Gianluca Vialli, ex attaccante della Sampdoria, della Juventus e della Nazionale si confessa in una lunga intervista al Times. E svela i particolari di due anni di battaglie contro il cancro: “C’erano giorni in cui mi chiudevo in bagno, per non farmi vedere piangere”
Gianluca Vialli è uscito vincitore dalla sua battaglia contro uno dei tumori più terribili, quello al pancreas. Due anni di chemioterapie durante i quali ha perso capelli, barba e sopracciglia. Ma le paure non lo abbandonano: “Ogni volta che mi sveglio o che vado a letto con un po’ di mal di pancia o di mal di testa o con qualche linea di febbre, penso subito “oddio, è tornato” e credo ci vorrà tanto tempo prima che riesca a sbarazzarmi di questa sensazione, perché sei fragile e non lo puoi sapere fino a quando non passano alcuni anni senza avere problemi”.
ORA STO BENE – Lo rivela in una lunga intervista al Times. L’ex attaccante di Sampdoria, Juventus, Chelesa e della Nazionale, dice di aver vissuto la malattia come “un viaggio con un compagno di viaggio indesiderato”. Dimagrito 16 kg, nei periodi difficili andava in tv indossando un maglione sotto la camicia per nascondere l’eccessiva perdita di peso. Ma oggi, assicura “fisicamente sto bene e sto riacquistando i muscoli”.
LE FIGLIE – Le paure, tuttavia, continuano ad accompagnarlo: “Sono ancora molto spaventato e preoccupato”. In questo gli sono state d’aiuto la moglie inglese Cathryn e la famiglia: “Le mie due figlie mi hanno aiutato disegnandomi le sopracciglia e ho chiesto dei consigli a mia moglie sui trucchi da usare. Abbiamo riso, devi ridere, hai bisogno di trovare il lato divertente, se puoi”.
IL PIANTO – Anche perchè, rammenta “c’erano dei giorni in cui mi rinchiudevo in bagno per non farmi vedere piangere”. E aggiunge: “Nessuno vuole una cosa del genere, ma quando ti capita, devi vederlo come un’opportunità per conoscerti meglio, per capire come sei stato, come sei e come sarai”.
LA MEDITAZIONE – Un modo per riflettere e conoscersi meglio lo ha appreso: “Ho scoperto la meditazione, che non conoscevo, e vorrei aver iniziato a praticarla quando giocavo o, meglio ancora, quando allenavo. Certo, resto pur sempre un essere umano, quindi mi arrabbio ancora per delle banalità, ma adesso sono più consapevole del fatto che lo siano. Mi rendo conto di essere tutt’altro che perfetto e che devo lavorare ancora tanto per riuscire a migliorarmi, ma spero, senza per questo voler essere presuntuoso e arrogante, che la mia storia possa servire da stimolo”.
Manuel Montero
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