviso suo padre non era più presente come prima. Divenuto prima erede e poi Imperatore era sempre in viaggio e lo si vedeva pochissimo.  Mio padre Otto però aveva memoria dell’affetto verso di lui dell’Imperatore Francesco Giuseppe con cui fece una foto. Ricordava poi come un flash quando mio nonno Carlo e mia nonna Zita, nel 1916 salirono al trono. In quell’occasione mio padre aveva 4 anni; fu vestito da arciduca ereditario e fu fotografato sul trono insieme con i genitori».

Suo padre Otto aveva memoria degli avvenimenti della Guerra?

«Aveva una reminiscenza della disfatta degli avversari italiani a Caporetto. In casa si pregava per la fine delle ostilità anche perché mio nonno era rimasto scosso dalle carneficine dei nostri soldati e di quelli avversari che si stava consumando sui fronti di battaglia ed aveva avviato trattative di pace ignorate però da tutti gli altri contendenti. Mio nonno Carlo era intimamente convinto della giustezza di quanto affermato dal Pontefice dell’epoca, Benedetto XV, che definì la I guerra mondiale  “una inutile strage”. A quel giudizio si è richiamato anche Papa Francesco nel ricordare quel tragico Luglio del 1914. Mio nonno pagò il suo impegno per la pace ricevendo incomprensioni tra gli alleati e anche odio tra gli avversari. Finita la guerra, fu esiliato a Madera dove si ammalò morendo nel 1922. Giovanni Paolo ll nel 2004 lo ha proclamato “beato”».

Suo padre Otto aveva 10 anni quando suo nonno Carlo si spense. Dopo arrivò il nazismo. Come si comportarono gli Asburgo?

«Negli anni 30 mio padre, profondamente democratico criticò senza mezzi termini il nazismo venendo per questo condannato a morte da Hitler. Con la famiglia si rifugiò in America da cui rientrò dopo il 1945 divenendo sino alla sua morte, avvenuta nel 2011, un “vate” unanimemente riconosciuto tale, dell’Europa Unita».

E’ diversa l’Europa di oggi da quella del 1914 ?

«Le condizioni politiche sono totalmente diverse anche se l’Unione Europea è un organismo per molti versi somigliante a quello che era l’Impero Asburgico. Come nella Duplice Monarchia, l’Unione Europea è una realtà in cui convivono popoli diversi caratterizzati da differenti culture e religioni».

L’Europa vive un momento di crisi?

«Sono i singoli paesi aderenti all’Unione che vivono momenti difficili non l’Europa comunitaria che anzi sta aiutando gli Stati membri a tirarsi fuori dai guai. Quello che però va detto è che l’Europa sente la mancanza di grandi leader politici come quelli che ne furono i padri fondatori. Diciamo che rispetto a quelli uomini ora ci sono pigmei».

La Grande Guerra del 14-18 fa sentire la sua influenza sull’Europa di oggi?

«“A Sarajevo uno sparo lungo cent’anni” così il vostro settimanale L’Espresso ha titolato una intervista a mio fratello Carlo. Ritengo quel titolo abbastanza verosimile perché molte delle problematiche dell’Europa di oggi e del Vicino Oriente, soprattutto quelle che investono alcune aree di crisi ed instabilità politica, trovano origine nelle questioni irrisolte dei primi anni del secolo passato».

Eugenio Parisi 

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Eugenio Parisi

Eugenio Parisi è giornalista pubblicista. Vive a Roma. Iscritto all'Albo professionale appena compiuti i diciotto anni, è esperto di famiglie reali e della storia dei Presidenti degli Stati Uniti d'America. Sin da ragazzo, avendo potuto frequentare alcuni esponenti della famiglia imperiale Etiope e di quella degli Asburgo, è particolarmente ferrato sugli argomenti che attengono alla storia recente dell'Impero Austro-Ungarico e all'Africa Orientale di cui ha scritto su alcuni settimanali italiani. Appassionato d'Europa, è tra i dirigenti della Paneuropa Jugend ed ha rapporti con esponenti della CSU bavarese di cui è studioso.

ommenti

  1. Scusi, avrei delle annotazioni da farle circa il suo articolo:

    E’ grossolano sostenere che la I° Guerra Mondiale iniziò “contro ogni previsione dei politici dell’epoca”. Se si guarda la “rotta” economica dei principali paesi europei, primi fra tutti proprio Germania e l’Impero Ausrto-Ungarico, si intuisce senza difficoltà che il conflitto era previsto nonchè piuttosto desiderato (non a caso si fa riferimento all’attentato di Sarajevo solo come un casus belli). Le necessità economiche e le politiche del tempo infatti esigevano un conflitto. Conveniamo poi sul fatto che parte (ma solo parte) dell’effetto domino non fu senza dubbio soppesato a dovere.
    Sulla questione della necessità di un’Europa “mai più in guerra” mi trovo costretto a farle notare che dalla fine dei conflitti mondiali l’Europa non ha mai trovato effettivamente la pace; anche escludendo gli interventi e gli aiuti di carattere militare condotti dalle nostre nazioni all’estero saltano subito alla mente eventi come la questione irlandese o la guerra del Kosovo, che dimostrano inequivocabilmente i forti squilibri in un Unione-non Unione.

    Infine (ma solo per non dilungarmi troppo)
    «Le condizioni politiche sono totalmente diverse anche se l’Unione Europea è un organismo per molti versi somigliante a quello che era l’Impero Asburgico. Come nella Duplice Monarchia, l’Unione Europea è una realtà in cui convivono popoli diversi caratterizzati da differenti culture e religioni».
    E’ un paragone calzante, ma con un evidente accezione negativa. La condizione dei popoli e delle minoranze nell’Impero Austro-Ungarico era quanto mai precaria per una lunga sequela di fattori che vanno dal diritto di autodeterminazione popolare a fattori economici e sociali etc etc(Mi rendo conto dell’ampiezza del discorso)

    Detto questo spero possa riconsiderare quanto scritto e valutare in un contesto più ampio i suoi articoli, permeandoli con il panorama storico-sociale ed economico

    1. Caro lettore, ho scorso con grande attenzione le Sue righe che confermano come a 100 anni da quel terribile conflitto che fu la prima guerra mondiale c’è dell’interesse generale a voler comprendere i fatti e le vicende dell’epoca che portarono lutti e dolore ai popoli d’Europa. Mi permetto però di replicare alle sue acute osservazioni con alcune precisazioni.
      La prima. Quello che Lei chiama un “articolo” è una “intervista” e come tale io ho posto delle domande a cui sono state date delle risposte dal nipote dell’ultimo imperatore d’Austria-Ungheria. L’intervista ha essenzialmente un valore di curiosità per la testimonianza fatta da Giorgio d’Asburgo sui ricordi del padre Otto, all’epoca bambino, su quanto accadeva ai vertici asburgici. Quindi la gran parte di quello che Lei ha letto è frutto del pensiero di Giorgio d’Asburgo. Vero è che nel cappello all’intervista mi sono permesso di affermare che la guerra scoppiò “contro ogni previsione dei politici dell’epoca”.
      Su questo punto c’è da dire che se è indubbio che vi furono ragioni profonde di ordine economico-sociali e che i grandi potentati finanziari brigavano per lo scoppio del conflitto, queste non furono le sole. Per esempio gli alti comandi militari di quasi tutti i Paesi europei erano ansiosi di “menare le mani” per provare le nuove armi che si andavano ammassando negli arsenali. I politici dell’epoca, abbastanza simili a quelli attuali, non avevano le idee molto chiare. Non erano tutti precisamente delle aquile e non padroneggiavano a fondo la comprensione delle dinamiche che si andavano sviluppando nel mondo. La storiografia più recente- credo non faticherà a reperirla- ha appurato, documenti alla mano, che proprio il cancelliere tedesco Theobald von Bethmann Hollweg se da una parte premeva sull’alleato Austro-ungarico, senza tra l’altro ragguagliare adeguatamente il suo Kaiser, per un duro ultimatum alla Serbia, da l’altra era convinto che la Russia non avrebbe mobilitato. Il cancelliere tedesco evidentemente non aveva ben valutato che far scoppiare la guerra Austro-Serba avrebbe trascinato tutti gli altri Paesi europei nella contesa. L’unico ad essere molto perplesso sul firmare la guerra – è immensa la documentazione storica – fu proprio l’imperatore Francesco Giuseppe che faceva resistenze all’apparato militare e guerrafondaio rappresentato dal generale Conrad von Hotzendorf. Il discorso caro lettore è molto, molto complesso e le cose non stanno esattamente come abbiamo letto sui libri agiografici delle scuole elementari…
      Circa l’Europa di oggi non credo che si possa negare che la Comunità Europea ha garantito con i suoi Trattati dal 1945 in poi un periodo di pace tra quei Paesi che si sono “scannati” tra di loro durante il primo ed il secondo conflitto mondiale. Per quanto riguarda la situazione nei Balcani, nell’intervista Giorgio d’Asburgo, ricorda che sono molte le questioni lasciate irrisolte dalla Prima Guerra Mondiale. Una di queste riguarda proprio le tensioni esistenti nei i Paesi della ex Jugoslavia.
      Detto questo caro lettore non posso che ringraziarLa per l’invito che mi fa a continuare a scrivere sull’argomento magari con maggiore approfondimento…ed una visuale più ampia. Purtroppo gli articoli per loro stessa natura di stringatezza non consentono di sviscerare gli argomenti in maniera vasta, tuttavia, anche se non sono propriamente uno storico ma solo un giovane giornalista, se il “Fronte del Blog” mi concederà lo spazio, mi piacerebbe scrivere della situazione italiana nel 1914. Qui si registrava la confusione massima: gli alti gradi dello Stato Maggiore erano filo austriaci. Il Parlamento era diviso tra la maggioranza contraria all’entrata in guerra e la maggioranza della minoranza per fare la guerra contro l’impero asburgico. Su tutto aleggiavano i comizi interventisti dei Mussolini e dei D’Annunzio, gli interessi industriali e la Corona che meditava il “ribaltone” delle alleanze. Su questi due punti esistono documentazioni già conosciute ma non adeguatamente valutate che forse potrebbero contribuire a chiarire alcune scelte che pesarono nelle scelte di allora e che avranno una qualche influenza sino ai nostri giorni.
      Eugenio Parisi

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