I media britannici hanno fatto nei due giorni scorsi titoli urlati su Angela Merkel che avrebbe fatto un’apertura sulla libera circolazione dei lavoratori. Chiunque leggesse solo la stampa britannica, potrebbe credere che si sia aperto un signor spiraglio sulla richiesta britannica di godere della libera circolazione dei beni, dei servizi e del capitale ma di escludere la libera circolazione delle persone. La realtà è un’altra. E l’episodio la dice lunga sulla disonestà e sull’arroganza con cui oltre Manica viene presentato il problema della Brexit.
Arroganza certamente non smentita dalle dichiarazioni di quel patetico guitto di Boris Johnson, che alla rivista cèca Hospodářské Noviny ha dichiarato che l’idea che la libera circolazione sia uno dei diritti fondamentali previsti dall’Unione Europea è un semplice mito.
Per l’esattezza, questo è ciò che scrive la rivista cèca: Boris Johnson, parlando della libera circolazione, ha detto: “ “Je to naprostý mýtus. Je hovadina říct, že volný pohyb osob je základní právo,” zpochybňuje jednu ze čtyř základních svobod EU Johnson s tím, že o volném pohybu osob není v evropských smlouvách ani slovo.” Cioè: “”È un semplice mito. È una cazzata dire che la libera circolazione delle persone sia un diritto fondamentale”. Johnson mette in dubbio una delle fondamentali libertà dell’Ue col dire che della libera circolazione delle persone nei trattati europei non c’è nemmeno una parola”. Juncker ha immediatamente postato su Twitter il contenuto dell’articolo 3 del Trattato di Roma, dove si parla di libera circolazione delle persone.
Per tornare a Merkel e alla rappresentazione che delle sue parole si fa nel Regno Unito, ecco che cosa ha veramente detto la cancelliera tedesca nel suo discorso. Lo riporto sia in tedesco che nella mia traduzione italiana, che si trova in fondo: scusatemi la lunga germanata, però solo così chi legge il tedesco può verificare da sé. (Gli altri, si capisce, si debbono fidare della mia versione.) La citazione del discorso di Merkel non è completa, ma chi vuole l’intero discorso può googlare la prima frase e lo trova.
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Natürlich geht es auch bei der Gestaltung der Globalisierung erst einmal um die Frage unseres Selbstverständnisses in der Europäischen Union. Da, müssen wir sagen, erweist sich das Votum der Briten für den Austritt aus der Europäischen Union als ein tiefer Einschnitt; das ist überhaupt keine Frage. Wir stehen jetzt vor der Frage: Was tun die 27, um Vertrauen in die Europäische Union zurückzugewinnen und auch in Zukunft gute Beziehungen zu Großbritannien zu erhalten? Denn gerade auch die deutsche Wirtschaft ist sehr stark von der britischen Wirtschaft abhängig; und umgekehrt. Aber können wir um jeden Preis Kompromisse eingehen?
Da will ich nochmals darauf hinweisen – und ich bin auch dankbar dafür, dass die BDA das genauso sieht –: Die Europäische Union entfaltet ihre Vorzüge nur auf der Basis bestimmter Grundsätze; und zu diesen Grundsätzen zählen die vier Grundfreiheiten, also die Freiheit der Bewegung von Personen, von Dienstleistungen, von Gütern und von Finanzmarktprodukten. . Gesetzt den Fall, wir machen für Großbritannien bei der Personenfreizügigkeit eine Ausnahme, dann würde dies bedeuten, dass wir die Grundsätze des gesamten Binnenmarkts der Europäischen Union in Gefahr bringen, weil alle anderen dann auch Ausnahmen haben wollten.
Deshalb glaube ich persönlich: Wir werden uns noch einmal auf eine Diskussion mit der Kommission über Freizügigkeit einrichten müssen. Denn wenn zum Beispiel jemand im Rahmen der Freizügigkeit aus einem osteuropäischen Land nach Deutschland kommt, nur kurzzeitig erwerbstätig ist, aber hier damit einen lebenslangen Anspruch auf dauerhafte Sozialleistungen erwirbt, dann sehe ich darin schon eine Frage, über die wir noch einmal reden müssen. Denn Freizügigkeit gilt für mich in dem Sinne, dass der Arbeitnehmer das Geld, das er für sich und den Unterhalt seiner Familie braucht, auch in einem anderen Mitgliedstaat verdienen kann. Insofern muss über die Frage, ab wann lebenslange Sicherheiten nach dem Sozialstandard des aufnehmenden Landes gelten, sicherlich noch geredet werden.
An der grundsätzlichen Frage der Freizügigkeit dürfen wir nach meiner festen Überzeugung aber nicht rütteln. Aber es ist wiederum ein Paradoxon, dass die Briten uns jahrelang beschimpft haben, dass wir mit Blick auf Polen und andere osteuropäische Länder Übergangsfristen in Anspruch genommen haben, und heute diejenigen sind, die darüber klagen, dass sie diese Übergangsfristen nicht in Anspruch genommen haben, und die Freizügigkeit in ganz Europa beschneiden wollen. Das geht nicht. Bevor wir faire Verhandlungen führen, muss Großbritannien allerdings auch erst einmal erklären, in welcher Weise es den Austritt wünscht, was ja nach Aussagen der britischen Premierministerin bis März nächsten Jahres erfolgen soll.
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Traduzione italiana:
Naturalmente anche con la formazione di un mondo globalizzato si pone il problema della nostra identità nell’Unione Europea. Il voto dei britannici, questo dobbiamo dirlo, rappresenta una ferita profonda nell’Unione Europea. La questione è: che cosa devono fare i 27 per recuperare la fiducia nell’Unione e mantenere anche in futuro buone relazioni con la Gran Bretagna? Perché anche l’economia tedesca dipende in larga misura da quella britannica, e viceversa. Ma possiamo fare compromessi a qualunque prezzo?
Voglio ripeterlo ancora (…): l’Unione Europea sviluppa i suoi vantaggi solo sulla base di certi presupposti: e fra questi presupposti dobbiamo contare le quattro libertà fondamentali, cioè la libera circolazione delle persone, dei servizi, dei beni e dei prodotti del mercato finanziario. .
Supponendo che facessimo un’eccezione per la Gran Bretagna per la libera circolazione delle persone, questo significherebbe che mettiamo a rischio le fondamenta dell’intero mercato interno dell’Unione europea, perché tutti gli altri a questo punto vorrebbero le loro eccezioni. Dobbiamo ancora una volta intavolare con la Commissione una discussione sulla libera circolazione. Perché se per esempio qualcuno nel contesto della libertà di movimento da un Paese dell’Est europeo arriva in Germania, è solo temporaneamente occupato, ma in questo modo acquisisce qui un diritto permanente alla previdenza sociale, qui posso già vedere un’esigenza di parlare di nuovo. Perché la libertà di movimento vuol dire che anche in un altro Stato membro i lavoratori possono guadagnare i soldi che gli servono per sé e per mantenere la loro famiglia. Per questo si deve ancora discutere del problema da quando debba partire la sicurezza sociale sulla base degli standard sociali del Paese ospite.
Sulla questione di principio della libertà di circolazione tuttavia è mio fermo convincimento che noi non dobbiamo vacillare.
Ma ancora una volta, è paradossale che i britannici, che per anni ci hanno aggrediti perché noi abbiamo adottato nei riguardi della Polonia e di altri Paesi dell’Europa orientale uno scadenzario di transizione, siano proprio loro a lamentarsi di non aver preso nessuna misura transitoria e a voler ridurre la libertà di circolazione in tutta l’Europa. Così non va. Prima che noi ci impegniamo in negoziati aperti e disponibili, la Gran Bretagna deve dichiarare apertamente in quale maniera vuole uscire dall’Unione, cosa che secondo quanto ha dichiarato la Prima ministra britannica deve avvenire entro marzo del prossimo anno.
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È ovvio dalla lunga citazione riportata sopra che Merkel non ha affatto aperto alla possibilità che la Gran Bretagna possa avere la sua torta e anche mangiarsela, ha solo detto che nella libera circolazione delle persone bisognerà prestare attenzione alla concessione delle prestazioni sociali. Può essere giusto o sbagliato (non ho ancora un’opinione decisa al riguardo), ma non è un via libera all’assurda pretesa della Gran Bretagna di prendere solo le ciliegine della torta europea. Anzi, le parole di Merkel non riguardano proprio la Gram Bretagna, a meno che questa non finisca per accettare il principio della libera circolazione delle persone.
In Gran Bretagna si fa una grande confusione sul tema dell’immigrazione. Controllare chi entra nel territorio nazionale è giusto, perché un’immigrazione eccessiva può creare grossi problemi. Ma essere nell’Unione Europea significa accettare a priori che lo scambio di popolazione all’intero dell’Unione porta solo problemi che siamo in grado di gestire. Un europeo è un europeo è un europeo, ed è secondario che provenga dalla Sicilia o dalla Lapponia. Questo è ciò che noi europei abbiamo accettato e accettiamo, con pochissime restrizioni – concernenti, per esempio, i posti nel settore pubblico. Ma questo gli inglesi (non: i britannici) non lo accettano, e intorbidano il dibattito facendo discorsi generali. Purtroppo, anche i media britannici (che pure sono fra i migliori al mondo) stanno contribuendo alla disinformazione del pubblico.
Paolo Brera
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