Per carità, quello del calcio è essenzialmente un giuoco, i drammi veri sono ben altra cosa, ma proprio calcisticamente parlando, l’uscita dalla Champions della Roma nei preliminari col Porto, ecco, nell’economia globale della stagione giallorossa, medio – lungo periodo, peserà assai. E il pur bravo mister Luciano Spalletti, colui il quale nei mesi scorsi diede una scossa positiva ai lupacchiotti romanisti, non è esente da colpe. Tuttaltro. E insieme al trainer, dietro la lavagna, di diritto ci va pure il direttore sportivo, altro calciofilo comunque capacissimo, Sabatini.
Sì perché la formazione iniziale della squadra, eccessivamente nervosa, a tratti irritante e con la testa tra le nuvole, quantomeno si è rivelata, col senno di poi naturalmente, starata e sballata, con elementi (scelti da chi?) schierati fuori ruolo e soprattutto a corto di condizione. Ergo Spalletti avrebbe dovuto calarsi nella parte, preparando l’evento parlando meglio e magari parlando e specchiandosi meno, con piglio più incisivo. Dall’esterno poi, beh l’impressione e che alcunimovimenti societari legati alla scelta dei nuovi acquisti, all’allenatore non siano garbate; così un dialogo proficuo e continuo tra direttore tecnico (nella fattispecie appunto Sabatini) e il coach manager servirebbe (presumibilmente), dalle parti di Trigoria e dintorni, come acqua al deserto. No?
Per chiudere, il capitano Francesco Totti, malinconicamente in panchina lo scorso martedì 23 agosto all’Olimpico, dalla fu Coppa dei Campioni meritava un commiato ben diverso. E meritava di giuocare almeno una manciata di minuti così per vedere l’effetto che avrebbe potuto fare e dare.
Stefano Mauri