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Il Montepaschi affossa tutte le banche d’Italia

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La settimana scorsa si è tenuta l’Assemblea del Monte dei Paschi di Siena per votare l’aumento di capitale che dovrebbe, nelle intenzioni, pilotare in rada la malconcia nave della più antica banca del mondo. L’assemblea ha fatto il suo dovere e ha approvato il piano A, che è poi l’unico disponibile (non c’è nessun Piano B) per evitare il Caos Omega alla più antica banca del mondo.
Sapete quale è stata la reazione di Piazza degli Affari? Un’esplosione di volatilità sul titolo Montepaschi. E alla fine, una sonora bocciatura. La Borsa ha decretato che l’azione vale 0,2 euro – un corso vicino ai bassi livelli della scorsa estate e non troppo lontano dal minimo degli ultimi dodici mesi, 0,1615. Augh! I mercati hanno parlato, come direbbe Tiger Jack, il pard indiano di Tex Willer, se invece di cercare tracce facesse il giornalista finanziario.

Non è difficile capire il perché di questa reazione. Tutta la manovra si impernia sulla conversione volontaria in azioni di certe categorie di obbligazioni, operazione da realizzare in una settimana. Questo porterà nelle casse di Mps fino a 4,3 miliardi di euro validi ai fini di Basilea IV (ma probabilmente i soldi saranno assai meno). Poi ricapitalizzazione in Borsa fino a 2 miliardi e ingresso di nuovi soci per altri 1,5 miliardi.

Per la conversione (che ha già il sì di Generali) c’è tempo solo da lunedì 28 a venerdì prossimo. Perché tutta ’sta fretta? Chiaro: domenica si vota per il referendum; dopodichè il diluvio, o quant’altro verrà. Questo aumento finisce di distruggere il valore in mano ai piccoli azionisti, che verranno diluiti fino ad assumere la consistenza di un pallido brodino verdino (il colore delle loro tasche). O forse non riuscirà, e allora la più antica banca del mondo chiuderà i battenti. Scusate, noialtri s’ha scherzato fin dal 1472, ’un ve la state a piglià, ora togliamo il disturbo.

Peggio ancora è l’effetto che ormai da mesi il Montepaschi sta avendo sull’insieme del sistema bancario italiano. La percezione di grande fragilità che si attacca al Monte si estende in modo del tutto naturale (ma abbastanza erroneo) all’insieme del settore del credito del nostro Paese. Sulla stampa internazionale si leggono articoli su questa fragilità solo in parte vera; peggio ancora, all’interno di articoli dedicati a temi differenti viene citata come qualcosa di scontato, in brevi accenni casuali.

Si sarebbe dovuto agire prima. Una soluzione tempestiva del problema delle sofferenze di Mps avrebbe avviato a soluzione anche il malessere complessivo del sistema creditizio, alleviando i guai dell’economia italiana. Doveva pensarci il governo. Ma una tale soluzione era ovviamente fuori della portata del nostro governo, perennemente affaccendato in altre faccende.

Ovvio che quello che sta succedendo con il Montepaschi lascia l’amaro in bocca. Quel che è peggio, quel tanto di dolce che ancora c’è sembra dover approdare nelle capaci mascelle dei soliti predatori finanziari internazionali: per esempio il fondo sovrano del Qatar, che per un miliardo acquisirebbe una quota del 20%, diventando il primo azionista. Allah è grande, Renzi mica tanto.

Paolo Brera
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Paolo Brera

Paolo Brera è nato nel secolo scorso, non nella seconda metà che sono buoni anche i ragazzini, ma nell’accidentata prima metà, quella con le guerre e Charlie Chaplin. Poi si è in qualche modo trascinato fino al terzo millennio. Lo sforzo non gli è stato fatale, ma quasi, e comunque potete sempre aspettare seduti sulla riva del fiume. Nella sua vita ha fatto molti mestieri, che a leggerne l’elenco ci si raccapezza poco perfino lui: assistente universitario di quattro discipline diverse (storia economica, diritto privato comparato, eocnomia politica e marketing), vice export manager di un’importante società petrolifera, consulente aziendale, giornalista, editore, affittacamere e scrittore. Ha pubblicato una settantina di articoli scientifici o culturali, tradotti in sei lingue europee, due saggi (Denaro ed Emergenza Fame, quest’ultimo pubblicato insieme a Famiglia Cristiana), due romanzi e una trentina di racconti di fantascienza, sei romanzi e una decina di racconti gialli, più un fritto misto di altri racconti difficili da definire. Negli ultimi anni si è scoperto la voglia di tradurre grandi autori, per il piacere di fare da tramite fra loro e il pubblico italiano. Questo ha voluto dire mettere le mani in molte lingue (tutte indoeuropee, peraltro). Il conto finora è arrivato a quindici. Non è che le parli tutte, ma oggi c’è il Web che per chi lo sa usare è anche un colossale dizionario pratico. L’essenziale è rendere attuali questi scrittori e i loro racconti, sfuggire all’aura di erudizione letteraria che infesta l’accademia italiana, e produrre qualcosa che sia divertente da leggere. Algama sta ripubblicando le sue opere in ebook, a partire dalla serie dei romanzi con protagonista il colonnello De Valera.

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