Su Fronte del Blog, in esclusiva, i primi due capitoli del formidabile thriller La logica del Burattinaio, di Daniele Cambiaso e Rino Casazza, che racconta la vera storia di William Vizzardelli, il serial killer bambino. Il motivo? C’è un assassino, guidato dalla Voce di un Burattinaio, che sta copiando i suoi delitti, commessi tra il 1937 e il 1938.
PROLOGO
Museo Criminologico,
Via del Gonfalone 29, Roma
sabato 29 dicembre 2012, ore 13
Correre. Puntare verso la moto. Sparire nella confusione del traffico di Roma. I polmoni esplodono, so perfettamente che avrò pochi secondi prima che una Volante piombi proprio dove mi trovo adesso.
E io corro. Corro nel sole di Roma. Lo zainetto mi rimbalza sulle spalle, penso a quello che contiene e mi viene da esplodere di gioia, vorrei esultare come un ragazzino dopo un goal.
È stato facile. Li ho sorpresi. Non si aspettavano niente del genere, non in un luogo come quello. Ho atteso con pazienza, ho scelto l’ora migliore. La chiusura imminente, con la maggior parte dei custodi già in pausa pranzo. I pochi sorveglianti superstiti che controllano svogliati sale ormai deserte dopo la visita rumorosa di una scolaresca. Odore di chiuso e noia. Sbadigli e fruscii di giornali.
Di colpo, l’azione. L’addetta alla biglietteria presa in ostaggio mentre controlla il magro incasso. Cellulari consegnati, telefono disattivato, tutti ammanettati. Urla, spintoni, il calcio della pistola giocattolo truccata da arma vera calato sulla tempia del più riottoso. Delle videocamere me ne sono fregato. Sapevo di avere qualche minuto e l’ho sfruttato al meglio per centrare l’obiettivo. Dall’analisi delle immagini non risaliranno mai a me. Parrucca, occhiali, barba finta. Non mi riconosceranno mai. Solo uno capirà, a tempo debito. In fondo è per lui che faccio tutto questo. Deve capire, ma solo perché sarò io a volerlo.
Sì, è stato facile. Non devo distrarmi. Sulla scalinata che da via del Gonfalone porta al Lungotevere dei Sangallo urto una donna di mezz’età con un trolley, quasi me la trascino dietro e lei si volta a insultarmi. «A fijo de na…»
In un altro momento, per quella frase, mi sarebbe piaciuto vederla annegare nel sangue. Invece rido. Corro e rido. Volevo quegli oggetti. Sono più di un simbolo. Molto di più. Dovevano essere miei e ora sono miei. Tutto può iniziare, tutto può finalmente tornare. Adesso si tratta solo di correre.
Corri veloce, non voltarti, non esitare. Raggiungi l’obiettivo.
Ecco la moto. Lontana, l’eco di una sirena. Troppo tardi, ragazzi. Sorrido. In fondo, mi dispiace andarmene. Si troveranno davanti un biglietto, proprio all’entrata del Museo Criminologico. Chiuso per rapina. Non ho resistito all’idea. Magari lo conserveranno in bacheca. Devo trafficare un po’ col blocco accensione della moto, la sirena si fa più vicina. Qualcuno mi osserva, ma non ha importanza. L’abbandonerò tra pochi metri, poi la metropolitana mi farà sparire nel ventre caldo e oscuro di Roma. Ecco, si accende. Una sgassata e volo via, volo lontano. Verso la salvezza. Verso il buio che mi protegge.
1
Grottaminarda (AV), via Valle 33,venerdÌ 4 gennaio 2013, ore 15
Pasquale Berricchillo porta d’istinto le mani alla gola per estrarvi il coltello, ma le dita, fortunatamente, incontrano il duro dell’innesto metallico. Stralunato, rimane a fissare lo schermo.
Ha avuto subito la sensazione che quella e-mail non portasse bene. Sua sorella è venuta ad avvertirlo che sul tablet lampeggiava la spia di posta in giacenza mentre era disteso sulla poltrona relax col lettore ebook in mano, suo passatempo da quando hanno inventato i libri digitali.
Maria è la curiosità fatta persona. Da sempre, ma in vecchiaia il vizio s’è incancrenito. La posta, cartacea o informatica, le mette frenesia. Non riesce a calmarsi prima di averla esaminata, anche se non è diretta a lei.
Infatti, dopo aver insistito perché andasse ad aprire l’e-mail, gli si era accodata. Le aveva sgarbatamente fatto cenno di allontanarsi, pentendosene subito. A volte dimentica che lui e Maria sono il bastone della reciproca vecchiaia, anzi più lei di lui.
L’indirizzo dell’e-mail, sarzana1999@ gmail.com, l’ha messo subito in agitazione. Sarzana! Chi e perché aveva infilato la cittadina, la sua ultima sede di servizio, nel proprio indirizzo di posta elettronica? Sarzana! Credeva che quel luogo non gli facesse più né caldo né freddo, invece era bastato leggerne il nome perché una morsa d’angoscia gli stringesse le viscere. Quisquilie, in confronto a quanto lo attendeva all’apertura del messaggio:“L’avvenire ci tormenta, il passato ci trattiene, il presente ci sfugge. Massimiliano”
Per un tempo che gli pare lunghissimo rimane immobile, ipnotizzato dalla misteriosa frase come scolpita sul bianco della videata. Poi, cerca di scuotersi.
Uno scherzo? S’arrabbia con se stesso per una supposizione così improbabile. Dopo tanto tempo dal “caso Colasanti”, a quale burlone può esser saltato il ticchio di sfruculiare l’investigatore sessantenne che per risolverlo ha pagato un prezzo enorme? Un maligno sfregio? Più ragionevole. Qualche sarzanese che gli vuol male ha deciso di rimestare nella piaga più dolorosa del suo passato. Anche se si stenta a immaginare un odio tanto intenso da superare l’abisso tra l’agosto 1999 e il gennaio 2013. Più probabile che del Commissario Pasquale Berricchillo in quella cittadina si sia persa la memoria. Be’, del Commissario Pasquale Berricchillo persona fisica forse sì, non certo del leggendario Commissario del “caso Colasanti”. Allora? Sarà perché i quasi quattordici anni trascorsi dalla fine della sua carriera gli hanno fatto perdere l’allenamento e il gusto per le congetture, ma non riesce a venirne a capo.
Di colpo, avverte una presenza alle spalle. Si gira di scatto sorprendendo un paffuto angelo custode in abiti vedovili che veglia su di lui, sbirciando lo schermo da dietro la schiena massiccia.
Le gesticola freneticamente, nel linguaggio dei muti: «Maria! Che cazzo!» Incurante della sua reazione lei chiede, con le sopracciglia aggrottate: «Massimiliano era il bambino dell’ascia, vero?»
“Il bambino dell’ascia”. La definizione fa trasalire Bericchillo. Modo brutale ma efficace per indicare Massimiliano Colasanti. In chiave familiare sarebbe più proprio “il bambino del coltello”, ma Maria ha avuto il buon gusto di astenersene. La investe con un’altra scarica di segni: «Non ti riguarda!»
Per qualche oscuro motivo (o forse fin troppo chiaro…) non deve averci messo troppa grinta, perché Maria, per nulla scoraggiata, aggiunge, candida: «Perché ti avrà scritto quella cosa lì?»
«Sì, sta a vedere che è stato proprio lui!» le segna con aria canzonatoria, maldissimulando l’inquietudine.
William Vizzardelli, il serial killer bambino – LEGGI
Già, ci manca che il messaggio sia autentico. È appena tornato sulla terrazza per riprendere, senza riuscirci, la lettura. Maria, offesa, si è ritirata in camera sua. Poco male, faranno presto pace, il loro affetto è più forte di qualsiasi dissapore. Il carnefice che ritorna… Nessun incubo peggiore, per la vittima. Non si fatica a capire come mai, contro ogni tentativo di scacciarlo, o di ridicolizzarlo, quel pensiero continui ad affacciarsi. Anche e soprattutto perché Massimiliano Colasanti è stato per lui un carnefice sconvolgente. Un bambino di sei anni, in preda a raptus di violenza di origine psicotica (ma il suo cervello aveva anche alterazioni neurologiche), che macella a colpi d’ascia padre e fratellastro, e per completar l’opera ti conficca un coltello da cucina nella gola.
Eh sì, quel demonio in erba ce l’aveva messa tutta per distruggergli l’esistenza. Al tempo, lo consideravano un miracolato della chirurgia estrema: il medico che l’aveva operato era divenuto famoso, anche se lui non è riuscito a provare riconoscenza fino in fondo per chi l’ha restituito alla vita senza più la possibilità di parlare.
Grazie per i quattordici indimenticabili anni di mutismo che mi hai regalato, piccolo Massimiliano! È stato bello doversi esprimere a gesti per tanto tempo, bello quanto dover lasciare la polizia per invalidità a quarantasei anni…
Seguendo un istinto confuso, torna all’home computer e si connette a Google. Quando digita il nome “sarzana” sulla barra di ricerca, non può fare a meno di provare (ancora!) un brivido. Sullo schermo si sciorina la solita etereogenea lista di web page che includono il nome ricercato.
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Sarzana. Wikipedia. Sarzana (Sarzàna in ligure, nel dialetto della Lunigiana e nel dialetto spezzino) è un comune di 22124 abitanti in provincia di La Spezia…
Comune di Sarzana Home. Sito istituzionale del Comune Sarzana. Vai ai contenuti.
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Clamorosa rapina al Museo Criminologico di Roma… uno sconosciuto ha sottratto in pieno giorno… William Giorgio Vizzardelli, il “Mostro di Sarzana“…
Vizzardelli, il Mostro di Sarzana: ecco la vera storia del serial killer bambino – LEGGI
Lo sguardo di Berricchillo rimane inchiodato a quelle frasi. È una notizia della cronaca cittadina del “Tempo” di Roma. Risale a sei giorni prima. Ora che ci pensa, ne ha sentito parlare al Telegiornale, anche se si allontana quando trattano notizie di nera per non farsene prendere (il demone del poliziotto cova ancora, frustrato, dentro di lui).
William Vizzardelli. Il Mostro di Sarzana. Una storia ben nota a quanti hanno abitato nella cittadina ligure, e agli appassionati di “true crimes”.
Apre il link e legge l’articolo. Non può fare a meno di rimanerne colpito. La spavalderia del rapinatore non promette nulla di buono. Sembra aver commesso il crimine solo per sottolineare l’impotenza delle forze dell’ordine. Il cartello “chiuso per furto” lasciato dietro di sé è una trovata da Zorro alla rovescia che potrebbe anche apparire spiritosa, se non indicasse una mentalità profondamente perversa. Rubare le armi del “mostro giovinetto” degli anni Trenta, poi! Che messaggio voleva dare?
Spegne il pc con insofferenza, per non approfondire quella bizzarra bravata. Anche perché il suo significato gli sembra altrettanto trasversale di quello dell’email. Non ha voglia di rincorrere le ombre.
Tratto da “La logica del Burattinaio” (Algama)
LA LOGICA DEL BURATTINAIO E TUTTI I LIBRI DI RINO CASAZZA
La logica del Burattinaio, nella mente del serial killer
Bergamo sottosopra. Un’avventura di Auguste Dupin e Giuseppe Giacosa