Come andarono davvero le cose con la spedizione dei Mille? In un gustosissimo racconto esclusivo per Fronte del Blog, lo scrittore Paolo Brera narra le vicende di Pepìn e Nino in Sicilia. Pronti a stupirvi?
Bon, questa me l’ha raccontata Walter Viviani, che fa ricerche e gli piace raccontare le cose come stanno, senza abbellimenti né musse. Walter non lo conoscete ma è un ex campione europeo di canottaggio, poi è anche uno chef e ha messo su il ristorante “Il Gabbiano” a Monterosso al mare, dove si mangia in modo delizioso.
Dunque Walter ci dice di un commerciante di tessuti e abbigliamento che si chiamava Giuseppe detto Pepín e viveva a Genova. Non era genovese, era foresto, ma le cose gli andavano bene perché a Genova, se non sei uno che va a rompere le dumdum alla gente, la gente non le rompe a te.
Un giorno Pepín compra d’occasione una partita di mille camicie. Costano poco, ma scopre subito che a venderle c’è un problema: non sono del colore giusto. Sono rosse e a Genova non incontrano. Pepín cerca a lungo un’idea per smerciarle. Alla fine, vede arrivare in rada un vapore che si chiama “Piemonte”, carico di botti di vino marsala.
Ora, se da Marsala spediscono a Genova tutto quel vino, che costa caro, vuol dire che a Marsala hanno i soldi. E per poco che gli piacciano le camicie, le compreranno. Così Pepín dice al suo amico Nino: «Prendiamo su e andiamo a Marsala con il viaggio di ritorno del Piemonte».
E Nino, che come soprannome ha Fischio, Rischio, o qualcosa del genere, gli risponde: «Sì.»
I due arrivano a Marsala con le camicie. Ma venderle, niente da fare. A questo punto Pepín getta la spugna e dice: «Nino, venderle non si vendono, tanto vale regalarle».
E Nino Fischio gli risponde: «Sì.»
Quando hanno finito di regalare le camicie, Pepín ci pensa su un momento e fa: «Be’, Nino, oramai siamo qui, e tanto vale che ce la godiamo un po’. Facciamo un giro, andiamoci a vedere questa Palermo che ne ho sentito tanto parlare».
E Nino Rischio gli risponde: «Sì.»
Per la strada arrivano a una specie di monte, dove stanno un po’ di guardie assieme a una specie di spilungone con in testa una corona. Nino chiede a un contadino: «Come si chiama questo posto, e chi è quella gente?» e il contadino gli risponde: «Non vedo, non sento, non parlo, e la mafia non esiste».
Nino fa per saltargli addosso, perché è uno incazzoso, ma proprio in quel momento il Pepín gli fa notare che dall’altra parte stanno arrivando un bel po’ di persone con le camicie rosse.
«Non preoccuparti, non possono mica farsi rimborsare, gliele abbiamo regalate» dice Nino.
Il Pepín però non ci vede chiaro e domanda a uno dei camiciati perché li stiano seguendo.
«Ci hai regalato le camicie, quindi sei ricco e generoso. Noi abbiamo fame: ti veniamo dietro così magari ci dai anche qualcosa da mettere sotto i denti.»
Il tipo con la corona sul declivio di fronte vede venire avanti tutte quelle camicie rosse e si infuria. Infatti si chiama Francesco Borbone, di origine spagnola anche se temporaneamente re delle Due Sicilie, e il rosso gli ricorda le corride. Si mette a scappare, e il suo esercito lo segue. Pepín e Nino invece vanno prima a Palermo, poi, proseguendo il giro turistico, passano lo stretto di Messina e vanno in su per la Calabria.
Nino dice: «Vedi Napoli e poi muori.»
Un reporter di Teleborbone raccoglie la dichiarazione e la manda in onda. Francesco Borbone la sente e fila a rifugiarsi a Gaeta, presto raggiunto dal Papa Monono.
Il Pepín, che ci ha preso gusto, si ferma a Napoli per un po’. Intanto, a Torino, il suo concorrente Camillo si preoccupa: tutto a quei due deve andare il mercato delle Due Sicilie? E a lui cosa rimane, una sola Sardegna? Allora prende un po’ di amici – doganieri, guardie rurali, trogloditi, sonnolenti abitatori delle caserme, e incomincia a chiedere il passaggio per lo Stato Pontificio.
Il Papa, appena tornato da Gaeta, gli risponde: «No.»
Ma lui passa lo stesso e va incontro al Pepín a Teano. «Pepín,» gli dice, «nella vita bisogna sapersi accontentare. Tu qui nel Sud hai fatto un bel casino: che ne diresti di tornare a casa e lasciar fare un po’ a noi?»
E Pepín gli risponde: «Obbedisco!»
Alcuni dicono che le cose non sono mica andate così. Se ne approfittano perché sono loro che scrivono i libri di storia. Ma Walter Viviani risponde che lui le sue storie le conosce benissimo e sono più vere di quelle dei libri di storia.