Andiamo virtualmente un attimo indietro nel tempo. Primavera 2014: l’allora trainer juventino Antonio Conte, per inseguire il record, poi raggiunto e stabilito, degli oltre 100 punti in campionato, indiavolato getta alle ortiche una straordinaria opportunità. Quale? Giocarsi la finalissima dell’Europa League, competizione snobbata per il record dei 102 punti, nella sua Torino, nello Juventus Stadium, col Siviglia.
Torniamo ai giorni nostri, precisamente allo scorso venerdì 17 giugno, allorquando forse, beh un allenatore meno indemoniato che non vuole sempre dimostrare a tutti di essere un vincente assatanato, ecco negli ultimi minuti, opposto alla non irresistibile Svezia, magari, da provetto ragioniere – condottiero, ai suoi ragazzi avrebbe potuto chiedere di giocare per il pareggio confidando, così, in seguito a un tabellone più morbido nel proseguimento dell’Europeo.
Sì perché la rappresentativa azzurra, vincitrice del suo girone eliminatorio, beh è finita in un vortice di incroci infernali, in un frullatore che vedrebbe i Conti Boys, qualora passassero lo scoglio, cosa per niente scontata, Spagna, affrontare eventualmente altre corazzate quali, per esempio, la Germania.
Vincere è stupendo, ma talvolta anche calcolare non è male: nel 2006, prima di vincere il Mondiale, incroci del destino (fortuna o calcolo?) agli italiani riservò partitine soft con Australia e Ucraina.
Detto questo, specificato che il paradosso dell’ottimo Conte, professionista esemplare, preparato, capacissimo, antipatico (come i veri vincenti o la gente con carattere) è quello che non sarà mai (pregio o limite?) un calcolatore, chissà ora la sua nazionale stupirà tutti vincendo le restanti partite. Sogno o scenario possibile?
Stefano Mauri