Sveglia alle 6.30, colazione, doccia. E poi, in macchina verso l’ufficio per timbrare il cartellino alle 8. La giornata di milioni di italiani inizia così. E finisce otto, nove ore dopo, trascorse dietro una scrivania e un computer. Ma questo modello lavorativo potrebbe avere gli anni contati. Perché decine di aziende, in Italia e nel mondo, stanno sperimentando il cosiddetto “lavoro agile” o “smart work”: il dipendente non timbra più il cartellino, non ha un orario d’ingresso né d’uscita, né tantomeno una sede di lavoro fissa dove andare ogni giorno. Perché quel che conta è solo il risultato, da raggiungere nei modi e nei tempi stabiliti con l’azienda. Com’è possibile? Grazie alla tecnologia (computer, tablet, smartphone). E a Internet, che con strumenti come Skype, Wetransfer, Google Drive (solo per fare un esempio), semplicissimi da usare e gratuiti, permette a certe categorie di lavoratori di operare comodamente da casa. O da un’isola deserta, come ha dimostrato alcuni mesi fa Gauthier Toulemonde, l’imprenditore francese che per quaranta giorni, con due pc e due telefoni satellitari alimentati con pannelli solari, ha gestito la sua società editoriale Timbopress, con sede non lontano da Parigi, da uno sperduto lembo di sabbia nel mezzo dell’Oceano Indiano.
Una pazzia? Nient’affatto. Tanto che persino l’arrugginita Italia si è accorta dei vantaggi. E il 6 febbraio scorso, su iniziativa del Comune di Milano, ha celebrato la prima giornata del lavoro agile: una data importante, forse storica, che ha visto la partecipazione di una cinquantina di aziende private, molte delle quali hanno testato per la prima volta questo modello di lavoro flessibile.
In totale 10mila dipendenti, fra quelli del Comune e delle imprese aderenti, sono rimasti a casa per un giorno, davanti al computer, per testare soluzioni che si sono dimostrate non solo positive per i lavoratori, ma anche economicamente vantaggiose per i loro datori di lavoro. Che, secondo una ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, beneficiano in media di un aumento di produttività del 25 per cento. Eppure, in un’Italia con 26 milioni di pendolari (700mila solo nell’hinterland di Milano per una media di 40 km al giorno), i lavoratori «agili» sono solo il 10 per cento, un terzo della media europea.
Secondo l’assessore al Benessere, tempo libero e qualità della vita, Chiara Bisconti, che ha promosso la Giornata, «il lavoro agile migliora la qualità della vita delle persone, aumenta la soddisfazione personale, la produttività, il tempo libero e, parallelamente, semplifica la gestione aziendale, producendo effetti positivi per l’intera collettività, come la riduzione del traffico». Ma c’è di più. L’utilizzo della tecnologia e di questo nuovo modello di lavoro può diventare uno strumento utile per le donne, che così possono gestire e conciliare meglio lavoro e famiglia: in Italia, più che nel resto d’Europa, quando una donna resta incinta ha difficoltà a mantenere il proprio posto di lavoro, soprattutto in caso di contratti atipici. E dopo la nascita dei figli, sono ancora troppo poche le donne che riescono a tornare al proprio posto o a trovare un nuovo impiego.
Per questo, lavorare da casa sarebbe un grosso vantaggio. Ma non l’unico. Sempre secondo il Politecnico di Milano, l’adozione di modelli di lavoro agile può far risparmiare complessivamente 37 miliardi di euro alle imprese italiane, attraverso l’aumento della produttività e della qualità del lavoro e con la riduzione dei costi di gestione, migliorando allo stesso tempo la soddisfazione e il coinvolgimento dei dipendenti. Inoltre, l’introduzione del telelavoro e la conseguente riduzione degli spostamenti dei lavoratori potrebbe produrre risparmi economici per i cittadini pari a 4 miliardi di euro (550 euro per lavoratore all’anno) e a una riduzione di emissioni di CO2 pari a 1,5 milioni di tonnellate l’anno. Tuttavia, se è vero che le nuove formule di lavoro consentono massima libertà nei tempi e nei modi, è altrettanto vero che, se non si fisseranno regole certe, ci si potrebbe trovare di fronte a pervasive forme di intrusione nei fisiologici tempi di vita, visto che il lavoro agile, per sua natura, non ha limiti di orario né confini aziendali. Un rischio ulteriore è che, trasformando la casa in ufficio, si perda il contatto col mondo esterno. Per questo, le aziende “agili” prevedono, per esempio, un giorno alla settimana in cui i dipendenti lavorano in sede: una strategia utile ed efficace. Che speriamo possa convincere gli imprenditori più illuminati e lungimiranti a stare al passo col mondo che cambia. E che migliora.
Enzo Caniatti per Vero