Il dottor Maurizio Borghetti, radiologo all’ospedale di Crema, è tornato a parlare del Covid-19, stavolta con particolare riferimento alle sue modalità di diffusione, in rapporto alle condizioni climatiche della zona interessata dal suo raggio d’azione.
Ecco il Borghetti pensiero in merito a uno studio secondo il quale il virus rimarrebbe sulle superficie a massimo per due minuti, col caldo che ne riduce i tempi e con l’umidità che reciterebbe un ruolo molto determinante nella partita. Ah … sostanzialmente la trasmissione del Coronavirus dipenderebbe dall’evaporazione delle goccioline di saliva che lo trasportano. Tesi questa sostenuta da tempo dal radiologo d’Italia Maurizio Borghetti… Nota a margine: il Blogger, scrittore, giornalista e musicologo Emanuele Mandelli, nelle scorse ore, tramite il suo Blog Sussurrandom, per Borghetti e per il dottor Attilio Galmozzi, medici come il patrono di Crema San Pantaleone, ha suggerito il riconoscimento di due onoreficenze cittadine ad Hoc. Troverà ascolto il sussurro di Mandelli?
Personalmente mi fido più degli studi effettuati in situazioni reali di quelli in laboratorio. Già il professor Streek (Università di Bonn), uno dei principali virologi tedeschi, aveva condotto uno studio su maniglie, tavoli, porte eccetera, in un circondario della Germania rilevando la scarsissima probabilità di infettarsi (“Spt” di sviluppare malattia) coi contatti. Gli studi di laboratorio hanno invece ipotizzato anche lunghe permanenze del virus ed è sulla base di questi che sono stati adottati diversi provvedimenti e misure di precauzione tuttora in vigore. Quello che a noi importa, a mio parere, è ciò che succede nell’ambiente in cui viviamo: anche a logica, non può essere la stessa cosa del laboratorio. Interessante la ricerca condotta in 6 città di America Asia e Australia e coordinata dall’Istituto di Tecnologia di Bombay che confermerebbe quanto già nel mio piccolo ho sempre ritenuto e cioè che la trasmissone del SARS-CoV-2 avvenga essenzialmente per passaggio diretto da individuo a individuo e che la sopravvivenza in ambiente (sopravvivenza intesa nel senso più ampio cioè di capacità infettante pericolosa che è quella che temiamo) sia molto limitata, nello studio in oggetto al massimo 2 minuti. C’è un’altra evidenza che mi sembra interessante: il virus sopravvive finché le goccioline restano intatte. Lo studio indiano ha rilevato inoltre che in ambiente umido e non caldo il tempo di evaporazione dei droplet (e quindi di perdita di integrità dei virus contenuti) aumenta fino a 7 volte (i citati 2 min). Considerando il tasso di umidità presente nelle nostre zone nei mesi autunnali-invernali, beh potrebbe essere stato questo uno dei fattori che ha contribuito a renderle più vulnerabili di altre, se non altro più verosimilmente dall’essere stati meno bravi. Per tutto il resto…continua a non esserci più evidenza di malattia significativa.Dai Burdèl che ghe la fèm
Così postò sulla sua pagina Facebook il DocRock e radiologo d’Italia Maurizio Borghetti.