Al centro del procedimento giudiziario un’intervista a L’Arena dell’aprile 2016, in cui Silvio descrisse il fratello più grande come violento, raccontando anche particolari privati. La prima udienza nei confronti dell’attore si terrà il 14 gennaio davanti al tribunale monocratico di Roma
La lite tra fratelli sembra arrivata ad un punto di non ritorno: Silvio Muccino è stato infatti rinviato a giudizio per diffamazione nei confronti di Gabriele. La prima udienza si farà davanti al gup di Roma il prossimo 14 gennaio.
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L’INTERVISTA- Nel mirino un’intervista fatta a L’Arena dal fratello minore, nella quale il protagonista di “Come te nessuno mai” raccontò che il fratello era “una persona violenta”. Disse pure che l’ex moglie di Gabriele, Elena Majoni, era stata vittima di “violenze domestiche”.
Fratelli contro: Silvio Muccino rinviato a giudizio per diffamazione nei confronti di Gabriele
TIMPANO PERFORATO- Nel capo d’imputazione si va nei dettagli. Silvio descrisse Gabriele come “persona violenta per avere colpito nel 2012 con uno schiaffo la moglie Majoni perforandole il timpano”. E ancora, narrando l’intervista incriminata: “ci sono stati ripetuti episodi di violenza domestica. Un’estate poi eravamo nella casa di campagna di Gabriele, lui era nervoso e andò in camera da Elena. Quando mi avvicinai alla porta la vidi uscire con una mano sull’orecchio e le lacrime agli occhi. Non sentiva più niente: uno schiaffo le aveva perforato un timpano e ha dovuto subire una timpano-plastica per riacquisirlo in parte”.
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IL FALSO- Sull’episodio Silvio aggiunse di aver mentito ai magistrati: “Sono stato indotto a mentire e ho negato questo schiaffo davanti ai pm. La mia famiglia ha fatto figurare che fosse un incidente avvenuto in piscina. E alla fine io ho reso falsa testimonianza. Era una mia responsabilità e scelsi la mia famiglia anziché la verità, non me lo sono mai perdonato, avevo 24 anni e feci crac”.
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L’AVVOCATO- L’avvocato Carlo Longari, legale di parte civile di Gabriele, ritiene che il rinvio a giudizio di Silvio rappresenti “un primo passo verso l’accertamento della verità a fronte di quanto era stato diffuso davanti a milioni di telespettatori nei confronti del mio assistito”.
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