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ALBANO FA 70 ANNI E SI CONFESSA A STOP

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Ecco un estratto dell’intervista del numero in edicola sabato 20 maggioAlbano2

 

Alessandro Banchero per Stop

È festa grande a Cellino San Marco per i settant’anni di Albano Carrisi, compiuti il 20 maggio. «È un traguardo importante, ma non più degli altri», dice scherzando il cantante pugliese che, come lui stesso ammette, in questi giorni è invece «assalito da amici e compaesani», che lo festeggiano anche con la musica della banda del paese. Per l’occasione, nella tenuta dove vive con Loredana Lecciso e i loro bambini Jasmine e Albano Junior detto Bido, con il cantante ci sono anche l’amata madre Iolanda e due dei quattro figli avuti da Romina, Yari e Cristèl. Purtroppo mancano Ylenia, la primogenita scomparsa nel 1994 a New Orleans e Romina Junior. «Lei è impegnata a Malibù, in California», spiega Albano. A pochi chilometri dalla madre Romina Power che, precisa ancora lui, «vive invece a Palm Springs». All’assenza dell’ex moglie, però, Albano si è ormai abituato da tempo…

Questo compleanno sembra una buona occasione per fare un bilancio di vita.

«Ho sempre fatto ciò che volevo, a volte con risultati eccezionali, altre catastrofici. Ma non tornerei mai indietro, sto bene così, sia in termini artistici che privati».

Festeggi nella tua terra, la stessa che in gioventù hai abbandonato per cercare un po’ di fortuna altrove. E ne hai trovata parecchia…

«A quei tempi la mia famiglia viveva qui a Cellino con 800mila lire all’anno e con un mutuo da mantenere. Fu quella la molla che mi fece partire per Milano, dove prima ho lavoravo come cameriere per 25mila lire al mese. Ne tenevo dieci per pagare la pensione in cui dormivo e il resto lo mandavo a casa, ai miei genitori».

Quali emozioni ti attraversano il cuore quando ricordi il ragazzo che eri allora?

«Provo tenerezza, Quel ragazzo ha portato avanti un discorso familiare importante. Non mi faccio i complimenti per questo, quel sacrificio non mi ha fatto soffrire, anche perché i miei pensieri e la passione per la musica mi aiutavano. Quando lavoravo sulla catena di montaggio della Innocenti, per esempio, cantavo sempre, tanto che i colleghi mi dicevano in dialetto milanese, “Smettila terrone”. Gli rispondevo: “Approfittatene adesso, perché un giorno dovrete pagare per sentire la mia voce”. E così è stato».

 

 

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