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L’italiano medio è indebitato, paga le vacanze a rate e va in pensione poco prima di morire

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L’italiano medio è indebitato per 29 mila euro, un’esposizione che è peggiorata del 13% negli ultimi quattro anni. Lo rivela uno studio condotto da Go Bravo, dal titolo “Osservatorio europeo sull’indebitamento”. La ricerca ha messo a confronto i tre Paesi in cui è presente (Spagna, Portogallo, Italia), scoprendo che il nostro si pone di gran lunga al vertice: i portoghesi hanno debiti per circa 17 mila euro a testa e gli spagnoli di poco oltre i 20 mila.

Ma chi è l’indebitato tipo nostrano? Maschio (67,9%) e tra i 50 e i 55 anni, pronto non tanto a chiedere molti prestiti – al contrario dell’omologo di Lisbona e Madrid, che è invece schiavo del microdebito – ma a chiederne pochi e decisamente più consistenti. Sembra la fotografia del padre di famiglia, alle prese con spese che non è più in grado di sostenere: si pensi alle bollette che hanno mandato in default i bilanci di coppie con e senza figli. O alla crisi economica provocata da un lockdown che, appena cominciato, era stato salutato così dall’allora preparatissimo ministro dell’economia Roberto Gualtieri: «Nessuno perderà il lavoro». In pochi mesi quasi un milione di persone rimase a spasso.

Ma tale fotografia potrebbe anche spiegare la tendenza dei giovani che, rimasti senza il becco di un quattrino prima elargito da papà e mamma, quest’anno si sono pagati le vacanze chiedendo un prestito. Ad agosto, infatti, un’analisi di Facile.it e Prestiti.it raccontava che erano stati erogati 250 milioni di euro in prestiti per viaggi e vacanze, con un incremento del 12% in un solo anno e un importo medio da 5425 euro da restituire in 50 rate, poco più di quattro anni. Che la situazione sia al collasso è evidente a tutti tranne a politici e ai loro sgherri dell’informazione, che esultavano per i dati economici in salita nel periodo d’oro del Superbonus senza rendersi conto che, come sottolineavamo invano, le uniche imprese in crescita erano quelle dell’edilizia e dei servizi finanziari.

Nel primo caso era pacifico che tutto fosse dovuto al fatto che a pagare era lo Stato. Nel secondo che la crescita della voce servizi finanziari significasse che gli italiani non avevano più soldi e dovevano indebitarsi. E certo le indagini fin qui riportate parlano di credito al consumo, quello fatto per tirare avanti e permettersi qualche sfizio. Ma non bisogna dimenticare che 19 milioni di italiani sono anche indebitati con il fisco che, dopo la finta pace fiscale mascherata da rottamazione quater (non vi era alcuno stralcio) allunga dunque le sue fauci sulla quasi totalità delle famiglie (che sono poco oltre i 25 milioni).

La domanda si fa sempre più ovvia: come farà l’Italia a ripagare i tanto esaltati 122,5 miliardi di prestiti del Pnrr se gli italiani già non riescono ora a tirare fine mese e devono ricorrere all’indebitamento? Come farà lo Stato a rientrare dei soldi erogati dall’Ue se non riesce nemmeno a frenare il proprio debito pubblico, salito in un anno di 87 miliardi, a quota 2947? Non può. E infatti, come annunciavamo da mesi, è cominciata la nuova svendita: il ministero del Tesoro ha deciso di mettere sul mercato il 15% di Poste Italiane. E, dall’altra parte, prova ad arginare la spesa più cospicua, quella delle pensioni, che costa ogni anno oltre 322 miliardi: ecco il no a nuovi canali di uscita anticipata, gli incentivi per restare al lavoro, la tendenza a voler alzare l’età pensionabile, attualmente a 67 anni (71 per chi non ha i requisiti). Scrive il sito giuridico Brocardi: «Si stima che, a partire dal 2027, l’età pensionabile subirà quattro scatti di tre mesi ogni due anni, fino al 2033».

Naturalmente si può andare in pensione anche prima: ma se un tempo non lontano bastavano 35 anni di contributi, oggi servono, per gli uomini, 42 anni e 10 mesi. E il raggiro per risparmiare sulle pensioni è presto svelato: l’età del primo impiego in Italia, dati Ocse, è 24 anni per gli uomini (26,2 per le donne). E pronti via, sommandoli ai 42 e 10 mesi di contributi, siamo già tornati a 67. Presto, poi, i 42 anni di versamenti li alzeranno ancora e l’età pensionabile diverrà allora un miraggio.

Ma perchè abbiamo fatto l’esempio degli uomini? Perchè hanno un’attesa di vita inferiore, a 81,1 anni. Riassumendo: ad oggi hanno versato contributi per 42 anni, a 50 si sono indebitati, a 67 – se va bene – vanno in pensione. E finalmente si godono il frutto del loro lavoro, ma per un terzo dei soldi versati: quattordici anni – ripetiamo, se va bene – di acciacchi e code all’Asl prima di morire. Date le premesse, ai nostri figli andrà anche peggio.

(Tratto dal Momento di Cronaca Vera)

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