Ma quali fascisti al potere, dai. Lo avevamo scritto subito che di Giorgia Meloni temevamo semmai il draghismo, di cui era stata unico oppositore al governo, e che poi, specie in politica estera, ne è diventata la perfetta evoluzione. Ma certo la deriva che sta prendendo Palazzo Chigi ha in sè qualcosa di sovietico, all’insegna della tassazione più feroce per rimpinguare le casse dello Stato. Lo certifica l’Istat, secondo il quale nel secondo trimestre di quest’anno la pressione fiscale è salita al 41,3 per cento, contro il 40,6 dello stesso periodo del 2023. E, stando al Piano strutturale di bilancio pubblicato dal Mef salirà fino al 42,8 per cento nel 2025. Nello stile: «Quanto guadagni? Daccelo».
Finita la demenziale euforia dei prestiti del Pnrr e terminato lo spreco del Superbonus dei governi Conte e Draghi costato 123 miliardi di euro per ristrutturare appena il 4,1% degli edifici (con la stessa cifra si sarebbero potuti costruire 1,2 milioni di nuovi alloggi pubblici), è tempo di pensare a come restituire il bottino all’Europa. E così, pur di mantenere la poltrona, non si guarda più in faccia a nessuno. Vi ricordate la vergognosa alleanza tra Pd e M5S giunta appena pochi giorni dopo lo scambio di violentissimi insulti reciproci e non appena la Lega aveva liberato i posti di regia? È più o meno la stessa figuraccia che l’esecutivo attuale sta facendo, pur di incamerare quattrini e non schiodare, con la «rimodulazione» delle accise. Perchè la chiamano così, mettendo mano al vocabolari, l’aumento delle tasse sul diesel: «rimodulazione».
Ma è impossibile per chiunque dimenticare il video di una Giorgia Meloni infuriata davanti al benzinaio che, in tempi tutt’altro che lontani, urlava: «Noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite». E poi su Twitter, a caccia di voti, mentre scriveva: «Gli italiani continuano a essere spennati alla pompa di benzina… Per forza, le tasse sui carburanti sono tra le più alte al mondo! Abbassare se non abolire alcune folli e anacronistiche accise che gravano sugli automobilisti sarebbe un atto di civiltà!» Come no. Ora vogliono «rimodulare». Per un costo nelle tasche degli italiani, stimano le associazioni di consumatori, di 3 miliardi. Ma la ricetta per salvare il Paese rischia di non consistere soltanto nell’aumento delle accise, ma anche in quello delle sigarette. E chi lo avrebbe mai detto? Proprio una ricetta nuova. L’idea dell’Associazione di oncologia medica, Aiom, è di aumentarne il prezzo addirittura di 5 euro a pacchetto, in quanto responsabile della gran parte dei tumori al polmone. In questo ha già trovato appoggio in M5S e Pd.
Ma anche ai piani alti l’idea sembra piacere, almeno in parte, per poter rimpinguare le casse del ministero della Salute, rimaste vuote nonostante i 122 miliardi piovuti dall’Ue proprio per i danni provocati dal Covid ad una sanità che era rimasta incapace di reagire all’emergenza. D’altra parte, spiegano i fautori della maxitassa, in Francia il prezzo di un pacchetto si aggira sui 12 euro e negli Usa sugli 8. Peccato che lo stipendio medio di un francese sia di 40mila euro l’anno contro i 30mila degli italiani. E che quello degli americani superi i 65mila dollari.
E allora dove sta il senso? In un fatto ben preciso. Da tempo immemore scriviamo che la politica dei governi che si sarebbero via via succeduti sarebbe stata divisa per categorie, cercando un obiettivo su cui far sfogare di volta in volta la frustrazione degli italiani: dopo i tassisti e i balneari, adesso tocca ai fumatori. Ma come dimenticare, domani, che tutti gli studi più recenti hanno stabilito che il 20% dei tumori al colon sia provocato dalla carne rossa? Vogliamo non prevederla una tassa sul manzo? E quante sono le malattie provocate dall’alcol? Basta andare sul sito del ministero della Salute per scoprire tutti i danni e i morti che provoca, dall’apparato gastroenterico a quello nervoso, vascolare, endocrino, fino ad un’innumerevole serie di tumori. Non lo vogliamo almeno raddoppiare il costo di una birra o di un buon Chianti?
Sembra uno scherzo, ma ricordate che dal 2008 è stata introdotta la tassa etica per chi produce porno e per le tv che «per sollecitare la credulità popolare, si rivolgono al pubblico attraverso numeri telefonici a pagamento». E cioè, se una volta costoro li processavano, oggi possono arricchirsi o fregare gli italiani, a patto di versare il 25% allo Stato. E, per quanto appaia surreale, si devono dichiarare pure i proventi di furti, rapine e truffe. Sicchè, andremmo cauti nel negare che altri stupidi balzelli ci aspettino. E a proposito di tasse per prevenire il tumore, uno studio pubblicato sul The World Journal of Men’s Health ha raccomandato agli uomini di raggiungere l’orgasmo almeno 21 volte al mese per ridurre di un terzo il rischio di cancro alla prostata. E se non lo fai, come la mettiamo?