Il maniaco dell’ascensore non è l’unico tornato a colpire dopo essere uscito dal carcere. Gli stupratori seriali abbondano in Italia come all’estero. E di rado vengono puniti severamente
Edoardo Montolli per Gqitalia.it
Ora dice di nuovo che è pentito. Che non voleva, ma ci è cascato. Che vuole essere curato. Edgar Bianchi ha colpito ancora. Stavolta a Milano. Ma la scena del crimine è la stessa che lo vide protagonista a Genova, dove divenne famigerato come il “maniaco degli ascensori”: la vittima trascinata in ascensore e violentata sul pianerottolo. Ha 40 anni, originario di Prà, nel ponente. E la sua storia inizia dodici anni e venticinque vittime fa, nel capoluogo ligure, dove diventerà un incubo per dieci mesi.
Il passato
La prima volta accade intorno al Natale del 2005: tre aggressioni, tutte avvenute in un solo modo. Ossia ragazzine tra i 12 e i 14 anni assalite e violentate negli androni dei palazzi. Le forze dell’ordine cominciano una caccia senza sosta. In cerca di testimoni, trovano qualcuno che sostiene come l’aggressore abbia una vaga somiglianza col calciatore Ciro Ferrara. L’informazione, che si rivelerà errata, porta in carcere un portuale di 32 anni, scagionato al momento della prova all’americana perché non riconosciuto dalle vittime. Gli spetteranno 25mila euro di risarcimento per ingiusta detenzione. La stessa sorte tocca ad altri due sventurati. L’identikit intanto si affina: colpa delle nuove aggressioni, che salgono a ritmo vertiginoso. Il modus operandi non cambia. Così vengono eliminate dall’identikit le fattezze del calciatore e si parla di un giovane dai capelli lunghi raccolti in un codino. È per un mero caso che un poliziotto nota all’uscita da un centro commerciale un giovane che è due gocce d’acqua col nuovo ritratto in mano agli inquirenti. Fa il barista proprio lì. Si chiama Edgar Bianchi, è incensurato e il suo telefono aggancia le celle dei luoghi delle aggressioni, salite intanto a 25. Quando le vittime iniziano a riconoscerlo, scattano le manette e il caso si chiude. O quasi. Una perizia psichiatrica individua in lui un “narcisismo istrionico con tendenze sadiche”. Edgar scrive dal carcere e si dichiara pentito. Chiede scusa. Gli danno 14 anni e otto mesi. In appello diventano dodici. Poi calano ancora per via dell’indulto che cancella i reati minori (tentata violenza e atti osceni). In prigione ha un comportamento modello. A settembre 2014 è così libero. Fa sapere alle vittime che cercherà un lavoro per risarcirle.
Il tutore
Riappare a Milano tre anni più tardi. Aggredisce una tredicenne e anche stavolta viene preso per un caso. È per via del tutore che usa alla gamba sinistra che due poliziotti lo collegano infatti a un uomo abbonato alla metro. E non appena arrivano al nome e controllano al terminale, ecco che il computer fornisce un quadro incredibile: 25 precedenti. Chiedono alla vittima se l’aggressore possa essere lui e, alla risposta affermativa, si muovono in 150 per stanarlo. Ma Edgar è più veloce. E va a costituirsi, dopo che l’avvocato ha preannunciato alla Procura il suo arrivo. Dirà il barista: «Pensavo di essere guarito, avevo una vita normale e una fidanzata, volevo sposarmi, ma ci sono ricaduto e voglio essere curato».
I precedenti
Non è la prima volta che gli stupratori seriali tornano a colpire una volta usciti di prigione. In anni recenti successe ad esempio con Rocco M., di Potenza, che violentò la madre 85enne di un amico dopo essere stato in carcere nove anni, dal 1999 al 2008, per stupri ai danni di ultrasettantenni. Identico “percorso recidivo” fu seguito dal magazziniere milanese Daniele S., uscito dal carcere nel 2006 dopo aver scontato tre anni per altrettanti stupri. E condannato nel 2009 a dieci anni dopo l’ennesima denuncia per la quale, alla fine, aveva confessato: un’ecuadoriana aveva letto un annuncio sul giornale in cui si cercava una badante. Arrivata a casa sua, Daniele la narcotizzò con un caffè misto a benzodiazepine e, una volta addormentata, la violentò.
(continua su Gqitalia.it)
Edoardo Montolli per Gqitalia.it
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