Quello del trascorrer del tempo è un argomento affascinante che, con le scoperte della fisica moderna, da Einstein in poi, ha assunto una valenza non solo filosofica, o psicologica, ma anche scientifica. L’ultimo film di Tornatore, La corrispondenza, mi ha istintivamente richiamato un film, altrettanto piacevole, in apparenza lontanissimo come genere e contenuto: Contact di Robert Zemeckis, con una Jodie Foster molto in forma. Contact traeva il suo fascino da quello che molti cosmologi considerano il principale problema di un contatto tra civiltà terrestre ed altre aliene: l’abissale distanza tra noi e loro nello spazio-tempo. Intelligenze extraterrestri, insomma, quasi sicuramente esisterebbero, ma non potrebbero mai incrociare la loro strada con la nostra in quanto nate in parti dell’universo e/o in epoche per noi irraggiungibili.
Cosa c’entra questo, vi chiederete, con il film di Tornatore, una storia d’amore tra un uomo maturo e una giovane donna, a parte il fatto che entrambi, professore universitario l’uno e studentessa l’altra, si occupano di astrofisica?
Molto più di quanto si creda.
Il legame tra i protagonisti de La corrispondenza, basato su una fortissima consonanza intellettuale e spirituale, non solo supera l’ostacolo, sempre spinosissimo, della distanza geografica (il professore ha famiglia ed è pieno di impegni in giro per il mondo, perciò i due riescono a vedersi sporadicamente) ma addirittura riesce a spingersi oltre il confine della morte.
Come?, vi chiederete ancora. E’ forse una storia di comunicazione con l’aldilà?
No. La vicenda non abbandona mai questo nostro odiosamato mondo.
Il rapporto tra i due innamorati prosegue al venir meno di uno dei due grazie ad un artifizio della moderna tecnologia, derivato stretto delle teorie cosmologiche. Come la luce di una stella continua a brillare nel cielo anche se la stessa chissà da quanto tempo si è spenta, complice lo sconfinato intervallo spaziotemporale che la divide dalla Terra, così le immagini e la voce di una persona possono continuare a brillare per i suoi cari dopo la sua scomparsa.
Il film di Tornatore, un regista che non ha mai deluso, è tutto intessuto su questo gioco commovente dello spicchio d’eternità che l’amore può concedersi imitando la luce stellare.
Superfluo annotare che il protagonista maschile, il bravissimo Jeremy Irons, fornisce una prova di rilevo, per il suo fascino maturo un po malinconico perfettamente adatto alla storia. Convincente anche l’ex modella Olga Kurylenko, dalla quale Tornatore, ottimo nella conduzione degli attori, riesce a tirar fuori il meglio.
Per toccare vertici di eccellenza, il film avrebbe dovuto curare di più il ritmo, e abbreviare molti passaggi che risultano lenti e ripetitivi. Non è la prima volta che Tornatore mostra questo difetto (ad esempio anche il suo celebratissimo film desordio, Nuovo Cinema Paradiso, per rendersi più digeribile dovette essere tagliato) ma è probabile che, in questo caso, fosse un rischio calcolato per la materia scelta.
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