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Riarmarsi per morire di fame. Ma con il pratico kit di resilienza

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Ursula von der Leyen ormai si sente intoccabile. Giustamente: l’hanno lasciata al suo posto dopo che aveva comprato 1,8 miliardi di dosi di vaccino Pfizer trattando a suon di sms con dal ceo Albert Bourla. Ma poi ha detto di aver cancellato i relativi messaggi perchè la memoria del cellulare era piena. E l’hanno data per buona. Ai ciarlatani che siedono a Bruxelles piace evidentemente prenderci in giro e lei ovviamente rilancia: «Viviamo in tempi pericolosi, la sicurezza dell’Europa è minacciata in modo serio, la questione ora è se saremo in grado di reagire con la rapidità necessaria».

Inventato il nemico russo, suicidato il mercato del gas europeo con il sabotaggio di Nordstream, devastato quello delle auto con le politiche green, ora è tempo di riarmarsi. Perchè morire di surriscaldamento climatico mai: meglio andare in guerra. Beninteso, si tratta di armi non da deterrenza, quelle con cui spararsi addosso per anni finchè chi ha il nucleare non decide di imporre l’alt e le proprie condizioni ai Paesi distrutti.

All’Italia si calcola che le spese per le armi possano passare da 33 miliardi a 70, di cui già 7 quest’anno, 17 nel 2026, 27 nel 2027 e 37 nel 2028. Il che appare surreale soprattutto di fronte ad un debito pubblico che è già al 135,3% del Pil.

Senza contare i prestiti di 122 miliardi del Pnrr, applauditissimi dagli zerbini della stampa che nessuna domanda si sono posti rispetto al fatto che eravamo gli unici occidentali ad averli chiesti e gli unici in Ue a fare una richiesta così spaventosamente abnorme (al secondo posto c’è la Romania con 15 miliardi).

Sicchè, spenderemo ciò che resta in fucili e cannoni. Nel frattempo l’Istat certifica che un italiano su 4 dal 2024 è a rischio povertà o esclusione sociale, un trend in crescita. Il reddito in termini reali è sceso ancora. E sale pure il rischio povertà per chi lavora. Per «venire incontro» agli italiani, il Governo ha deciso pure di bocciare la rottamazione quinquies, che in fondo riguarda soltanto 19 milioni di connazionali. E di aumentare la pressione fiscale, con l’Istat che diffonde numeri da Unione Sovietica: il 42,6%. Aumentano le entrate delle amministrazioni pubbliche del 3,7%. Leggasi alla voce multe. O tasse. Anche quelle più sottili, come Iva, Irap, imposte e oneri su sistemi elettrici e gas, per pagare le cui bollette ormai gli italiani devono chiedere prestiti.

Secondo il Codacons le spese per i consumi delle famiglie hanno ormai una stagnante «crescita irrilevante». La gente compra sempre meno vestiti e scarpe. E calano anche i soldi spesi per la salute (-3,7%).

Domanda: ora che il Paese è definitivamente al tracollo, che la tassazione ha superato la soglia del limite sopportabile, che il debito pubblico risulta insanabile e che è pure chiaro che non saremo mai in grado di restituire i soldi del Pnrr, dove li prendiamo i soldi per giocare a fare i soldati americani contro i cattivi di turno come vorrebbero Lorsignori di Bruxelles?

Chissà. Pare che non sia questa la preoccupazione di Palazzo. E al Parlamento Europeo continuano a sollazzarci con nuovi, demenziali modi per spillare soldi ai cittadini. L’ultima boutade è il kit di resilienza: secondo la Commissaria Ue Hadja Lahbib ognuno di noi dovrebbe dotarsi di una borsa che contenga acqua, cibo in scatola o liofilizzato, torce, fiammiferi, farmaci di primo soccorso, coltellino svizzero, medicine. Il tutto utilissimo in caso di emergenza: «Pandemia e guerra in Ucraina ci hanno mostrato che dobbiamo essere pronti all’inaspettato, al peggiore degli scenari e prepararci con metodo, con responsabilità e serenità».

Per propinarci questa pagliacciata è previsto il coinvolgimento di scuole, invio di manuali di sopravvivenza e quant’altro, ovviamente, possa prevedere la mungitura di casse pubbliche a favore di aziende con l’orecchio teso verso gli appalti. Dicono che dovremmo dotarci anche di mascherine in caso di attacco batteriologico, come se le mascherine usate con il Covid potessero proteggere da armi di quel genere. E il tutto per sopravvivere la bellezza di 72 ore. Pensa che culo.

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Edoardo Montolli

Edoardo Montolli, giornalista, è autore di diversi libri inchiesta molto discussi. Due li ha dedicati alla strage di Erba: Il grande abbaglio e L’enigma di Erba. Ne Il caso Genchi (Aliberti, 2009), tuttora spesso al centro delle cronache, ha raccontato diversi retroscena su casi politici e giudiziari degli ultimi vent'anni. Dal 1991 ha lavorato con decine di testate giornalistiche. Alla fine degli anni ’90 si occupa di realtà borderline per il mensile Maxim, di cui diviene inviato fino a quando Andrea Monti lo chiama come consulente per la cronaca nera a News Settimanale. Dalla fine del 2006 alla primavera 2012 dirige la collana di libri inchiesta Yahoopolis dell’editore Aliberti, portandolo alla ribalta nazionale con diversi titoli che scalano le classifiche, da I misteri dell’agenda rossa, di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti a Michael Jackson- troppo per una vita sola di Paolo Giovanazzi, o che vincono prestigiosi premi, come il Rosario Livatino per O mia bella madu’ndrina di Felice Manti e Antonino Monteleone. Ha pubblicato tre thriller, considerati tra i più neri dalla critica; Il Boia (Hobby & Work 2005/ Giallo Mondadori 2008), La ferocia del coniglio (Hobby & Work, 2007) e L’illusionista (Aliberti, 2010). Il suo ultimo libro è I diari di Falcone (Chiarelettere, 2018)

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