«L’amore non basta a cambiare un uomo violento. L’unica soluzione è cambiare uomo finché si è in tempo». Non usa mezzi termini Francesca Senette per attirare l’attenzione sul tema della violenza sulle donne. Una questione che da tempo vede la giornalista e conduttrice televisiva impegnata in iniziative di raccolta fondi e sensibilizzazione che tentano di mettere un freno a un fenomeno che ha raggiunto dimensioni preoccupanti. Proprio in questi giorni, Francesca Senette è la testimonial di “Le parole non bastano più”, campagna di Intervita Onlus contro la violenza di genere e garantire un aiuto a chi ha subito traumi fisici e psicologici: fino al 10 marzo si potranno donare 2 euro tramite un sms al numero 45508.
Francesca, nell’ultimo anno oltre un milione di donne hanno subìto violenze. Una su tre non lo ha mai confessato a nessuno. Perché?
«Il contesto sociale e familiare tende a giustificare l’uomo violento. Quando una donna trova il coraggio di confessare di essere stata picchiata dal compagno, spesso genitori, amici e parenti minimizzano l’accaduto e tentano di farlo rientrare all’interno di una situazione di normalità che ovviamente normale non è. Le donne devono capire che un uomo violento non torna mai sui suoi passi. È una persona malata che ha bisogno di cure. E l’amore non basta a riportarlo sulla retta via».
Secondo te, da che cosa deriva questo atteggiamento?
«Innanzitutto dalla necessità di salvare la faccia. Nel nostro Paese si sentono ancora modi di dire assurdi come “i panni sporchi vanno lavati in famiglia” e “fra moglie e marito non mettere dito”, che denotano una mentalità tipicamente italiana, in parte legata anche alla situazione di debolezza in cui vivono le donne. È evidente che se non lavora o ha uno stipendio di mille euro al mese una donna si trova quasi impossibilitata a lasciare il compagno perché rischia di perdere il suo unico supporto economico, soprattutto se ha dei figli da mantenere. Questo gli uomini violenti lo sanno e lo sfruttano a proprio vantaggio».
Nelle maltrattate subentra anche un senso di vergogna?
«La donna che viene picchiata si sente colpevole e responsabile del fatto di aver scatenato l’ira del compagno violento. Anche se non è mai così, ovviamente».
Riprendendo il titolo della campagna di cui sei testimone, oggi che cosa bisogna fare per arginare il fenomeno?
«Il primo passo da compiere, come sottolineiamo nella campagna di Intervita, è rendere disponibile nelle realtà ospedaliere uno sportello dedicato alle donne che hanno subìto violenza. Spesso arrivano in ospedale accompagnate dai compagni violenti e quindi è fondamentale che il personale sia in grado di aiutarle a denunciare il colpevole senza paura. Da oltre dieci anni collaboro con Intervita e mi occupo personalmente del tema per far capire a tutte le donne che esistono delle strade percorribili per tirarsi fuori da questa spirale».
Su quali tasti si può spingere per convincerle?
«Le donne violate che sono mamme devono trovare la forza soprattutto per il bene dei figli. Un bimbo che vede la madre picchiata dal padre impara a considerare la violenza come un abituale mezzo di comunicazione tra uomo e
donna. Allo stesso modo una bambina pensa che umiliare la dignità di una donna sia un’azione normale all’interno di un rapporto di coppia».
A proposito di figli: come tratti il problema con la tua bimba Alice di sette anni?
«Ho già iniziato a parlare con lei della violenza sulle donne. A questa età, i bambini sono molto fisici, si spingono e spintonano. Quando Alice mi racconta dei giochi a scuola ne approfitto per inculcare in lei il concetto della non violenza e per spiegarle che non si possono alzare le mani su un’altra persona. Ma soprattutto che non è possibile accettare il fatto che qualcuno la picchi. Se una bambina inizia a capire di dover arginare i bambini violenti e di non essere responsabile se qualcuno alza le mani su di lei, ha già fatto un enorme, importante passo avanti».
A te è mai capitato di subire qualche forma di violenza da un tuo compagno?
«Non mi è mai successo. Però ho conosciuto tante persone in ambito professionale e personale che non sono state così fortunate. A tutte le donne dico: aprite bene gli occhi per capire cosa accade attorno a voi. Se scorgete nello sguardo di una vostra amica un barlume di tristezza, statele vicino. Potrebbero nascondere un segreto».
Lo scorso anno ti abbiamo vista con il pancione nel docureality Diario di un bebè su Easybaby. Ripeterai l’esperienza anche se tuo figlio Tommaso ora è nato?
«In primavera riproporrò lo stesso format, ma invece che dentro la pancia porterò Tommaso in braccio. In occasione della Festa della mamma, poi, uscirà il mio nuovo libro dedicato al tema della gravidanza che chiuderà la fase legata ai miei meravigliosi nove mesi».
Luca De Leone per Vero