Nei giorni scorsi Michel Barnier ha detto, e quindi sancito ufficialmente, quello che tutti sapevano già: i negoziati sulla Brexit non hanno fatto sostanziali passi avanti, quindi le prime trattative sul futuro accordo commerciale fra Ue e Gb non partono ancora.
Che cosa è successo? L’Unione Europea ha chiesto in via prioritaria la soluzione di tre problemi: i soldi che la Gran Bretagna dovrà tirar fuori per onorare impegni precedenti (“conto del divorzio”), la posizione degli espatriati e il confine fra le due Irlande. Londra però rifiuta tassativamente di dire quanto è disposta a pagare, non vuole che sia la Corte di giustizia europea a risolvere in ultima istanza i problemi degli espatriati, e non ha un piano per il confine – dopo aver però dichiarato che la Gran Bretagna non vuole rimanere né nell’Unione doganale né nello Spazio economico europeo, il che in pratica comporta un confine “duro”, con l’ispezione di veicoli e persone che lo attraversano.
La soluzione dei tre problemi si è arenata su altrettanti scogli. Per i primi due, gli scogli sono politici, ma molto radicati. Qualunque cifra Londra accettasse come “conto del divorzio” sarebbe criticata dagli zelatori della Brexit come eccessiva. Per di più i britannici temono che una volta concordata e pagata la cifra, il loro Paese perderebbe potere contrattuale. Sugli espatriati invece il problema è che i brexiter non ne vogliono sapere, per motivi di sovranità nazionale, di dare alcun potere alla Corte di giustizia europea.
Il governo di Theresa May è troppo debole per affrontare le eventuali critiche dai banchi di Westminster o dalla società (specialmente dai tabloid): pertanto questi punti morti sono destinati a mantenersi nel tempo. Nonostante la recente decisione del Consiglio Europeo di invitare i negoziatori a riflettere su un futuro accordo commerciale. diventa sempre più probabile che il 31 marzo 2019 la Gran Bretagna cessi di essere membro dell’Ue senza nessun accordo in atto, neanche per la pura e semplice separazione. È la cosiddetta Hard Brexit, che promette di essere addirittura hardissima.
Le conseguenze sarebbero (saranno?) molto pesanti, sopra tutto per la Gran Bretagna. Tutto il commercio con l’Ue e con i Paesi firmatari degli accordi commerciali con l’Ue passerà al regime Wto, con sensibili dazi doganali e possibili barriere non tariffarie. Il settore finanziario perderà la possibilità rifornire il mercato dell’Unione, con un enorme contraccolpo sull’economia britannica, fatta all’80% di servizi. Dulcis in fundo, la libertà di movimento dei lavoratori (e dei pensionati) scomparirà. Una vera e profonda catastrofe che forse è già inevitabile.