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Il debito privato non abbaia ma può mordere

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Il caso più preoccupante è quello della Gran Bretagna. La Bank of England ha invitato le banche e le società finanziarie a un maggiore scrupolo nel concedere credito, per evitare di ripercorrere la strada che ha portato, prima nel mondo anglosassone e poi in tutto il pianeta, alla crisi finanziaria del 2007 – quando masse enormi di crediti cartolarizzati hanno visto crollare a zero il loro valore perché di fatto si appoggiavano a debitori scalcagnati.

Il direttore per la stabilità finanziaria della BoE, Alex Brazier, ha parlato del rischio dei debiti personali. Le banche correrebbero il rischio di entrare in una “spirale di compiacimento” e di non opporsi più all’aumento dei crediti. «Il debito delle famiglie,» ha detto alla Bbc, «come molte cose che vanno bene in quantità moderata, può essere pericoloso quando è in eccesso.» Se accanto al debito delle famiglie si considera quello pubblico e a quello delle imprese finanziarie, la Gran Bretagna è uno dei Paesi più indebitati al mondo.

Per ora, l’alto livello del debito privato è uno dei problemi che l’Italia non ha, almeno in confronto ad altri Paesi europei o agli Stati Uniti. Ma le premesse ci sono tutte, e manca, purtroppo, una sufficiente consapevolezza del pericolo.

Il debito privato nasce dal comprensibile, umano desiderio delle famiglie di anticipare acquisti di beni durevoli (case, auto, lavatrici) rispetto al momento in cui sarà disponibile la somma necessaria per pagarli. Un numero crescente di persone s’indebita anche per frivolezze (farsi le vacanze a Bali) o necessità (un’operazione chirurgica). I casi veramente disperati si indebitano per pagare la bolletta del telefonino, ed è, ovviamente, l’anticamera della fine.

A questo si aggiungono, dall’esterno, il bassissimo livello dei tassi che dura ormai da anni e la pressione pubblicitaria delle società finanziarie. Questa è terribile in Gran Bretagna, mentre in Italia sta giusto iniziando a rumoreggiare sotto gli argini. Ma non ci si può sbagliare, l’indebitamento cresce anche da noi. La prudenza sarebbe necessaria, ma in Italia, molti mancano delle conoscenze di base in fatto di finanza oppure sono eccessivamente inclini al rischio. Se i prestatori fossero appena più aggressivi, sarebbe possibile una vera esplosione del debito privato.

La necessità di rimborsare i debiti e di pagare gli interessi incide, ovviamente, sul reddito che le famiglie hanno a disposizione per altre spese. I problemi sorgono quando si verifica un mutamento serio nelle condizioni economiche, per esempio un periodo di disoccupazione, la perdita del lavoro, una grossa spesa imprevista o un aumento delle spese ricorrenti come luce e gas. O anche, a livello macroeconomico, un serio aumento dei tassi d’interesse, che colpisce tutti coloro che hanno contratto prestiti a tasso variabile.

Quando succede qualcosa del genere una famiglia può trovarsi alquanto a mal partito. Se poi il debito è stato contratto a tasso variabile, il rischio è non solo molto grande, ma anche impossibile da valutare in anticipo. Sono decenni che viviamo in un ambiente di tassi bassi, ma non c’è nessuna garanzia che ciò continui. Con i mutui a tasso variabile c’è un aumento della rata ogni volta che aumenta il tasso di riferimento, senza che ciò sia in alcun modo coordinato al reddito disponibile della famiglia indebitata. Il tasso fisso almeno crea una situazione di relativa certezza: paghi di più oggi, ma paghi lo stesso anche nel futuro, il che riduce (però non elimina) la probabilità di un tracollo.

In generale, più un’economia è indebitata e più fragile è destinata a rivelarsi quando su di essa si abbatte un qualche colpo dall’esterno. In Italia abbiamo un alto debito pubblico, ma non un alto debito privato, anche se quest’ultimo sta crescendo rispetto al reddito disponibile, seguendo un trend simile a quello di altri Paesi europei, benché ritardato rispetto ad essi. Lo Stato deve pensare a porre rimedio alla fragilità provocata dalla parte pubblica, ma noi consumatori dobbiamo essere prudenti con le nostre finanze. Tanto più che a pagare gli erroi non saremmo solo noi, ma l’intera collettività.

Paolo Brera

 

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Paolo Brera

Paolo Brera è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, eocnomia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore. Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Algama sta ripubblicando le sue opere in ebook, a partire dalla serie dei romanzi con protagonista il colonnello De Valera.

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