Kevin Costner negli ultimi anni ci ha accompagnato (ed anche un po’ sfinito…) sui teleschermi italiani facendo comparsate negli spot di una marca di tonno, ma ne è uscito meglio di altri superdivi attratti dalle sirene della nostrana pubblicità. L’attore e regista californiano ha infatti dichiarato che i proventi di quest’uso della propria immagine a scopo commerciale( e ci mettiamo anche alcuni insulsi “camei’ in film spettacolari, come nel recente “Batman contro Superman”) gli servono per mantenere l’indipendenza economica necessaria a “fare il cinema che gli piace”.
Bisogna riconoscere che Costner, anche se non ha azzeccato tutti i film, alcuni ingiustamente ( ci piace ricordare Waterworld, che rivediamo sempre volentieri) rivelatisi fiaschi al botteghino, altri decisamente malriusciti sotto ogni punto di vista (citazione inevitabile per il postapocalittico The Postman, premiato con numerosi Razzie Awards) ha sempre cercato di esprimere, sia come interprete che come regista, una personale cifra artistica, figlia delle sue convinzioni ideali ed etiche.
In Criminal, uscito quest’anno, tenta una specie di salto mortale, accettando la parte di un rozzo e sanguinario psicopatico sotto la regia di Ariel Vromen, distintosi per aver portato sulle scene, con The Iceman, la storia vera di un terribile serial killer.
L’impresa è temeraria in quanto Costner nell’immaginario del pubblico (soprattutto femminile, trattandosi di un “bello” di Hollywood ) è per definizione un eroe buono, magari controcorrente, magari anticonformista (non a caso è stato un ottimo Robin Hood, il finto cattivo per eccellenza) ma sempre, alla fine, positivo.
Persino, ad esempio, nel film, A perfect World, gioiello registico di Eastwood, laddove si cala nel panni di un evaso che trattiene un bimbo in ostaggio.
Criminal può essere definito un thriller a sfondo fantastico, o se si vuole, fantascientifico.
All’inizio della storia il personaggio interpretato da Costner, Jerico Stewart, è detenuto in un manicomio criminale poiché, a causa di un irreversibile danno al cervello subito nell’infanzia, è totalmente anaffettivo e gratuitamente violento.
Secondo uno schema non nuovo al cinema, gli viene trapiantata, con un intervento chirurgico avveniristico, la memoria di un agente della CIA morto durante una missione che deve essere assolutamente ripresa e portata a termine per la sicurezza del mondo intero: in ballo c’è un software che può infiltrarsi nel sistema missilistico degli USA, prendendone il controllo.
Costner è bravo e convincente nel rendere la brutalità assassina di Jerico, una specie di subumano senza scrupoli, all’interno di un plot serrato di gran ritmo, nel quale si rivede l’indimenticabile Tommy Lee Jones in una bella parte secondaria.
Però state tranquilli. Il fascinoso tenente John Dunbar dell’Esercito Nordista, che scopre la cultura dei pellerossa sino a diventarne parte lottando contro lo strapotere ingiusto dei bianchi, non può resistere a lungo, per quanto invecchiato a imbruttito, nei panni di un energumeno elementare e violento. Nella sua testa sbagliata i ricordi del bravo agente morto in azione non mancheranno di lavorarlo ai fianchi, sino a un finale che non sarà il trionfo del patriottismo ma dei buoni sentimenti.
Rino Casazza
LA LOGICA DEL BURATTINAIO E TUTTI I LIBRI DI RINO CASAZZA
La logica del Burattinaio, nella mente del serial killer
Bergamo sottosopra. Un’avventura di Auguste Dupin e Giuseppe Giacosa