Articolo di Ermanno Amedei su Stop in edicola da venerdì 19 aprile
Morire di appendicite, nel 2013. è accaduto a Latina a Karin Dalla Senta, 26 anni. Giovane, bella e prossima al matrimonio, figlia di un imprenditore agricolo, aveva tutto per essere felice. I suoi problemi di salute si sono manifestati appena dopo Pasqua con forti dolori di pancia. Il medico di famiglia che l’ha visitata a casa, ha tranquillizzato tutti sostenendo che era affetta da una forma influenzale virale e le ha somministrato dei farmaci. Dopo alcuni giorni, però, le condizioni della ragazza non sono migliorate e la febbre era ancora alta. Per questo, i familiari hanno deciso di contattare nuovamente il medico che ha confermato la sua diagnosi, cambiando però la cura e prescrivendo antibiotici. Karin peggiorava ancora. I dolori allo stomaco erano insopportabili. A quel punto il padre Alberto ha deciso di chiamare un’ambulanza. Alla famiglia Dalla Senta sembrava impossibile che la ragazza potesse stare così male per un’influenza virale.
Gli operatori dell’emergenza sanitaria del 118, però, erano di altro avviso: i parametri vitali erano in regola e per questo non c’era nulla da preoccuparsi. Uno dei paramedici li avrebbe anche redarguiti sostenendo che: «L’ambulanza va chiamata solo in casi di estrema emergenza». Dopo una nottata di inferno, il padre Alberto ha però detto basta e ha deciso di portare la figlia devastata dal dolore all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina. A quel punto voleva vederci chiaro e ha preteso che un medico la visitasse.
Ci sono però volute quattro lunghe ore passate su una barella ad aspettare il suo turno mentre altri venivano visitati, per piccoli traumi o malanni. Finalmente un medico ha deciso di posare gli occhi su di lei che, vinta dal dolore, aveva smesso anche di contorcersi. E finalmente è stato chiaro quanto grave fosse la situazione. Karin è stata allora sottoposta, d’urgenza, a un’ecografia addominale che ha sentenziato: peritonite avanzata con in corso anche una trombosi. Dopo giorni passati a implorare aiuto senza avere risposte, tutto improvvisamente è diventato frenetico. In pochi minuti è stata portata in sala operatoria per un delicato intervento chirurgico, durato diverse ore. L’appendice è stata asportata ma l’infezione era ormai estesa e la trombosi grave. L’intervento tecnicamente era riuscito, ma bisognava aspettare e sperare nella reazione fisica di Karin in terapia intensiva. Reazione che, purtroppo, non c’è stata e la ragazza è morta per una semplice appendicite.
Una morte sulla quale la procura ora intende vederci chiaro e, per questo, ha aperto un fascicolo disponendo l’autopsia sul corpo della ragazza, disponibile in novanta giorni. Anche la Asl pontina ha aperto un’indagine interna: «Al pronto soccorso», spiega il dirigente Mario Mellacina, «abbiamo agito correttamente. Purtroppo era ormai tardi. Credo bisognerà verificare cos’è accaduto prima dell’arrivo in ospedale. Di certo la scomparsa della ragazza ci ha profondamente scosso». Intanto sono 18 le posizioni al vaglio degli inquirenti tra medici, infermieri e personale sanitario. È stata messa agli atti anche la dichiarazione firmata da un familiare di Karin che avrebbe rifiutato il ricovero alcuni giorni prima del trasferimento al Goretti.