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Il Ponte sullo Stretto di Messina non c’è ancora. Ma le prime vittime sì

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Cento cittadini avevano pensato di poter protestare contro il Ponte sullo Stretto di Messina. Si sono rivolti al Tribunale delle Imprese e hanno chiesto di bloccare il progetto. È andata male: i No Ponte sono stati condannati al pagamento della bellezza di 340 mila euro, da liquidare alla Stretto di Messina Spa. Insomma era meglio tacere. E aspettare. Perchè, in fondo, aspettiamo da oltre 150 anni.

Oggi il ponte a campata sospesa più lungo del mondo è sullo Stretto dei Dardanelli: 2023 metri. Tra Reggio Calabria e Messina dovrebbe essere lungo addirittura una volta e mezza quello dei Dardanelli, roba da stracciare ogni record: 3300 metri, per 3660 in totale. E allora aspettiamo fiduciosi. Quando si arriverà al cantiere? Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, a settembre 2023, assicurava: «Nell’estate dell’anno del Signore 2024». Ad agosto del 2024 non si vedeva manco una ruspa in giro. E allora: «Allora entro l’anno si può partire con la cantierizzazione». Niente, siamo ad aprile 2025 e non si vede neppure una buca.

Sicchè Salvini comincia ad usare prudenza: il progetto del Ponte «approderà presto al Cipess». Ecco, diciamo «presto», il tempo di finire le ultime misure di compensazione ambientale. Secondo Pietro Ciucci, amministratore delegato della società Stretto di Messina, c’è pure una nuova data: la seconda metà del 2025. Aspettiamo.

Certo, l’ok definitivo lo temono soprattutto le 450 persone che saranno espropriate per far posto all’avveniristica opera. Anche se dovremmo definirla fantasmagorica. Perchè è dalla notte dei tempi che ci provano. Da quando s’è fatta l’Italia, lo hanno progettato mille volte. Nel 1870 l’ingegner Carlo Navone lo prevedeva sottomarino, ma le correnti dell’area lo impediscono. Il terremoto di Messina mise qualcuno sul chi va là: meglio lasciar perdere per via delle zone sismiche. Ma era il 1908, la gente dimentica. E poi immaginarlo, il Ponte, è meglio che realizzarlo. Perchè i progetti si pagano.

Nel 1955 uno studio di fattibilità alza bandiera bianca: i fondali rendono l’opera troppo complessa. Fermarsi? Quando mai. Di nuovo, giù progetti a volontà: il ministero dei Lavori Pubblici promette che sarà inaugurato il 30 giugno 1960. Come no. Nove anni dopo, l’Anas promuove il «concorso di idee per l’attraversamento dello Stretto di Messina». E via di fondi statali. Ma niente, non se ne fa nulla. Anno 1981: nasce la società Stretto di Messina, a capitale pubblico, s’intende. Qualcosa si dovrà pur fare. E infatti, quattro anni più tardi, il ministro Claudio Signorile esulta: «Nel 1988 ci sarà la posa della prima pietra e nel 1996 la fine dei lavori dal costo di cinquemila miliardi». Tombola. Ma ci sono ancora le lire, l’era in cui si ride dei soldi sprecati.

Nel 2000 l’Ansa fa però i primi conti. E si inizia a ridere meno: tra il 1981 e il 1997 sono stati spesi, solo per immaginare il Ponte, qualcosa come 135 miliardi. Ma da Messina a Reggio Calabria si va sempre in traghetto. A Palazzo sembra però il caso di spolpare ancora le casse pubbliche: giunge un nuovo preventivo da 9400 miliardi di lire.

Anno 2004: arriva il progetto «definitivo». Giurano: 3300 metri di campata centrale, 3666 metri in tutto, sei corsie stradali e due binari. Il costo? Una roba da niente: 4,6 miliardi di euro. Intanto è tutto lì, fermo come nel 1870. Non si muove manco una pianta.

Arriviamo al 2008. E il presidente dell’Anas Pietro Ciucci non ha più dubbi. E prevede l’inaugurazione per il 2016: «Rispettare i tempi previsti è un obiettivo impegnativo, ma possibile anche grazie a tutto il lavoro svolto in precedenza». Ma certo. Nel frattempo i costi sono lievitati: di miliardi ce ne vogliono 6.

Quando arriva Mario Monti, taglia tutto. Pure i costosissimi sogni: il Ponte non s’ha da fare. E poi da quelle parti ci sono treni che vanno a passo d’uomo, a binario unico e viaggiano a gasolio: sarà il caso di occuparsi di quelli? Lo chiede, a gran voce, Matteo Salvini, che, interrogato a La7, sul Ponte aggiunge: «Ci sono parecchi ingegneri che dicono che non sta in piedi. Quei soldi spendiamoli per le scuole». Poi è diventato ministro. E allora vadano a quel paese le scuole, facciamo il Ponte. Certo, ora costa qualcosa in più rispetto al 2012. Siamo a 15 miliardi. Ma stavolta è sicuro che lo fanno. Quando? «Presto».

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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