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Le Storie di Alex Rebatto – L’operaio e la cravatta

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Dietro questo avanzo di storia c’era un uomo mediocre, con una giacca mediocre, un paio di scarpe mediocri e una cravatta di merda. Si alzava la mattina, in un pigiama di seta macchiato di sangue, e si radeva davanti allo specchio. Rimirava ogni pelo, come se fosse merito suo.

Il ventidue del mese, tornato a casa, trovava nella cassetta della posta una busta. L’apriva, incassava i suoi settemila sacchi, e poi giù a puttane nel locale a due passi da casa. Avrebbe preferito prendere le distanze da moglie e figlia ma, vaffanculo, era così comodo scendere di sotto. Un bicchiere annacquato, un sorriso alla ballerina “tette a punta”, una mancia al tipo del bancone, e un pompino da centotrenta.
Centotrenta per quattro, al mese, più la mancia. Seicento euro.
Il ventidue di ogni mese, il figlio di puttana, trovava nella cassetta della posta una busta con un assegno da seimila e quattrocento pezzi. E si faceva due calcoli:
seicento per la scuola della piccola,
duemila per il mutuo,
mille per la moglie, i suoi gioielli, i suoi trucchi, le sigarette, i romanzetti rosa, le cenette con “le amiche”…
Insomma, quest’uomo si alzava la mattina e andava in ditta. L’aveva ereditata dal papà. Il classico figlio di papà con una cravatta di merda.
Si sedeva alla sua scrivania. Sulla porta dell’ufficio c’era una targhetta che diceva “vicedirettore”, ma avrebbe anche potuto essere Dio, per quanto valeva.
Si accendeva una sigaretta (Vietato fumare), urlava alla segretaria (Vietato scopare) di non passargli telefonate e si perdeva tra i numeri.
Lui adorava i numeri, i calcoli. Giudicava gli individui in base a tabelle, dati evidenziati, asterischi. Era il Re delle statistiche.
Facce, sorrisi, mogli, figli, ricordi…
Tutto scompariva all’ombra di un asterisco.
Qui ho perso tre euro…
Qui ne ho guadagnati sette…
Faceva un gran freddo in quell’ufficio. “Cazzo. Seimila e rotti sacchi al mese e nemmeno un riscaldamento adeguato?”.
Qualcuno bussò alla porta. Un rompicoglioni, evidentemente.
“La disturbo?”
Ovviamente.
“Mi e’ arrivata una lettera. Io volevo sapere, capire…”
L’uomo, quello con la cravatta di merda, appoggio’ la penna (Montblanc – milleduecento in conto spese) e sospiro’.
Avete presente quei sospiri supponenti, da benefattori fasulli?
Dicevo, fece questo sospiro e appoggio’ il mento sulle nocche, in attesa.
“E’ questione di calcoli” spiego’ a quello che, per lui, avrebbe potuto essere un bambino di sette anni.
Il dipendente, quarantanove anni, un figlio e un mare di debiti, penso’ per un istante d’implorare.
Quello con la cravatta di merda attendeva.
Come un Padreterno prossimo a non esaudire una preghiera. Con la stessa noncuranza,
“Sono venuto per ucciderla”.
Che colpo di scena!
Cazzo, che STRAORDINARIO colpo di scena!
Seguitemi in questo dipinto… Proprio ora.
Socchiudete gli occhi. Lasciatevi solo uno spiraglio per leggere e uno per immaginare.
C’è una pistola puntata alla tempia del tale seduto alla scrivania.
L’ha rimediata una sera, in un vicolo dietro alla stazione, da un…
Ma questa è un’altra storia, che un giorno forse vi racconterò.
Vedete gli occhi sgranati dell’imbecille in giacca e cravatta?
Guardate come ride quella puttana che intasca cento pezzi per un pompino. Ora è a casa sua, nel suo letto, con un’amica. Ma tu guarda… una lesbica.
La pistola trema. Il dito e’ sul grilletto.
“Non voglio restare a casa.”
Un paio di mani battono, fintamente rassegnate alla sorte.
“Mio caro amico, venga. Le mostro questi calcoli. Quattro euro qui, sette euro li’. Lo vede? Sa quanto perde l’azienda per colpa sua?”
“Undici euro?”
Un rapido calcolo.
“Bravo. Undici euro. Ma li moltiplichi per milleduecento dipendenti. Ha idea di quanto faccia?”
“Tredicimila e duecento?”
“Un attimo” la calcolatrice lavora frenetica “Appunto. Tredicimila e duecento. Per lei potranno sembrare bruscolini. Per quest’azienda sono parecchi, glielo assicuro.”
Il piccolo operaio socchiude gli occhi.
Basterebbe così poco. Un respiro, un movimento del dito, un tollerabile rinculo.
Beh, gente…
Io non vi dirò com’è andata quella volta, giù alla fabbrica.
L’unica cosa che posso dirvi e’ che io c’ero. Ero lì’, presente. Che osservavo in silenzio, in attesa dello sparo.
Cosa?
Se ero io il piccolo operaio con la pistola in mano?
Se sono stato io a fare fuoco o a ritirarmi come un vigliacco?
La risposta è no.
Io ero lì, in quello stesso ufficio, ma disarmato.
Con una cravatta stretta, macchiata di sangue, a mozzarmi il fiato.

Alex Rebatto 

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Alex Rebatto

Alex Rebatto, classe 1979. Ha collaborato nei limiti della legalità con Renato Vallanzasca ed è stato coautore del romanzo biografico “Francis”, sulle gesta del boss della malavita Francis Turatello (Milieu editore), giunto alla quarta ristampa. Ha pubblicato il romanzo “Nonostante Tutto” che ha scalato per mesi le classifiche Amazon. Per Algama ha pubblicato il noir "2084- Qualcosa in cui credere"

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