La nota di Washington “Gli Usa non tollereranno più quanti hanno partecipato a crimini nazisti e altre violazioni dei diritti umani”. Ma dimenticano di ricordare la famigerata Rete Gehlen, una collaborazione Cia ed ex spie naziste durata decenni
Edoardo Montolli per Fronte del Blog
Jakiw Palij, 95 anni, è stato espulso dagli Usa, dove era giunto nel 1949 facendosi passare per un agricoltore. In realtà aveva lavorato a lungo nel campo di concentramento di Trawniki come custode. Rammenta Il Giornale: «Palij, nato in quella che allora era la Polonia e che oggi è l’Ucraina, ha lavorato come custode nel campo di lavoro forzato di Trawniki, uno dei teatri della cosiddetta «Festa del raccolto», la più grande fucilazione di massa di detenuti della Guerra in cui morirono in totale 42mila ebrei. Fuggendo dal proprio passato, dal ’49 l’ uomo si stabilì nel Queens, a New York».
Scoperto nel 2003, la sua posizione era rimasta ferma in un limbo giudiziario, fino a quando la Germania non ha deciso di prenderlo in carico. Sarà trasferito in una struttura per anziani a Munster. Ma difficilmente, per le sue precarie condizioni di salute, sarà processato.
La nota di Washington
Una nota di Washington riporta il fatto come un grande successo americano: «La sua espulsione è un messaggio forte: gli Usa non tollereranno più quanti hanno partecipato a crimini nazisti e altre violazioni dei diritti umani».
Ma non è che le cose siano andate sempre così, anche se tanti fingono di non saperlo. Con svariati ex nazisti, dalla fine della Seconda Guerra mondiale, la Cia collaborò per decenni. Si trattava della Rete Gehlen, messa in piedi dal generale a capo dei servizi segreti orientali Reinhard Gehlen, successivamente capo dei servizi d’informazione della Germania Ovest.
Tra Cia e nazisti
La realtà tra i rapporti tra Cia ed ex nazisti e con uomini dell’estrema destra emerse solo a guerra fredda finita da un pezzo.
Ricordava Repubblica, l’8 febbraio 2005: «La Cia ha deciso adesso di aprire un velo su questo passato oscuro, rendendo pubblici i files riguardanti i criminali di guerra nazisti che dopo la guerra lavorarono con l’agenzia di spionaggio americana, che a quel tempo non era ancora la Cia ma l’ Oss, Office of Strategic Services. Lo ha fatto dopo essere stata “pressata” dagli studiosi che lavorano ai National Security Archives di Washington, da ricercatori universitari, da storici e da quelle organizzazioni ebraiche che vogliono sapere fino a fondo tutta la verità su quale è stato il ruolo degli Stati Uniti nel salvare uomini che sarebbero dovuti finire sotto processo a Norimberga».
Il libro
Ho avuto modo di accennarne nel libro I diari di Falcone, edito da Chiarelettere, nel raccontare il ruolo predominante e sotterraneo degli americani sul territorio europeo. Ma per avere un’idea più chiara di questa Rete Gehlen, è interessante sfogliare l’autobiografia di un italiano che ne fece parte, Adriano Monti (nome non proprio sconosciuto alle cronache), in Nome in codice Siegfried (scritta con Alessandro Zardetto): «Il mio nome compare tra quelli degli agenti segreti di uno dei servizi meno noti della storia recente d’Europa, l’Organizzazione Gehlen, nata nel secondo dopoguerra da una collaborazione tra ex spie tedesche e Cia, in funzione prevalentemente anticomunista. Nessuno sapeva, fino a oggi, della mia appartenenza a questo gruppo, che in gergo noi chiamavamo “la Rete”».
Quanto al capo, ricorda che Reinhard Gehlen «alias Herr Doktor, prima e durante la guerra aveva gestito i servizi segreti tedeschi incaricati della penetrazione nella corte staliniana. Negli anni aveva accumulato una tale mole di informazioni e contatti che alla fine del conflitto era stato accolto con tutti gli onori nelle fila dei servizi segreti statunitensi, che già subodoravano il pericolo di un imminente conflitto con l’Unione Sovietica».
Una volta letto questo volume, forse anche a voi la nota di Washington farà un po’ ridere.
Edoardo Montolli