tiene a sottolineare di non essere nato come “mostrologo”, ovvero appassionato analista del caso del mostro di Firenze, ma di essere prima di tutto un addetto ai lavori, avendo partecipato negli anni 90, come esperto di armi e di balistica, all’inchiesta su Pietro Pacciani, un contributo che, per quanto riguarda il processo di secondo grado al contadino di Mercatale, si è concretizzato nell’assistenza agli avvocati “storici” dell’imputato, Fioravanti e Bevacqua, nella formulazione dei motivi di appello.
In questa conversazione, oltre ad un’interessante digressione tecnica sull’analisi della famosa pallottola trovata nell’orto di Pacciani, sulla quale ai tempi Manieri pubblicò studi su riviste specializzate, si approfondiscono due novità rilevanti per quanto riguarda l’ultimo delitto del Mostro di Firenze.
Manieri infatti è in grado di dimostrare che il “fotofit” di un sospetto avvistato vicino alla scena criminis in un giorno precedente al crimine, non riguarda, come da parte di taluni si continua a sostenere, un individuo coi capelli rossi, ma “mossi”, facendo venir meno il collegamento con un identikit elaborato nelle indagini per il delitto del 1984.
Inoltre Manieri rivela che nell’inchiesta su Scopeti sono state trascurate, stranamente, tracce ematiche repertate sulla parte posteriore della tenda delle vittime, dalle quali si potrebbe desumere oggettivamente che la versione del supertestimone reo confesso, Giancarlo Lotti è falsa.
L’intervista video è in cima al post.
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